I monti della Palestina detengono un proprio e specifico significato teologico, a seconda della loro collocazione a nord, al centro o al sud della Palestina.
Percorriamo in un primo paragrafo le catene montuose situate nella Giudea, a sud della Palestina, per poi passare a quelle della Galilea (nord), e infine a quelle della Samaria (centro).
Ebron
Dopo che l’angelo annuncia il concepimento di Maria per opera dello Spirito Santo, Maria s’incammina verso la montagna e raggiunse in fretta una città di Giuda: “In quei giorni Maria si mise in viaggio verso la montagna (ὀρεινήν) e raggiunse in fretta una città di Giuda” (Lc 1,39).
Il termine greco ὀρεινός indica non solo la zona montagnosa ma anche quella collinare.
La zona montuosa nella Giudea si colloca sul suo versante settentrionale e centrale, essendo costituita da due catene distinte; l’una, comprendente Efraim (Betel), situata nella parte nord-ovest della regione, mentre l’altra, che si estende nel territorio di Giuda, è situata, sempre a levante, nella parte centrale della Giudea.
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Data la vastità di estensione di queste due grandi catene montuose, riteniamo opportuno puntualizzare che i geografi dividono i monti della Giudea in tre regioni: i monti di Ebron, che partono dal nahal Beer Sheva, una quarantina di chilometri a sud di Ebron, e terminano poco prima di Betlemme; la sella di Gerusalemme, che approssimativamente si estende da Betlemme fino a parecchi chilometri a sud di Ramla; e i monti di Betel, che giungono fino al wadi Sereda.
Dalla descrizione che ci dà Luca, la montagna è situata nella regione di Giuda, la quale è molto probabilmente identificabile con quella dell’Ebron; conseguentemente la città in cui Maria si recò potrebbe essere stata proprio Ebron, perchè essa è una delle città centrali nella regione collinare meridionale di Giuda, poco più di 30 km a sud-ovest di Gerusalemme.
È situata su uno dei punti più alti (ca. 925m s.l.m.) della dorsale montuosa centrale ed è una delle più antiche città ininterrottamente abitate della Palestina.
Si trova in un’area con abbondanti riserve d’acqua costituite da pozzi e sorgenti ed è un centro regionale di coltivazione della vite e dell’olivo.
Quando Maria, entrando in casa di Zaccaria, saluta Elisabetta il bimbo, che Elisabetta portava nel grembo, fece sentire la sua voce piena di letizia: Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino le sussultò nel grembo.
Elisabetta fu piena di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: “Benedetta tu fra le donne, e benedetto il frutto del tuo grembo!
A che debbo che la madre del mio Signore venga a me? Ecco, appena la voce del tuo saluto è giunta ai miei orecchi, il bambino ha esultato di gioia nel mio grembo (Lc 1,41-44).
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Elisabetta stessa, avvertendo il sussulto di gioia emanato dal bimbo che portava nel suo grembo, si rese consapevole che Maria era la benedetta fra tutte le donne insieme a colui che Maria aveva nel grembo.
La città di Giuda viene ad essere dapprima, secondo Luca, il luogo in cui è stato concepito Giovanni Battista, il precursore di Gesù e dopo il luogo dove nacque il Battista e dove le venne posto il nome di Giovanni, per cui in tutta la catena montuosa della Giudea proliferavano le notizie della nascita, dell’imposizione del nome Giovanni al bambino, figlio di Elisabetta e di Zaccaria e del miracolo avvenuto su Zaccaria, il quale, quando scelse di dare il nome Giovanni al bambino, egli incominciò a parlare perchè prima era muto (1,59-66).
Un ulteriore indizio che comprova che la città di Giuda, luogo natale del Battista, sia collocata nei pressi del monte Ebron è il fatto che Maria rimase presso Elisabetta fino alla nascita e alla circoncisione di Giovanni il Battista, perchè dopo tornò a Nazareth in Galilea (Lc 1,26.56).
Usualmente, secondo la Legge del Signore, il bimbo veniva circonciso nel tempio di Gerusalemme per offrirlo al Signore.
Gerusalemme infatti non è molto distante né da Ebron e né da Betlemme, città in cui nacque Gesù, perchè entrambe sono ubicate nella regione di Giuda, per cui questo è un ennesimo indizio per supporre che la “città di Giuda” fosse proprio Ebron.
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Viene così resa credibile che la città di Giuda fosse proprio Ebron a motivo del fatto che anche dal punto di vista teologico Giovanni Battista, essendo il precursore di Gesù, non poteva nascere in una città distante da Betlemme, ma in una città vicina come quella di Ebron.
Infatti Ebron è collocata a sud di Betlemme, segno premonitore della inferiorità del Battista nei riguardi di Gesù: “viene uno che è più forte di me, al quale io non son degno di sciogliere neppure il legaccio dei sandali” (Lc 3,16).
Ermon
Un altro monte viene menzionato da Matteo in occasione della tentazione di Gesù da parte del diavolo, dopo che Satana depose Gesù sul pinnacolo del tempio :
Di nuovo il diavolo lo condusse con sé sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo con la loro gloria e gli disse: «Tutte queste cose io ti darò se, prostrandoti, mi adorerai».
Ma Gesù gli rispose: «Vattene, Satana! Sta scritto: «Adora il Signore Dio tuo e a lui solo rendi culto».
Allora il diavolo lo lasciò ed ecco gli angeli gli si accostarono e lo servivano (Mt 4,8-11).
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Il monte altissimo, su cui viene condotto Gesù, sarebbe da identificare con il monte Ermon, la cui vetta con tre picchi al limite meridionale della catena montuosa dell’Antilibano, è “alta 2814 m s.l.m.
E’ la cima più elevata di tutto il Vicino Oriente, svettando di 600 metri su ogni altra parte dei Monti del Libano e dominando sulla pianura di Basan e l’alta valle del Giordano.
Dalla cima di questo imponente monte si possono ammirare le bellezze naturali e archeologiche di tutto il vicino Oriente, per cui ciò è un indizio credibile per identificare la montagna su cui Gesù venne portato dal diavolo.
Un particolare merita di essere puntualizzato: il diavolo fa vedere a Gesù dalla cima di questo monte tutti i regni del mondo, e questi regni sono direttamente ammirabili dal Monte Ermon:
Per la sua posizione al centro del territorio siro-palestinese, l’occhio dell’osservatore che si trovi sulla più alta delle sue tre cime principali (2759 m sul livello del Mediterraneo) abbraccia un panorama estesissimo: da Tiro sino al Carmelo, i monti della Galilea e della Samaria, dal lago di Tiberiade sino al Mar Morto, le steppe della Transgiordania e la regione dei Drusi.
“I regni del mondo” è un’espressione volta a indicare la vastità dei possedimenti e dei tesori riposti nell’Oriente antico; tutto ciò non è visibile dal monte Tabor, la cui visuale è ristretta alla terra di Canaan, terra promessa che Mosé vede dall’alto del monte Tabor per volontà di Dio:
In compenso della dolorosa esclusione di Mosè dalla Terra Promessa, la Bibbia interpreta come un gesto amichevole di Dio il fatto che, prima della morte, abbia potuto contemplarla da lontano, dall’alto del Pisgāh, una delle cime del monte Nebo che fa parte della catena degli Abarim, estendentesi lungo la costa orientale del mar Morto.
Da tale altura la vista non raggiunge in realtà l’intera estensione geografica della Terra Promessa, fino a Dan e Neftali al nord e al Mediterraneo a ovest, come dice letteralmente Deut 34,1-3 (…).
Mosè morì su quell’altura, «nel paese di Moab», come malinconicamente osserva Deut 34,5.
Un ulteriore indizio rende credibile che il monte, sul quale Gesù viene portato dal diavolo, non è il Nebo perchè, secondo la testimonianza di Matteo, Gesù si ritira in Galilea (Mt 4,12).
Il fatto che Gesù torna in Galilea non inficia in nessun senso che il diavolo lo abbia condotto sul monte Hermon, anzi tale monte facilita la sua discesa verso Cafarnao in Galilea, mentre invece se Gesù fosse stato condotto sul Nebo avrebbe dovuto attraversare il Giordano e parte della Giudea per arrivare in Galilea, ma siccome non c’è alcuna testimonianza in proposito dagli evangelisti è preferibile optare verso la prima ipotesi.
Pertanto questo monte permette a Satana di mostrare a Gesù tutti i regni e le ricchezze che questi possedevano.
Da questo monte Gesù notava la enorme ricchezza e la vastità dei regni del vicino Oriente.
Tale panorama permise a Satana di invertire il culto a Dio, cercando di persuadere Gesù di rivolgere a lui il culto in cambio del possesso di questi regni.
La risposta di Gesù è negativa.
Egli rifiuta Satana e la sua proposta di sottomissione a lui, perchè a Dio solo viene tributato il vero culto e Lui solo è degno di adorazione. Egli rifiuta Satana non in forza del suo libero arbitrio, ma in forza dei comandamenti che Dio ha dato al suo popolo (Dt 6,13).
Con questa risposta Gesù si appoggia al comandamento del Padre per ridare valore al culto “sabbatico”, cioè al culto che Egli rivolge quotidianamente a Dio come gli ebrei in giorno di sabato, i quali adorano Dio e si prostrano a lui compiendo un servizio per Dio e non per il mondo.
In Gesù rifulge il concetto del timore di Dio in senso ascendente: il timore di Dio per l’uomo, cioè il suo prendersi cura dell’uomo e della sua iniziativa di aiutarlo si compie in Cristo perchè Cristo, nel suo diniego a Satana, ha mostrato all’uomo e a Satana il suo filiale e unico attaccamento al Padre.
La Torah, secondo Manini, riassume il contenuto di fondo del precetto del sabato, strettamente connesso alla virtù del timore di Dio; timore che Gesù adempie nella risposta a Satana: “Si tratta ancora di un’imitazione di Dio: come Dio ha santificato il settimo giorno, così chi osserva il comandamento”.
Il sabato rappresenta il culmine dell’attaccamento di Dio al suo popolo; conseguentemente chi osserva il precetto del sabato imita Dio, comportandosi come lui: il sabato è imitazione di Dio: il Signore libera il popolo e di sabato il padrone dà riposo a persone e animali; è un giorno in cui l’uguaglianza prevale sulle dimensioni sociali (…). Il sabato è memoria e imitazione dell’opera di Dio per la salvezza.
In poche parole la Torah, incluso il precetto del sabato, ci dà le fondamenta o le linee basi, a partire dalle quali è possibile vivere il timore di Dio, ovvero l’amore per Dio: Insieme, le due tavole ci insegnano cosa vuol dire il duplice comandamento dell’amore: ama Dio con tutte le tue forze e ama il prossimo tuo come te stesso.
Questa forma di timore di Dio Gesù la adempie nella risposta a Satana.
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Il monte degli Ulivi
Rimandiamo per la descrizione topografica di questo monte alla mia precedente monografia.
Gesù, arrivato nei pressi di questo monte, dette ordine a due discepoli di andare nel villaggio collocato di fronte a loro, perchè lì c’era un asino legato, l’unico che ancora non aveva portato alcuna persona su di sé, per condurlo a lui (Mc 11,1-6).
I discepoli fecero come Gesù aveva loro comandato e condussero l’asino da lui.
Il monte degli Ulivi è perciò il luogo in cui Gesù prepara il suo ingresso in Gerusalemme, perchè quando l’asino giunse da lui, da lì Gesù partì su questo per entrare in Gerusalemme.
A partire da tale quadro il monte degli Ulivi detiene un significato teologico, perchè diviene il luogo di preparazione per l’entrata di Gesù nel tunnel della sua passione.
Il monte dunque prepara la via che conduce Gesù all’ingresso nella città santa, dove tutti acclamano la sua messianicità, in vista della consumazione della sua pasqua.
Il monte degli Ulivi, sempre secondo i vangeli, è anche il luogo in cui Gesù inizia la sua passione: Giunsero intanto a un podere chiamato Getsemani, ed egli disse ai suoi discepoli: «Sedetevi qui, mentre io prego». Prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni (…) (Mc 14,32-42).
Alle pendici del monte degli Ulivi, nel Getsemani , Gesù inizia la sua passione perchè la sua anima è triste fino alla morte. Gesù predica la sua morte e, prima che giungesse a tale podere, predisse il rinnegamento di Pietro (Mc 14,30-31).
Il rinnegamento di Pietro, predetto da Gesù in prossimità del monte degli Ulivi (Mc 14,26), racchiude un senso simbolico-teologico: esso esprime il rinnegamento, da parte dell’umanità, della Verità incarnatasi in Cristo.
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Gesù, proprio nel Getsemani, “collocato ai piedi del monte degli Ulivi”, è colto dalla paura e dall’angoscia perchè percepisce prossima la sua morte; per tale motivo si getta per terra e inizia a pregare per non cadere in tentazione, invitando Pietro, Giacomo e Giovanni a vegliare insieme a lui.
Gesù conservò intatto il suo attaccamento al Padre anche al culmine della sua più profonda angoscia perchè sapeva di dover morire, restando sveglio e pregando il Padre, affinchè alcun demone s’impossessasse della sua anima.
In Gesù restò intatto il suo timore verso il Padre proprio e specialmente all’apice della sua più profonda angoscia.
Gesù si accorge della debolezza dei discepoli perchè non rimangono svegli ma si addormentano, per cui la loro anima è in preda alle passioni e, conseguentemente, fluttuante è il loro timore verso Gesù : Tornato indietro, li trovò addormentati e disse a Pietro: “Simone, dormi? Non sei riuscito a vegliare un’ora sola? Vegliate e pregate per non entrare in tentazione; lo spirito è pronto, ma la carne è debole.
Allontanatosi di nuovo, pregava dicendo le medesime parole.
Ritornato li trovò addormentati, perchè i loro occhi si erano appesantiti, e non sapevano che cosa rispondergli.
Venne la terza volta e disse loro: «Dormite ormai e riposatevi! Basta, è venuta l’ora: ecco, il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani dei peccatori.
Alzatevi, andiamo! Ecco, colui che mi tradisce è vicino” (Mc 14,37-42).
Gesù, alla base del monte degli Ulivi, sperimenta non solo la desolazione morale, perchè sente l’abbandono del Padre a livello interiore e anche fisico “cadono gocce di sangue” , ma anche psichica, dal momento che si rende conto che Giuda si avvicina a Gesù per arrestarlo e farlo sentire abbandonato da tutti. Infatti tutti fuggirono, abbandonatolo (Mc 14,43-52).
Per Gesù, quindi, a partire da tali vicende, il monte degli Ulivi fu il luogo di inizio non solo della sua passione morale, ma anche di quella fisica. I due episodi, quello dell’angoscia di Gesù nel Getsemani e quello dell’arresto di Gesù, ne sono la prova tangibile e ne comprovano gli effetti in modo evidente.
Inoltre il monte degli Ulivi diviene il luogo del superamento della passione di Gesù, perchè ivi Gesù tornò in cielo dal Padre (At 1,9-12). Luca attesta che l’ascensione avvenne sul monte degli Ulivi insieme agli apostoli.
Sulla base di tali avvenimenti, il monte degli Ulivi scandisce in tre tappe il suo soggiorno in Gerusalemme:
preparazione della passione (ingresso in Gerusalemme)
inizio della passione (angoscia e arresto nel Getsemani)
superamento della passione con l’ascensione.
Cinzia Randazzo
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