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Protezione dagli incendi boschivi

L’approccio al problema degli incendi boschivi ha subito notevoli cambiamenti nel tempo.Fondamentale è stata l’evoluzione concettuale di base della pianificazione antincendio, che, superando il criterio del “Fire control”, è approdata a quello del “Fire management”.

In questa ottica ha assunto notevole importanza la ricerca scientifica in campo meteorologico, selvicolturale e modellistico.

La lotta agli incendi boschivi diventa così materia interdisciplinare, essendo il fuoco interessato da una serie di fattori che costituiscono l’argomento di altrettante discipline.

La pianificazione va intesa quindi come un momento di coordinamento di interventi di varia natura, che portano all’elaborazione di un piano antincendio. Tale coordinamento è tanto più efficiente quanto più numerose sono le informazioni sul comportamento del fuoco in un determinato territorio.

Un incendio è un elemento di grave perturbazione dell’equilibrio ambientale, poiché colpisce i mosaici agro-forestali costituenti le unità elementari del territorio, nella totalità delle loro componenti.

Le foreste, i parchi, i boschi e le aree verdi periurbane, costituiscono un bene prezioso, non soltanto dal punto di vista paesaggistico, economico e ricreazionale, ma anche da quello protettivo. In particolare, il territorio italiano è ricco di zone scoscese, declivi, ambienti collinari e zone impervie che trovano stabilità ed equilibrio grazie all’azione regimante e contenitiva offerta dal soprassuolo boschivo.

I fattori che determinano l’importanza dei soprassuoli forestali nella protezione del territorio, sono gli stessi che li sottopongono ad un elevato rischio d’incendio. Questi possono essere racchiusi in due categorie: i fattori orografici e quelli climatici.

Clima ed orografia, su vasta scala come può essere il bacino del mediterraneo, mutano molto lentamente nel tempo, tanto da non essere percepibili nei secoli ma soltanto attraverso ere geologiche. Al contrario, vi sono altri fattori, il cui repentino cambiamento, ha determinato, negli ultimi trenta anni, un sensibile aumento della frequenza e dell’estensione degli incendi non solo in Italia ma in tutta l’Europa meridionale. Questi fattori sono essenzialmente di natura sociale e riguardano il rapporto dell’uomo con l’ambiente in cui vive.

L’uomo è stato sempre legato alla natura, dipendendo in larga misura da essa. Tuttavia, con lo sviluppo industriale, si è affievolito quel contatto diretto che resta vivo soltanto per alcune categorie di persone, quali quelle che operano nel campo dell’agricoltura e della selvicoltura, tra l’altro settori in continuo calo di adesioni. La presenza dell’uomo sul territorio se da un lato costituiva un elemento di disturbo dall’altro rappresentava una garanzia di gestione e d’intervento.

Lo spopolamento delle campagne, accompagnato dalla meccanizzazione agricola, ha portato all’abbandono di molte aree marginali che un tempo, invece, venivano sistematicamente coltivate. Queste aree, anche se lentamente, sono state selvaggiamente riconquistate dalla natura e sono divenute teatro di una migrazione di cenosi verso una comunità stabile, quella climax.

Per quanto riguarda, invece, le aree che ospitavano un bosco la situazione è molto diversa. Venendo a mancare le cure selvicolturali, tali superfici hanno subito un progressivo invecchiamento ed arricchimento di materiale combustibile, creando una situazione di elevato rischio d’incendio. Tale fenomeno ha contribuito all’aumento non solo della superficie boscata, che per certi aspetti costituisce un fattore positivo, ma anche degli incendi che negli ultimi anni vanno assumendo dimensioni a dir poco drammatiche, tanto da destare sempre maggiore preoccupazione.

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