Giugno si conferma un mese “caldo” per la Francia dal punto di vista politico-sociale. Non solo le tensioni scaturite dalla nuova legge sul lavoro, coincise anche con gli scontri tra tifosi violenti in alcune città in occasione di alcune partite di Euro 2016, ma anche gli autotrasportatori stranieri alzano la voce. Oggetto della protesta è il salario minimo imposto dalla legge Macron alle imprese straniere del settore, in vigore dal prossimo 1° luglio. Lo scopo dell’Esecutivo francese è quello di tutelare le aziende nazionali dall’attività di cabotaggio illegale dei camionisti provenienti dall’estero, in particolare dall’Europa dell’est.
Un provvedimento che proprio questi Paesi considerano discriminatorio e iniquo, con la Polonia ad essere stata la prima a sollevare la questione, anche in rappresentanza di altri Stati, rivolgendo un appello alle istituzioni dell’Ue. Ora sono direttamente i rappresentanti di categoria a protestare nei confronti del governo francese. Lo scorso 14 giugno, infatti, i sindacati dei camionisti appartenenti a questi Paesi si sono ritrovati a Bruxelles per chiedere alla Commissione Ue una presa di posizione chiara in merito alla questione.
Più precisamente, i sindacati ritengono che il salario minimo sia una misura nociva per la coesione economica e sociale all’interno dell’Ue, in quanto protezionistica e non coerente con la libera circolazione di merci e persone, al punto da chiedere formalmente una procedura d’infrazione contro la Francia. Tuttavia, non è la prima volta che uno Stato membro adotta un provvedimento simile. Ricordiamo come lo scorso anno la Germania fece la stessa cosa e che altri governi stanno seguendo lo stesso esempio.
Anche in questo caso l’intero autotrasporto di alcuni importanti Paesi dell’est Europa si era mobilitato contro la decisione di Berlino, minacciando di aumentare tariffe e costo dei servizi, mettendo in crisi una buona parte del mercato continentale.
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