Domani su Rai 1 il film sugli ultimi 57 giorni del magistrato con immagini d’epoca e ricostruzioni interpretate da attori
“Partecipo come voce narrante a un lavoro fatto con il cuore. Torno spesso a Via D’Amelio quando non c’è nessuno per pensare a ciò che ho perso”.
Antonio Vullo – unico agente di scorta sopravvissuto alla strage
Lo sguardo teso di Paolo Borsellino si sovrappone a quello studiato di Cesare Bocci che in un gioco a incastro presta il volto al magistrato ucciso. È un andare e venire di emozioni, di parole, di scene, autentiche e ricostruite, che hanno la forza della verità e la suggestione della fiction.
Per ricordare i venticinque anni dalla strage di via D’Amelio, proprio nel giorno dell’attentato, domani va in onda su Rai 1 Paolo Borsellino. Adesso tocca a me una docufiction co-prodotta da Rai Fiction e da Aurora Tv per la regia di Francesco Miccichè, con il racconto degli ultimi 57 giorni di Paolo Borsellino, dalla strage di Capaci e quella di Via D’Amelio. Due mesi di lavoro forsennato contro il tempo per tentare di portare a termine l’indagine ereditata dal suo amico Falcone.
Nuovo Linguaggio
Il prodotto, che sarà proiettato nelle scuole, porta avanti l’idea di un nuovo linguaggio che in tv avrà sempre più spazio per la capacità di connettere il Paese alle tematiche più urgenti, un ponte immediato tra il veramente accaduto e la fedeltà della ricostruzione, un gran lavoro di interviste, immagini di repertorio, documentazione attenta. Dice Tinny Andreatta, direttore di Rai Fiction: “il linguaggio è potente se è rigoroso il lavoro che sta dietro, soprattutto negli elementi di approfondimento. Abbiamo iniziato con Libero Grassi su RAI3 e ora si va avanti con un progetto su Mafia Capitale. E la formula si può allargare a personaggi del mondo della cultura popolare e dello spettacolo”.
A benedire la presentazione in RAI, anche il presidente del Senato Grasso che compare nel documentario ricordando il messaggio di Borsellino, testamento spirituale lanciato nella veglia a San Domenico nel trigesimo della morte di Falcone. Un’orazione funebre rivolta all’amico e a se stesso. Voce narrante e testimone commosso, l’unico agente della scorta a non essere stato ucciso dall’esplosione perché in quel momento stava spostando l’auto: “Non ho pregato, non ho cercato, non mi sono nascosto. E’ successo. Difficile conviverci. Spesso vado a Via D’Amelio, quando non c’è nessuno, per ripensare a quello che ho perso. Il lavoro è stato fatto con il cuore, foto e immagini di cronaca sono ben amalgamate con la fiction. E ha il merito di aprire le porte alle tante verità non dette. In 25 anni di processi e di condanna manca ancora qualcosa. Troppi depistaggi e ritardi, un monito per le nuove generazioni. E’dei giorni scorsi il processo di revisione alla Corte d’Appello di Catania. Buon segno. Dopo Capaci noi della scorta lo vedevamo distante, sempre più isolato”.
Anche Cesare Bocci si è mosso bene in questo confronto continuo personaggio- persona reale: “Mescolare i due piani è una strada vincente. Nel nostro caso la finzione è sempre appoggiata alla realtà, da lì prende una spinta emozionale. Il mio lavoro si è formato grazie ai tanti film che ho studiato. Mi sono fatto l’idea che la morte di Falcone fosse stata per lui uno spartiacque. Il primo era di un uomo allegro, positivo, incline agli scherzi. C’è l’immagine di lui in bicicletta, senza maglia che sorride e alza le dita in segno di vittoria. Un onore vedere la mia faccia associata alla sua. All’inizio ne ero intimorito, la serietà della documentazione mi ha rassicurato. Se anche gli assomigliassi un decimo nella sua moralità, sarei l’uomo più felice del mondo”.
E il confronto con quanti hanno interpretato Borsellino prima di lei?
“Film bellissimi. Ma questo è un lavoro diverso”.
Fonte: La Stampa
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