Le catastrofi naturali hanno sempre accompagnato l’uomo nel suo cammino, sin dalle origini della storia. Una battaglia costante e quasi sempre persa quella del genere umano contro le forze della natura che periodicamente si scatenano assumendo forme e caratteristiche diverse. I terremoti sono sempre stati tra i maggiori “spauracchi” dell’umanità in virtù del loro potere distruttivo e della forza devastante che sempre li accopagna. Difronte ai terremoti ci si senti impotenti, totalmente incapaci di frenare la forza devastante delle scosse sismiche che trascinano tutto dietro di sè, devastando strade, abbattendo palazzi, radendo al suolo intere città.
L’ultimo paese in ordine di tempo ad aver subito la forza devastante di un terremoto è il Giappone, un’area altamente sismica, dove, nonostante tutte le precauzioni prese e le norme di sicurezza adottate non si è potuto evitare la catastrofe. E difficilmente il terremoto del Giappone non si sarebbe rivelato una tragedia, visto che quello che ha colpito il paese asiatico è stato uno dei più potenti degli ultimi anni: ben 8.9-9.0 di magnitudo con epicentro nella città di Sendai, a 300 km di distanza dalla capitale Tokio, classificabile come il quinto terremoto più potente e devastante degli ultimi anni.
Si perchè se il Giappone è ora il ricordo più vivo in realtà di terremoti altrettanto violenti e distruttivi ce ne sono stati molti in questo secolo. Senza neanche andare troppo indietro con la memoria non si può non ricordare il terremoto forse più devastate del ‘900, quello del 1960 di Valdivia, in Cile, passato tristemente alla storia come il grande terremoto cileno e come il più intenso mai registrato al mondo. Come per il Giappone, anche in questa occasione il movimento tellurico provocò uno tsunami di potentissima intensità che si manifestò anche con onde alte circa 25 metri, capaci di raggiungere molte località dell’Oceano Pacifico, come ad esempio le Hawaii e l’arcipelago giapponese, provocando nel totale 3.000 vittime e 2 milioni di sfollati. Devastante fu anche il terremoto di Prince William Sound in Alaska, del 1964 di magnitudo 9.2 accompagnato da uno tsunami che raggiunse addirittura la costa della California.
E scorrendo gli anni se ne incontrano tanti di terremoti devastanti: quello di Sumatra, in Indonesia, del 2004 di magnitudo 9.1, che seminò morte e distruzione dalle coste africane al sud-est asiatico, quello di Kamcatka, in Russia, del 1952 di magnitudo 9.0, o quello dell’Ecuador del 1906, di magnitudo 8.8. E come non citare il terremoto della Costa di Maule, in Cile, del 2010 di magnitudo 8.8, quello di Sumatra, in Indonesia, del 2005 di magnitudo 8.7, verificatosi ad appena un anno di distanza dal violentissimo tsunami che aveva colpito le stesse zone, o ancora il terremoto delle Isole Rat, in Alaska, datato 1956 e quello di Assam e Tibet del 15 agosto 1950, che registrò la distruzione sia in Tibet che nel nord dell’India provocando più di 1.500 vittime.
Chiaramente la forza devastante di un terremoto non si misura solo dalla sua intensità o dal bilancio delle vittime e dei danni causati, ma anche da altri importanti fattori come ad esempio la densità dell’area colpita e le tecniche di costruzione utilizzate. Secondo questi “metri di giudizio”, il terremoto che ha causato il maggior numero di vittime è stato quello di Haiti del 2010, che ha causato la morte di più di 300 mila persone ed oltre un milione di sfollati.
E in Italia?
Le cose non vanno di certo meglio, visto che anche il nostro paese, zona altamente sismica, è stato teatro di numerosi terremoti particolarmente intensi. L’ultimo in ordine di tempo è stato il terremoto che ha colpito L’Aquila e la sua provincia lo scorso 2009 di magnitudo 6.3, sebbene quello di gravità maggiore è stato il terremoto di Messina e Reggio Calabria del 1908 che causò più di 120 mila morti.
Dati e numeri impressionanti che confermano come l’umanità sia costretta a subire i terremoti e come, nonostante tutte le precauzioni prese, ci si trovi di fronte ad una forza devastante e incontenibile.
Ufficio stampa
per Chimicionline
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