L’espressione “arte contemporanea” viene correntemente, anche se non in maniera etimologicamente pienamente giustificabile, utilizzata per indicare o denotare un tipo di arte differente dalle precedenti ed unica in sé stessa, possedente caratteristiche sue proprie e caratterizzantesi per la sua appartenenza ad un suo peculiare periodo storico determinato: in generale, l’arte contemporanea si riferisce ad un tipo di arte nata e diffusasi all’interno della contemporaneità rispetto a chi parla.
E’ dunque evidente come in realtà il termine contemporaneo non sia storicamente assoluto e caratterizzante, ma semplicemente “relativo”: infatti, per un uomo del Seicento l’arte contemporanea, propriamente, era l’arte a lui contemporanea, così come per un uomo dell’Ottocento l’arte contemporanea è l’arte del periodo a lui contemporanea.
Utilizzato come discriminante di un periodo storico, tuttavia, il periodo contemporaneo, in arte come nella storia del pensiero, come nelle lettere o nella storia, delimita un periodo successivo alla cosiddetta “età moderna”, altro termine sempre relativo.
Questo uso del termine “contemporaneo”, che come visto implica numerosi fraintendimenti, è in parte dovuto alla mancanza di una grande scuola di pensiero o un movimento artistico che sia così influente e comprensivo da denotare una determinata epoca.
L’arte contemporanea si caratterizza soprattutto come l’arte dell’individualità, per sua stessa essenza non riconducibile a movimento ben precisi: basta visitare una galleria d’arte contemporanea o una galleria d’arte moderna (il ragionamento si può dunque estendere anche al periodo precedente) per rendersene conto.
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