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Oss: operatore socio sanitario, nuova figura professionale

L’operatore socio-sanitario, sinteticamente OSS, è una figura professionale codificata dall’Accordo Stato-Regioni del 22 febbraio 2001 (“accordo tra il Ministero della Sanità, il Ministero per la solidarietà sociale e le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano”). Tale operatore sostituisce progressivamente le precedenti figure professionali che si occupavano di assistenza, sia nell’area sanitaria (OTA), che nell’area sociale (ASA, OSA, ADEST ecc.), integrando funzioni, compiti e competenze delle due aree, in un unico contesto professionale. L’OSS non afferisce alle professioni sanitarie e, avendo caratteristiche specifiche di ausiliarietà all’ambito assistenziale infermieristico, nello svolgimento della sua attività, non ha potere decisionale e si attiene alle indicazioni e prescrizioni dell’infermiere che ne è il responsabile diretto.
Il suo compito è quello di svolgere attività che aiutino le persone a soddisfare i propri bisogni fondamentali, finalizzate al recupero, al mantenimento e allo sviluppo del livello di benessere, promuovendone l’autonomia e l’autodeterminazione.
Il titolo di operatore socio-sanitario viene conseguito in seguito alla frequentazione di un corso di qualifica teorico-pratico (a seconda delle regioni può essere post diploma, o post scuola dell’obbligo, anche se la Conferenza Stato Regioni indica come necessario ed imprescindibile il solo requisito della scuola dell’obbligo) della durata di almeno 1000 ore. Il corso può essere avviato solo in presenza di autorizzazioni degli enti preposti identificati a livello regionale.
Molte sono le strutture che utilizzano questa figura professionale: rsa, strutture per anziani, ospedali pubblici e privati, e le stesse famiglie che spesso richiedono il loro intervento nell’assistenza dei loro cari, sia direttamente, sia appoggiandosi ad agenzie che ne curano la professionalità, le referenze, e spesso anche gli aspetti burocratici ed amministrativi legati alla gestione delle assunzioni e delle buste paga.

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Consigli per proteggersi dal grande caldo

Possiamo di seguito elecare alcune risposte fornite dal Ministero della Salute alle più frequenti domande sull’emergenza caldo.

– Quando il caldo comporta un rischio per la salute?
Il caldo comporta un rischio per la salute quando si registrano temperature elevate, al di sopra dei valori usuali, per almeno 3 giorni consecutivi, in alcuni casi associate a tassi elevati di umidità

– Quali sono le ore della giornata in cui è opportuno ridurre l’esposizione all’aria aperta durante le ondate di calore?
Durante le giornate in cui viene previsto un rischio elevato per le successive 24-48 ore (livelli 2 e 3 del bollettino), deve essere ridotta l’esposizione all’aria aperta nella fascia oraria compresa tra le 12 e le 18.
In particolare, è sconsigliato l’accesso ai parchi ed alle aree verdi ai bambini molti piccoli, agli anziani, alle persone non autosufficienti o alle persone convalescenti. Inoltre, deve essere evitata l’attività fisica intensa all’aria aperta durante gli orari più caldi della giornata

– Quali precauzioni si devono adottare quando si esce di casa in una giornata molto calda?
Ripararsi la testa con un cappello leggero a falde larghe; in auto usare tendine parasole. Indossare indumenti chiari, non aderenti, di cotone o lino, in quanto le fibre sintetiche impediscono la traspirazione. Chi soffre di diabete deve esporsi al sole con cautela, onde evitare ustioni serie, a causa della minore sensibilità al dolore

– Che cosa conviene mangiare in estate?
In generale è meglio consumare pasti leggeri, preferire la pasta e il pesce alla carne, evitando i cibi elaborati e piccanti; consumare molta frutta e verdura. Qualche gelato è concesso, ma si consigliano quelli al gusto di frutta, meno calorici. Evitare i pasti abbondanti, preferendo quattro, cinque piccoli pasti durante la giornata

– Quanto e cosa è consigliabile bere in estate?
E’ importante bere, anche in assenza dello stimolo della sete. Si consiglia di bere almeno due litri al giorno, salvo diverso parere del medico, di moderare l’assunzione di bevande gassate e zuccherate, ricche di calorie, di evitare gli alcolici e di limitare l’assunzione di bevande che contengono caffeina. E’ meglio evitare gli alcolici perché aumentano la sensazione di calore e la sudorazione, contribuendo così ad aggravare la disidratazione

– Come posso rendere la casa meno calda?
* Schermare finestre e vetrate esposte a sud-sud ovest con tende e/o oscuranti esterni regolabili (persiane, veneziane) per non far entrare il sole
* Chiudere le finestre nelle ore più calde della giornata per evitare il riscaldamento delle stanze
* Lasciare le finestre aperte durante la notte e nelle prime ore del mattino, così da permettere il necessario ricambio d’aria
* Limitare l’uso del forno e di altri elettrodomestici che producono calore (fornelli, ferro da stiro, fon, ecc.) che tendono a riscaldare la casa.
* Utilizzare un climatizzatore per rinfrescare l’ambiente regolando il termostato in modo tale che la temperatura ambiente sia pari a 25-27° C. Nelle aree caratterizzate principalmente da un elevato tasso di umidità, senza valori particolarmente elevati di temperatura, può essere sufficiente l’uso del deumidificatore in alternativa al condizionatore.
* Se si usano ventilatori non indirizzarli direttamente sulle persone, ma regolarli in modo da far circolare l’aria in tutto l’ambiente. Se la temperatura dell’ambiente è superiore a 32° C i ventilatori sono più dannosi che utili. (vedi anche domanda n 13).
* Evitare di passare all’improvviso dal caldo al freddo e viceversa
* Fare bagni o docce con acqua fresca per abbassare la temperatura corporea, evitando però i bruschi sbalzi di temperatura che possono provocare ipotermia soprattutto in bambini e anziani
* Assicurarsi che le persone malate e/o costrette a letto, non siano troppo coperte

http://santarosaassistenza.com/dove_siamo/lombardia/agenzia-4-di-milano-zona-barona/

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Alzheimer: cos’è e come aiutare i nostri cari

La demenza è una sindrome degenerativa caratterizzata dalla perdita progressiva delle funzioni cognitive (memoria, attenzione, ragionamento, linguaggio, pianificazione, ecc…) accompagnata dalla comparsa di sintomi non cognitivi che interessano la personalità, l’affettività e il comportamento in generale (vedere tabella sotto per un quadro sintomatologico della demenza). Si tratta di una malattia a carattere progressivo e globale (con un andamento variabile da persona a persona), destinata a compromettere un numero sempre maggiore di funzioni cognitive e a coinvolgere anche lo stato funzionale del malato (cioè tutte quelle abilità che sono indispensabili per la vita quotidiana).
La demenza è una condizione che interessa dall’1% al 5% della popolazione oltre i 65 anni, con una prevalenza che raddoppia ogni quattro anni giungendo ad una percentuale di circa il 30% all’età di 85 anni (fonte Centro Nazionale di Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione della Salute – CNESPS, dell’Istituto Superiore di Sanità).
Allo stato delle attuali conoscenze, la medicina non dispone di un trattamento che sia in grado di impedire il progredire della malattia e riportare il malato alla normalità. Esistono soltanto farmaci “sintomatici” che possono in parte migliorare la situazione esistente e rallentare la progressione della malattia. Tuttavia, è importante sottolineare che:
– questi farmaci sono da utilizzare nella prima fase della malattia, lieve e moderata (non nelle fasi avanzate);
– non funzionano in tutti i casi (ci sono malati che rispondono bene al trattamento, i “responders”, e altri che invece non hanno alcun beneficio, i “non-responders”) e non si sa in anticipo quali siano;
– possono avere effetti collaterali anche gravi (quindi la somministrazione di questi farmaci necessita della supervisione di un medico specialista).

I famigliari possono appoggiarsi a strutture specializzate e aiutare i loro cari con personale preparato in grado di accompagnare la persona durante tutta la giornata.

http://santarosaassistenza.com/dove_siamo/lombardia/agenzia-4-di-milano-zona-barona/

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