In questa stagione elettorale, insieme ad un notevole degrado, non solo lessicale, ma anche di contenuti programmatici da parte di vari contendenti, si prospettano all’attenzione dei cittadini ricette di ogni sorta per il “buon governo” economico post elezioni, mentre poche appaiono le ricette a difesa dei diritti. Infatti, se non con qualche rara ma pur autorevole eccezione, ciò che viene proposto come risolutivo e addirittura ottimo, è quasi sempre un complesso di misure economiche dirette a risolvere quei gravissimi problemi che le più o meno analogie o similari ricette hanno malauguratamente creato. Le agende politiche, neppure vagamente, sembrano occuparsi invece di due fenomeni di ben diversa portata, ma che tuttavia concernono entrambi il diritto e le sue conseguenze sul benessere sociale. Il primo è rappresentato dalla recente “sentenza pilota” dell’8 gennaio della Corte europea dei diritti dell’uomo (Torreggiani e altri c. Italia), in cui l’Italia viene condannata all’unanimità dalla Corte per ripetuta violazione dell’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti umani (che proibisce la tortura e il trattamento inumano e degradante ), a causa del sovraffollamento delle carceri cha ha portato ad un trattamento inumano e degradante, nel caso specifico nelle carceri di Busto Arsizio e Piacenza. La difesa dello Stato italiano è risultata generica e del tutto imprecisa, sicché la Corte ha condannato il governo italiano ad affrontare e risolvere entro un anno, con una serie di effettivi provvedimenti interni, il problema del sovraffollamento delle carceri in Italia. La Corte ha notato poi, sempre in relazione all’articolo 3 della Convenzione, altri aspetti della condizione di detenzione che dovevano essere presi in considerazione. Tra questi la mancanza di areazione e di luminosità, la scadente qualità di riscaldamento e il mancato rispetto di esigenze igieniche sanitarie di base, oltre ad una totale mancanza di intimità nelle celle.