Il 14 giugno 2010 si è tenuto il convegno “L’Economia del cinema italiano” organizzato dal Master in Economia e Gestione della Comunicazione e dei Media, dalla Facoltà di Economia di Tor Vergata e dal Dipartimento dei Beni Culturali, Musica e Spettacolo della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Roma Tor
Vergata, in collaborazione con Anica e Roma Lazio Film Commission, e diretto da Simonetta Pattuglia (docente di comunicazione e coordinatore del Master) e da Giovanni Spagnoletti (docente del Corso di Laurea in Storia Scienza e tecnica della musica e dello spettacolo). Ha introdotto i lavori Rino Caputo, preside della Facoltà di Lettere e Filosofia, che ha illustrato le modalità di sinergia tra le due facoltà dell’Ateneo mettendo in evidenza la volontà di “formare professionisti dello spettacolo capaci in vari settori e l’importanza della convergenza tra universi scientifico disciplinari contigui”.
L’introduzione alla prima tavola rotonda, “Il cinema Arthouse oggi in Italia”, moderata da Enrico Magrelli, è stata affidata al prof. Spagnoletti, che ha fotografato la situazione del cinema di qualità, ponendo l’attenzione sui tagli alla cultura previsti dalla nuova finanziaria e sull’importanza del ruolo delle Film Commission “come strumenti utili per promuovere i luoghi meno conosciuti della nostra cultura”. “Occorre più economia per il nostro cinema che ha tutte le qualità per avere successo in campo internazionale” – ha affermato Michele Bagella, preside della Facoltà di Economia. “Ma per questo – ha continuato – è necessaria più concorrenza nella distribuzione e più attenzione da parte dello Stato per il cinema, che occupa un ruolo fondamentale per la cultura dell’Italia”. Gli ha fatto eco Lamberto Mancini, segretario generale dell’Anica, che ha sottolineato “la necessità di una visione più sistemica che possa elevare i contenuti di questo settore”. Ad animare la discussione è stata la relazione di Barbara Corsi, giornalista che ha svolto una ricerca sul ruolo trainante delle sale di qualità, che ha lamentato uno scarso sforzo nello svolgimento di un “marketing emozionale” teso a richiamare il pubblico sui prodotti più difficili. Altre voci hanno sottolineato “la mancanza di una legge di sistema aggiornata alla nuove tecnologie” e le difficoltà per i produttori ad accreditarsi come imprenditori del denaro pubblico. Tra queste Francesca Cima, produttrice – INDIGO Film. Inoltre Mario Sesti, giornalista e organizzatore del Festival Roma – Sezione Extra, Andrea Occhipinti, produttore e distributore – Lucky Red, Mario Gianani, produttore – Offside: “La nuova conduzione del cinema italiano necessita di un sostegno per l’impresa e non solo per il singolo Film”, ha sottolineato Gianani, polemizzando contro le trattative poco chiare tra distributori e canali televisivi e contro quanti affermano che i film italiani siano troppo cari. Su questo tema, anche l’intervento di Andrea Occhipinti, che ha inoltre posto l’attenzione sul ruolo delle Sale di qualità sulla necessità di far entrare il cinema arthouse nei circuiti dei multiplex. Molto successo ha riscosso l’intervento di Daniele Vicari: “urge differenziare l’offerta e potenziare la sperimentazione che non deve per forza essere legata al basso costo, ma che deve invece essere legata all’investimento”. E, confrontando la produzione cinematografica con quella automobilistica, ha aggiunto: “ vi pare che Marchionne farebbe testare i nuovi veicoli nel garage di casa mia!”. In conclusione Mario Sesti ha posto l’attenzione sulla mancanza del cinema italiano nei palinsesti televisivi e in particolare nella televisione di stato. Sesti ha poi citato l’esempio dell’Auditorium di Roma come possibile sistema innovativo per promuovere il cinema autoriale sulla falsa riga del cineforum.
L’introduzione alla seconda tavola rotonda, “Arte e prodotti dell’ingegno: quale rapporto con la produzione e il marketing”, moderata da Luigi Paganetto, presidente del Master in Economia e Gestione della Comunicazione e dei Media, è stata affidata a Riccardo Tozzi, presidente produttori Anica, che ha analizzato la storia degli anni d’oro del Cinema italiano sottolineando come la mancanza di una reale competizione tra i nuovi attori della comunicazione e del monopolio che regola il settore della comunicazione in Italia determini un abbassamento del prezzo unitario del consumo del film: “I canali distributivi canonici, televisione e pay-tv, si stanno rivelando un mercato senza sbocco – ha affermato Tozzi. “La ricetta che potrebbe creare una “terza via italiana” diversa rispetto a quella francese, che gode di un sostegno statale intelligente e finalizzato e da quella statunitense, che si basa su una concorrenza molto forte tra le varie parti, capace di generare una richiesta, risiede, secondo Tozzi, nel rinnovo del tax credit, nella protezione del FUS, fondo unico per lo spettacolo, la regolazione dei diritti tv, l’aumento del circuito delle sale, la difesa e la riqualificazione delle sale di qualità, il prelievo dal prezzo del biglietto di una quota da destinare ad interventi compensativi in grado di rilanciare l’economia e l’attenzione alle nuove opportunità offerte dalla Rete. Ha concluso Paganetto: “Quando si parla di innovazione è difficile trovare qualcuno che non sia d’accordo, ma è difficile capire cosa sia l’innovazione, bisognerebbe partire dalla domanda, dal ruolo della Rete nella produzione”.
Inoltre è intervenuto Gino Zagari, direttore generale Anem, il quale ha parlato dei risultati ottenuti grazie al circuito di sale cinematografiche, inaugurate soprattutto nelle piccole province, che hanno generato il cambiamento dello spettatore, che si è trasformato da consumatore a “cercatore di emozioni”. Ha concluso Zagari: “Bisognerebbe far sì che le sale tornassero punti di aggregrazione fino a diventare le agorà moderne, cioè nuovi centri di aggregazione extraurbana”. Gli ha fatto eco Luca Lo Bianco, presidente Roma Lazio Film Commission che, dopo aver zoomato sugli investimenti fatti dalla Film Commission per l’apertura di sale multifunzionali sul territorio, ha concluso il suo intervento lamentando: “si tolgono i fondi alla cultura perché è facile farla passare come un accessorio. Ma se non si punta, anche economicamente, sulla cultura e sull’innovazione – e quindi anche sul cinema e sulle nuove tecnologie – il nostro è un paese senza linfa vitale”.
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