Con il termine arte contemporanea, per convenzione, si intende l’arte proprio del tempo o periodo storico che per l’appunto è contemporaneo a colui che parla o scrive.
Nella storia dell’arte, tuttavia, l’utilizzo del termine si discosta da questa convenzione, perché altrimenti chiunque potrebbe riferirsi all’arte a lui contemporanea ma in realtà intendere indicare fenomeno artistici tra loro estremamente differenziati, come può essere l’arte classica, quella gotica, quella bizantina, moderna, e via dicendo: il fatto è che chiunque è legittimato dal linguaggio a chiamare l’arte del suo tempo contemporanea.
Tuttavia ciò genera una confusione non indifferente e la storia dell’arte è corsa ai ripari, da questo punto di vista, definendo l’arte contemporanea come quel tipo di orientamente artistico che viene dopo l’arte moderna, e che comincia circa agli albori del novecento.
Tra una galleria d’arte moderna e una galleria d’arte contemporanea scorre una differenza netta, e per accorgersene è sufficiente entrare in una delle due: se nella prima ci sono opere divise per autori i quali a loro volta sono divisi nei cosiddetti movimenti artistici come espressionismo, romanticismo, astrattismo eccetera, nella secondo sarà pressoché impossibile ritrovare una tale divisione: l’arte contemporanea è tale anche perchè non ha veri e propri movimenti artistici organicamente strutturati.
Proprio il fatto che la definizione dell’arte contemporanea sia così ambigua sta a dirci che non è semplice rintracciare, in essa, linee guida decise e definitive che ci consentano di inquadrarla in un contesto ben preciso.
L’arte contemporanea è sfuggente nella sua stessa definizione, gioca con i paradossi sin dal principio, dalla sua iniziale formulazione linguistica: non stupisca che le opere che ad essa vengono poi ricondotte presentino questi stessi caratteri ma in maniera decisamente più radicale
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