Negli ultimi anni molte specialità tipicamente artigianali hanno lasciato spazio a produzioni industriali, per buona parte derivanti da processi tecnologici esasperati, che poco concedono ai sapori originali della materia prima, offrendo al contrario gusti quasi “appiattiti”, qualcuno senza nemmeno esagerare più di tanto li ha definiti “plastificati”. In un ottica decisamente diversa invece si muove la produzione artigianale: quella della difesa del gusto originale, dei sapori di un tempo, peraltro non molto lontano.
E’ ovvio che, in questo processo non massivo, i prodotti alimentari artigianali non sempre sono costanti (la qualità del latte per un formaggio varia da una stagione all’altra, il sapore delle carni per un salume dipende dall’alimentazione del capo di bestiame utilizzato), ma sicuramente sono sempre ricchi di caratteri distintivi oltre che decisamente più salubri e naturali. Normale che si tratta per lo più di prodotti di nicchia, per i quali occorre un lungo processo di educazione alimentare, sì da farne esaltare le loro intrinseche caratteristiche per convincere ad un eventuale acquisto il pubblico degli estimatori del gusto e del palato.
A buon titolo tra queste produzioni un po’ dimenticate si può annoverare la patata silana rossa, acquistabile su portali di prodotti tipici calabresi che la propongono sulle loro vetrine virtuali.
Ma cosa sono le patate rosse e cosa hanno di veramente particolare rispetto alle normali patate acquistabili ordinariamente nei mercati??
La storia è presto detta. Intorno agli anni 20 del secolo scorso (…ahinoi, ma è ormai il caso di dire “il secolo scorso”) questa patata dalla buccia rossa veniva coltivata stabilmente in Calabria ed in Sila in particolare, dove si trovava benissimo grazie alla tipologia dei terreni e spesso con discreto contenuto di sostanza organica. Le più buone nascevano (e nascono) vicino a boschi di castagno e di faggio.
Nell’altipiano silano (qualcuno autorevolmente ha scritto “un pezzo di Svizzera casualmente caduto di mano al Creatore quando ideò la nostra penisola” ) già la pataticoltura in genere è una base di reddito essenziale per le popolazioni, visto che il prodotto è rinomato e ricercato per le sue caratteristiche, il suo sapore e le sue connotazioni organolettiche: la particolarità delle patate silane deriva certamente dal fatto che nasce ad oltre 1000 metri di altezza, caratterizzandosi, dunque, come l’unico prodotto di alta montagna del centro Mediterraneo. Ha la caratteristica di possedere una percentuale di amido decisamente superiore alla media, rendendola così più saporita e nutriente di quella che ordinariamente si riesce a trovare in commercio.
Però la nostra patata rossa aveva (ed ha) un grosso difetto: una scarsa resa e quindi nel secondo dopoguerra venne pian piano soppiantata da altre varietà più produttive (e redditizie). All’inizio del nuovo millennio, qualche produttore più lungimirante nella visone dei mercati futuri, che andava sempre più verso le produzioni “scontate ed appiattite nel gusto e nel sapore”, ha ben pensato di ripiantarla di nuovo: e quale miglior terreno e miglior ambiente si poteva utilizzare se non quello silano, già di suo naturalmente “vocato” e predisposto alla pataticoltura in generale, e quelle da seme in particolare??
I risultati non si sono fatti attendere; anche se le quantità sono relativamente scarse, la qualità è altissima. Sono stati fatti addirittura dei panel di degustazione dove la nostra rossa ha stravinto a man bassa grazie alla consistenza della polpa ed all’alto contenuto di sostanza secca. In altre parole, la rossa è soda e compatta dopo la cottura, sia che si tratti di bollitura o stufatura, sia di frittura. Quindi è adattissima sia per fare gnocchi e tortelli che per una croccante patatina fritta.
Si presenta infatti burbanzosa e tondeggiante, con quella sua bella buccia rosseggiante che nasconde sempre e comunque una corposa e soda polpa bianco/giallo. Poi è bella tonda e difficilmente prende quelle forme bozzoidali e segaligne tipiche delle patate che compriamo al supermercato.
Ma è comunque a tavola che ci si inchina di fronte a questa patata. Sorprende in tutti gli usi, ma sembra dare il meglio di se stessa nella preparazione in casa degli gnocchi. Il problema di alcune patate, infatti, è quello di avere troppa acqua nella loro consistenza; di conseguenza quando si impastano non legano uniformemente con la farina, ma creano i cosiddetti “grumi”, sicchè la preparazione diviene un po’ più dura. Questa patata, invece, ha poca acqua sia per il fatto che viene coltivata ad un’altezza di 1000 m e più (patata di alta montagna), sia per la particolarità dello specifico tubero; quando la si impasta con la farina si lega perfettamente con essa senza formare grumi. Avrete così una consistenza di farina e patata in ugual misura, così da aver il vero gnocco di patate. Considerazioni analoghe possono farsi nelle preparazioni di gateau, purè, ed altri sfornati.
E che dire se poi la si sperimenta come patata fritta?? Ammesso sempre che riusciate a mangiarla prima dei vostri figli.
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