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I tarocchi illudono oppure realmente prevedono?

Se si parte dal presupposto che la vita sia incomprensibile, ogni disciplina o attività che si occupi di spiegarla può essere valutata al contempo come legittima o insensata. Il metodo scientifico poggia la sua credibilità sulla prova, ossia sull’individuazione di elementi che dimostrano con evidenza la validità di una tesi. E’ indubbio che tale atteggiamento rappresenti l’approccio più giusto ad un quesito, ma non occorre però nemmeno trascurare il fatto che, incontrando dei limiti invalicabili nella conoscenza di qualcosa, esso si arresti al dubbio indimostrabile. L’insufficienza che nella sua indagine conoscitiva spesso la ragione mostra, induce coloro che hanno l’urgenza di capire un evento ad interrogare l’atrologia o la cartomanzia. E chiunque viva una tensione incotrollabile è portato in alcune circostanze e indipendentemente dalla sua preparazione culturale ad individuare il significato di un accadimento attraverso possibilità laterali che spesso vengono considerate poco attendibili. E’ del tutto evidente che se si prova a contattare un cartomante, a prescindere dalla affidabilità che si vuole attribuire ad un suo responso, si deve assolutamente tener conto del fatto che egli sia una persona di spiccata onestà intellettuale. Nel caso specifico si intende per condotta trasparente quella di chi, dimostrando una sensibile intuizione nella lettura dei tarocchi, dichiari la sua visione delle cose in tempi relativamente rapidi. Occorre cioè sempre diffidare di quei cartomanti sensitivi che tendono a prolungare, per ragioni equivoche, i loro consulti. Che un operatore dell’esoterico sia dotato oppure no di una sensibilità particolare nel decifrare eventi, deve in ogni caso dimostrare correttamente velocità nell’offrire una risposta. Aldilà dei suggerimenti del caso si può essere tutti concordi nel sostenere che ognuno è libero di considerare valida una disciplina purchè tale scelta non entri in collisione con la sfera privata degli altri e soprattutto con la propria. Laddove cioè una decisione non provochi danni a sè e agli altri, nessuno è nel diritto di stigmatizzarla o addirirttura ridicolizzarla. Soprattutto quando chi propone questo atteggiamento non è in grado di indicare un’alternativa plausibile nella ricerca di una verità.

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