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Il gioco della mantide di Mauro Saracino

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  • 15 Febbraio 2012

Il gioco della mantide, un thriller ambientato in Italia, che si discosta così dalla consueta scenografia statunitense, per regalarci un quadro nostrano e sconosciuto della mentalità criminale.

Alla luce dei reality che impazzano in televisione, lo scrittore ci mostra a cosa può arrivare il gioco ambiguo di videocamere e microfoni nella vita di un uomo. E Daniele Sennis scoprirà presto quale verità si cela dietro la nobildonna che vuole sposare.

L’autore

Mauro Saracino è nato a Roma nel 1979 e ha cominciato a interessarsi della scrittura fin dal liceo. Prima del romanzo Il gioco della mantide, Saracino ha pubblicato il romanzo horror La Casa del Demone, con Asengard Edizioni.

È presente un suo racconto, L’ultima verità, nell’antologia 365 storie cattive, curata da Paolo Franchini, i cui proventi sono devoluti all’A.I.S.EA Onlus, associazione di famiglie italiane con figli colpiti da Emiplegia Alternante.

Sinossi del libro

Un thriller di ambientazione tutta italiana… Daniele Sennis, ex tossicodipendente ed ex modello, è convinto di aver risolto tutti i suoi problemi quando intraprende una relazione con Elisabetta Rumeo: una ricca donna della nobiltà romana. Il loro matrimonio è alle porte, quando lei gli propone un accordo per guadagnarsi la sua fiducia prima che la loro unione diventi definitiva: Sennis deve vivere un giorno intero monitorato da videocamera e microfoni, in modo che lei possa sentire e vedere tutto ciò che fa. L’unica alternativa è rinunciare al matrimonio. Convinto di nascondere i suoi intrighi e mantenere la sua posizione privilegiata, Sennis accetta l’offerta. Ci vorranno pochi minuti nell’ufficio dove Elisabetta gli ha concesso di lavorare per capire che il gioco è molto più complesso di quanto avesse immaginato. La gelosia è infatti solo la punta dell’iceberg e, prima che Sennis riesca a comprendere la realtà dietro la maschera, si troverà a combattere per la propria vita. Stordito, ferito e tormentato dai sensi di colpa sarà costretto ad assistere all’epilogo del macabro spettacolo che lui stesso ha contribuito a mettere in scena.

Incipit del romanzo

Daniele Sennis aprì gli occhi, solo per scoprire di essere ancora cieco. Li sentiva lacrimare copiosamente, così come sentiva il bruciore delle pupille, ma quanto a vedere… non c’era niente da fare. Mosse il braccio destro, alla ricerca della sua arma, ottenendo il risultato di risvegliare un altro centro di dolore, rappresentato dal fianco sinistro. Il foro causato dal proiettile dell’uomo che aveva cercato di ucciderlo (pochi minuti prima?

Era difficile stabilirlo) si trovava poco sotto le costole. Ora che si era risvegliato, anche la sofferenza era tornata.

Sennis strinse i denti per il dolore e cercò di non lasciarsi scappare neanche un gemito. Non voleva che l’uomo lo sentisse,non prima che lui provasse di nuovo nella mano il gradevole contatto con la pistola. Accolse il dolore, concentrandosi su di esso, lasciando che la sua mente si abituasse al suo pulsare. Non funzionò, alcuni secondi dopo avrebbe desiderato scavare con le unghie nella ferita, pur di strappare via quella sofferenza infernale. Non ricordava se a sinistra ci fosse la milza o il fegato e a dire il vero non contava: non ricordava comunque quale dei due fosse un organo superfluo. O forse era il pancreas? Non era mai stato un genio negli studi. L’ultima volta che si era avvicinato a un libro risaliva a quindici anni prima, ai tempi in cui frequentava il primo anno di ragioneria. L’anno dopo aveva chiuso con gli studi: in ogni caso non credeva che gli avrebbero mai spiegato come intervenire nel caso di uno scontro a fuoco con un cecchino.

Cercò di nuovo l’arma e tutto ciò che trovò fu un vecchio straccio. Pensò per un istante di appoggiarlo sul fianco per fermare l’emorragia, quindi ci ripensò. Non credeva che mettere un concentrato di batteri simile su una ferita da arma da fuoco fosse una buona idea. E poi, per quanto la maglietta fosse intrisa di sangue, gli sembrava che avesse smesso di sanguinare, anche se, senza l’uso della vista, era impossibile essere certi di alcunché.

E anche se ti prendessi un’infezione e la ferita andasse in cancrena cosa pensi che cambi allo stato attuale delle cose?

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