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Partendo dal significato della gloria, intesa come fama e onore universali, attribuite a persone che hanno ottenuto una grande rinomanza per contraddistinguersi in azioni insigni, vediamo in questo contributo di delinearne i tratti essenziali in relazione alla gloria di Cristo e dei credenti in lui nel vangelo di Giovanni.
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La rivelazione della gloria di Cristo
I miracoli
Secondo la testimonianza di Giovanni in 2,11 i miracoli, che Gesù iniziava a compiere a Cana di Galilea, erano segni che manifestavano la sua gloria: “Così Gesù diede inizio ai suoi miracoli (σημείων) in Cana di Galilea, manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui” (Gv 2,11).
I miracoli testimoniano l’eccelsa figura del Salvatore e la sua indiscutibile signoria e supremazia sulle forze del male e della natura. La sua impareggiabile potenza su tali forze, manifestata nei miracoli, produce nei discepoli la fede in lui.
I discepoli credono in lui, nella sua reale incarnazione in forza della sua potenza che scaccia ogni tipo di male.
La fede quindi è conseguente al miracolo, perchè grazie al miracolo essi si rendono consapevoli e certi della sua potenza, in quanto tutte le cose obbediscono a lui e a lui solo si sottomettono.
La gloria quindi si estrinseca nella incarnazione del Verbo perchè, in forza della sua umanità, egli può rendere visibile a tutti la sua suprema potenza su tutte le cose.
Egli così attua la gloria mediante i miracoli che divengono segno concreto e tangibile del compimento terreno della sua gloria, che dapprima era eterna nel seno del Padre (Gv 17,5).
Mentre nel caso dei discepoli, la loro fede è posta come conseguenza della manifestazione della gloria di Gesù nel miracolo, nel caso della sorella di Lazzaro, la fede viene ad esserne la causa del miracolo, perchè in essa ella vede la gloria del Verbo fattosi carne:
Le disse Gesù: “Non ti ho detto che, se credi, vedrai la gloria di Dio?” Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: “Padre, ti ringrazio che mi hai ascoltato.
Io sapevo che sempre mi dai ascolto, ma l’ho detto per la gente che mi sta attorno, perchè credano che tu mi hai mandato. E detto questo, gridò a gran voce: “Lazzaro, vieni fuori”!.
Il morto uscì, con i piedi e le mani avvolte in bende, e il volto coperto da un sudario (Gv 11,40-44).
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La sorella di Lazzaro Marta vede il miracolo in forza della sua fede ma, sempre a proposito di questo episodio, la fede ritorna ad avere il ruolo secondario perchè, a detta di Gesù, proveniente dal miracolo (Gv 11,42).
La gente crede, in quanto si sviluppa in lei la fede al momento in cui Gesù compie il miracolo della risurrezione di Lazzaro.
La fede viene ad avere un duplice ruolo in relazione al miracolo di Lazzaro:
diviene causa del miracolo per la sorella di Lazzaro e consegue al miracolo sia per la gente che per i discepoli.
Queste ambedue facce della fede – la prima antecedente e l’altra conseguente al miracolo – attestano la gloria di Dio che si è manifestata nel miracolo compiuto dal Figlio, perchè, in forza della fede, il Figlio viene glorificato attraverso il miracolo sia da Marta, dai discepoli che da tutta la gente del luogo: “All’udire questo Gesù disse: Questa malattia non è per la morte, ma per la gloria di Dio perchè per essa il Figlio di Dio venga glorificato” Gv 11,4.
Il miracolo della risurrezione di Lazzaro diviene dunque il luogo della manifestazione della gloria del Padre e del Figlio, grazie alla fede dei credenti e anticipa la pienezza della gloria del Figlio, che si realizzerà con la sua risurrezione che non ha fine perchè eterna.
La gloria si compie in pienezza con la risurrezione di Cristo, della quale quella di Lazzaro non è altro che segno, perchè con Cristo cessa per sempre la morte e ha inizio la vera vita, quella eterna.
Parallelamente alla malattia di Lazzaro, sopravvenuta perchè venisse glorificato Dio attraverso il Figlio, allo stesso modo la cecità di un uomo fin dalla nascita sopravviene, perchè si realizzino su di lui “le opere” di Dio, in modo tale che Dio venga glorificato nel Figlio mediante il segno della guarigione dalla cecità (Gv 9,1-3).
L’espressione “opere di Dio” è simile a “segni” che Giovanni aveva impiegato in 11,4, perchè è attraverso i segni concreti, ossia i gesti del Figlio, che si compiono le opere del Padre.
Il Figlio si serve dei “segni” per rendere concrete le opere del Padre: infatti egli per guarire il cieco si avvale della terra e della saliva.
Dall’impasto di questi due elementi concreti Gesù forma il fango e spalmandolo sugli occhi del cieco ridona a lui la vista, dopo che lo inviò a lavarsi nella piscina di Siloe (Gv 9,6-7).
Questo miracolo è stato compiuto da Gesù avvalendosi delle opere che Dio aveva creato fin dall’origine del mondo: la terra che esisteva fin dalla creazione del mondo e la saliva di cui Dio aveva dotato il primo uomo fin dalla creazione del mondo.
Con questi elementi fisici Gesù realizza il miracolo perchè venisse creduto dalla gente di essere il figlio dell’uomo, nonostante la persistente incredulità dei farisei.
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Gesù seppe che l’avevano cacciato fuori; quando lo trovò, gli disse:«Tu, credi nel Figlio dell’uomo?».
Egli rispose:«E chi è, Signore, perchè io creda in lui?».
Gli disse Gesù:«Lo hai visto: è colui che parla con te» Ed egli disse: «Credo, Signore!».
E si prostrò dinanzi a lui.
Gesù allora disse: «È per un giudizio che io sono venuto in questo mondo, perchè coloro che non vedono, vedano e quelli che vedono, diventino ciechi».
Alcuni dei farisei che erano con lui udirono queste parole e gli dissero: «Siamo ciechi anche noi?. Gesù rispose loro: «Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: “Noi vediamo”, il vostro peccato rimane» (Gv 9,35-41).
Il miracolo della guarigione del cieco nato dunque è stato compiuto da Gesù, parallelamente a quella di Lazzaro, perchè in coloro che lo vedono si attecchisca la fede in lui, affinchè venga glorificato il Padre nelle opere compiute dal Figlio.
In Gv il verbo vedere reca in sé non solo un significato fisico, ma anche spirituale: coloro che vedono fisicamente le opere compiute dal Verbo, le vedono con gli occhi della fede, perchè senza la fede vana sarebbe la loro visione alla stessa stregua dei farisei (Gv 9,41).
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I credenti
Giovanni esordisce il suo vangelo con la venuta del Verbo nella carne; Verbo che era presso Dio perchè era Dio (Gv 1,1-2) e in lui era la vita perchè tutto quanto esiste è stato fatto per suo tramite (Gv 1,3).
La venuta del Verbo comporta per l’uomo, secondo la versione di Giovanni, l’accoglimento o il rifiuto. A quanti l’hanno accolto e credono nel suo nome ha dato il privilegio di divenire figli di Dio e di vedere la sua gloria:
“E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi vedemmo la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre” (Gv 1,14).
La fede, cioè l’accogliere la Parola del Verbo, diviene la condizione senza la quale non è possibile percepire la sua gloria, ossia la sua eccelsa potenza e priorità su tutto quanto ha creato. Solo i credenti sono per Giovanni i diretti testimoni della sua gloria terrena, perchè già sulla terra il Verbo compiva prodigi che mai nessun uomo, nato tramite una donna, avrebbe potuto compiere.
La gloria appartiene solo al Verbo perchè è l’unico figlio tra tutte le creature umane, nato da donna e generato dal Padre, in quanto “unigenito dal Padre”.
Il verbo vedere indica non solo la percezione fisica della gloria del Verbo, ma soprattutto quella metafisica, metastorica che avviene mediante la fede, tramite la quale il credente accoglie la venuta dell’unigenito, considerandolo come un evento eccelso e degno di eminente importanza perchè unico e irripetibile.
Chi accoglie la venuta del Verbo onora lui e anche il Padre che lo ha inviato (Gv 5,23).
Il Padre, secondo Giovanni, viene glorificato da coloro che credono alle parole del Verbo, diventando discepoli diretti della sua Parola, alla stessa stregua del tralcio che, rimanendo attaccato alla vite, porta frutto, altrimenti muore:
Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quel che volete e vi sarà dato. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli.
Come il Padre ha amato me, così anch’io ho amato voi. Rimanete nel mio amore.
Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Questo vi ho detto perchè la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena (Gv 15,7-11).
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L’amore vicendevole dei credenti, causato dalla fede nel Verbo, è il motore che produce nella vita dei fedeli una grande gioia, appannaggio vivente della gloria del Padre, perchè nell’amore, dal quale scaturisce la gioia, viene glorificato il Padre celeste.
Come per amore Dio fece il mondo tramite il Figlio, contemplando nella gioia il frutto del suo operato, allo stesso modo l’uomo, amando il Verbo e osservando i suoi comandamenti vive nella gioia, perchè sa di rendere, con questo suo operato, gloria al Padre.
Prima dell’arresto Gesù, nella sua preghiera al Padre, manifesta la sua consapevolezza riguardo a coloro che hanno creduto alla Parola del Verbo perchè essi, sulla base del fatto che hanno creduto che Egli proviene dal Padre e che il Padre lo ha inviato a tale scopo, glorificano a loro volta il Verbo:
Ora essi sanno che tutte le cose che mi hai dato vengono da te, perchè le parole che hai dato a me io le ho date a loro; essi le hanno accolte e sanno veramente che sono uscito da te e hanno creduto che tu mi hai mandato.
(Io prego per loro; non prego per il mondo, ma per coloro che mi hai dato, perchè sono tuoi).
Tutte le cose mie sono tue e tutte le cose tue sono mie, e io sono glorificato in loro (Gv 17,7-10).
Sempre in questa preghiera Gesù chiede al Padre che quanti crederanno nel suo nome sappiano che il Padre li ha inviati e che li ha amati come Egli ha amato il Verbo, in modo tale che essi siano tra loro uniti col Padre, sulla base del fatto che hanno ricevuto la gloria dal Verbo che a sua volta gli era stata data dal Padre (Gv 17,22-23).
L’unione del Padre col Figlio si riflette a livello umano nella gloria che i credenti hanno ricevuto dal Verbo grazie al Padre che glielo ha concesso, perchè nella gloria i credenti si riconoscono uniti come i tralci in un’unica vite.
Ancora una volta Gesù chiede al Padre che quanti hanno creduto, abbiano il privilegio di contemplare la gloria che il Padre gli ha dato, perchè il Padre ha amato il Verbo ancora prima che il mondo venisse creato (Gv 17,24).
La gloria che il Padre ha dato al Verbo è appannaggio dell’amore del Padre verso il Figlio.
La gloria del Verbo si identifica in Gv nella zampillante condiscendenza del Padre nei confronti del Figlio, perchè fin dall’eternità l’amore del Padre traboccava nel Figlio e mai si consumava.
L’amore che il Verbo contemplava fin dall’eternità, glorificando il Padre, viene rivissuto da Pietro nell’esperienza suprema del martirio, per mezzo del quale viene glorificato Dio: “Questo disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E, detto questo, aggiunse: «Seguimi»” (Gv 21,19).
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La glorificazione di Dio in Cristo
Secondo la testimonianza di Giovanni Gesù, in quanto inviato del Padre, rende gloria al Padre perchè professa la dottrina stessa del Padre. Egli conosce le Scritture perchè sapienza del Padre, e in ciò il Padre viene glorificato, diversamente dalla sapienza umana che riceve gloria da se stessa (Gv 7,14-18).
Infatti coloro che ricevono gloria dagli uomini, non credendo che il Verbo è venuto nel nome del Padre, non cercano la gloria che proviene solo da Dio (Gv 5,41-44). In quanto inviato dal Padre Gesù detiene la potenza del Padre stesso.
A proposito dell’episodio della malattia di Lazzaro, la malattia viene sconfitta da Gesù che è datore di vita, alla stessa stregua del Padre, in quanto da lui ha ricevuto tale potere, per cui la malattia ha posseduto Lazzaro in vista della sua dipartita da questo, affinchè fosse glorificato il Padre tramite il Figlio dal momento che Dio ha dato al Figlio tale potere: “Questa malattia non è per la morte, ma per la gloria di Dio, perchè per essa il Figlio di Dio venga glorificato” (Gv 11,4).
In forza dell’unità che sussiste tra Padre e Figlio, qualunque cosa viene chiesto al Figlio, egli la concederà, perchè le opere che il Figlio compie, le compie grazie al Padre che ha accordato al Figlio tale privilegio, per cui il Padre viene glorificato tramite il Figlio per i prodigi che realizza: “Qualunque cosa chiederete nel mio nome lo farò perchè il Padre sia glorificato nel Figlio. Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò” (Gv 14,13-14).
Come il Padre è intimamente legato al Figlio fin dall’eternità, così coloro che amano il Verbo e credono nel suo nome, realizzano le opere del Padre a guisa del Verbo e, divenendo suoi discepoli, glorificano il Padre.
Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quel che volete e vi sarà dato. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli. Come il Padre ha amato me, così anch’io ho amato voi. Rimanete nel mio amore (Gv 15,7-9).
Nel contesto della passione Gesù prega il Padre di essere glorificato ora, affinchè il Figlio lo glorifichi, ricordandogli che egli lo ha glorificato sulla terra adempiendo il suo mandato nel realizzare l’opera che gli ha comandato di fare: “Quindi, alzati gli occhi al cielo, disse:«Padre, è venuta l’ora: glorifica il Figlio tuo perchè il Figlio glorifichi te (…).
Io ti ho glorificato sulla terra, compiendo l’opera che mi hai dato da fare” (Gv 17,1.4).
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La glorificazione del Figlio nel Padre
Secondo Giovanni la glorificazione completa del Figlio avviene quando egli invierà il Paraclito a coloro che credono nel suo nome perchè, con l’invio dello Spirito, Gesù siede glorioso alla destra del Padre, contemplandone la sua gloria infinita: “Questo egli disse riferendosi allo Spirito che avrebbero ricevuto i credenti in lui: infatti non c’era ancora lo Spirito, perchè Gesù non era stato ancora glorificato” (Gv 7,39).
Gesù invia lo Spirito nel mondo perchè egli, avendo ricevuto la gloria dal Padre, non è presente tra i credenti col corpo, ma attraverso il suo Spirito, per cui la gloria del Figlio risplende nell’alto dei cieli così com’è, in quanto non è velata dall’incredulità dei giudei e né viene percepita solo dalla fede, manifestandosi tale e quale nella sua essenza come lo era ab aeterno, prima della creazione del mondo.
Tornando alla sua vita terrena, Gesù afferma davanti ai giudei che egli non glorifica se stesso, ma è il Padre che lo glorifica, perchè il Figlio onora il Padre, lo conosce e osserva la sua parola, diversamente dai giudei che presumono di conoscere il Padre mentre invece non lo conoscono affatto:
Io non cerco la mia gloria; vi è chi la cerca, e giudica. Se io glorificassi me stesso, la mia gloria sarebbe nulla.
Chi mi glorifica è il Padre mio, del quale voi dite: “È nostro Dio!”, e non lo conoscete.
Io invece lo conosco. Se dicessi che non lo conosco, sarei come voi: un mentitore. Ma io lo conosco e osservo la sua parola (Gv 8,50.54-55).
I discepoli non compresero il tumulto della folla che andò incontro a Gesù al suo rientro in Gerusalemme e neanche la profezia di Zc 9,9ss. che annunciava l’ingresso del re dei Giudei su un asinello se non quando Gesù fu glorificato (Gv 12,16).
La gente del luogo si ricordava del miracolo di Lazzaro che Gesù aveva compiuto; per questo gli andava incontro, in quanto quel miracolo era segno della sua futura glorificazione che si adempì nell’ora della sua passione, come annunziato da Gesù stesso:
È venuta l’ora che il Figlio dell’uomo sia glorificato (…)Se uno serve me, il Padre lo onorerà.
Adesso l’anima mia è turbata; che cosa dirò? Padre, salvami da quest’ora? Ma proprio per questo sono giunto a quest’ora! Padre, glorifica il tuo nome». Venne allora una voce dal cielo: «L’ho glorificato e lo glorificherò ancora!» (Gv 12,26-28).
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Nonostante che Gesù abbia compiuto molti miracoli, i giudei rimanevano increduli perchè si adempissero le Scritture, come aveva detto Isaia:
Sebbene avesse compiuto segni così grandi davanti a loro, non credevano in lui, perchè si compisse la parola detta dal profeta Isaia:«Signore, chi ha creduto alla nostra parola? E la forza del Signore, a chi è stata rivelata?» Per questo non potevano credere, poiché ancora Isaia disse: «Ha reso ciechi i loro occhi e duro il loro cuore, perchè non vedano con gli occhi e non comprendano con il cuore e non si convertano, e io li guarisca!»
Questo disse Isaia perchè vide la sua gloria e parlò di lui. Tuttavia, anche tra i capi, molti credettero in lui, ma, a causa dei farisei, non lo dichiaravano, per non essere espulsi dalla sinagoga. Amavano infatti la gloria degli uomini più che la gloria di Dio” (Gv 12,37-41).
Il riconoscimento della gloria di Cristo da parte dei capi della sinagoga veniva bloccata dal diniego dei farisei, che si opponevano a tale tipo di omologazione (Gv 12,41-43).
La glorificazione del figlio dell’uomo è causata dalla piena dedizione del Figlio a compiere la volontà del Padre e a servirlo come Lui vuole, per questo dopo che Giuda Iscariota prese il suo ultimo boccone Gesù è stato glorificato dal Padre (Gv 13,31-33) e viceversa.
Nel tradimento di Giuda Gesù restò fedele all’amore del Padre, adempiendone la sua volontà; per questo il Padre lo ha glorificato e, a sua volta, il Padre veniva glorificato in lui.
Quando verrà lo Spirito di verità glorificherà il Figlio perchè annunzia le cose che prende dal Figlio, come il Figlio compie tutto quello che il Padre gli ha riferito (Gv 16,13-14).
La gloria che il Padre ha dato al Figlio, egli l’ha fatta fruttificare, dandola ai credenti perchè divenissero una cosa sola, come il Padre lo era con il Figlio, in modo che essi fossero convinti che il Padre ha inviato il Figlio e che lo ha amato con lo stesso amore con cui Egli ha amato loro (Gv 17,22-23).
Precedentemente, nella sua preghiera al Padre, il Figlio gli chiede di essere glorificato con quella gloria che aveva ab aeterno prima che il mondo venisse creato, dal momento che egli ha glorificato il Padre sulla terra in quanto egli ha ricevuto il potere sopra ogni essere umano, affinchè ogni uomo pervenga alla conoscenza di Dio e di Cristo suo figlio:
Così parlò Gesù. Poi, alzati gli occhi al cielo, disse: «Padre, è venuta l’ora: glorifica il Figlio tuo perchè il Figlio glorifichi te. Tu gli hai dato potere su ogni essere umano, perchè egli dia la vita eterna a tutti coloro che gli hai dato.
Questa è la vita eterna: che conoscano te, l’unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo.
Io ti ho glorificato sulla terra, compiendo l’opera che mi hai dato da fare. E ora, Padre, glorificami davanti a te con quella gloria che io avevo presso di te prima che il mondo fosse (Gv 17,1-5).
Prima della sua passione, Gesù chiede che venga glorificato dal Padre come quando godeva della sua gloria prima della creazione del mondo.
Il Padre ab aeterno aveva dato lo splendore della sua gloria al Figlio perchè, generato dal Padre, aveva dato al Figlio il potere su ogni cosa, detenendo la sua supremazia su tutte le cose, in quanto sapienza stessa del Padre.
Egli condivideva la gloria del Padre ed era insignito di tale gloria perchè consigliere eterno del Padre, in quanto con lui si era confidato e aveva affidato i suoi disegni, affinchè fossero realizzati solo da lui, l’unigenito del Padre.
Cinzia Randazzo
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