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La sorveglianza sanitaria dei lavoratori autonomi

Il mondo dell’impresa in Italia sta subendo una forte crisi non soltanto economica ma anche di legalità, soprattutto nelle piccole e medio imprese dove molto spesso la semplificazione è sempre fatta dall’imprenditore a prescindere dalla legge.

Ad esempio molto spesso l’assenza di sorveglianza sanitaria è all’ordine del giorno oppure si trovano degli stratagemmi per evitarla. Soprattutto con il mercato del lavoro odierno dove le forme contrattuali e di consulenza sono molto spesso subordinate a delle regole scorciatoia.

A Milano, ad esempio, una sentenza della Corte di Cassazione ha condannato un imprenditore perché non aveva sottoposto a visita medica periodica due titolari di ditte individuali a lui collegate ma che formalmente erano suoi dipendenti e quindi suoi subordinati.

La legge in merito è chiara e prevede che se il lavoratore è subordinato, qualsiasi sia il grado di qualificazione, spetta al datore di lavoro principale la sorveglianza sanitaria. Il Tribunale ha altresì evidenziato che in materia di antinfortunistica un lavoratore subordinato non ha autonomia neanche per quanto riguarda la sorveglianza sanitaria.

I due lavoratori in questione, poi, pur essendo titolari di ditte individuali lavoravano quasi esclusivamente per l’imprenditore imputato. Quest’ultimo ha fatto ricorso principalmente sulla base del fatto che non è stata valutata dal Tribunale la presenza di un contratto d’appalto.

Il ricorso è stato rifiutato e la Corte ha rilevato che l’autonomia dei lavoratori era solo formale perché entrambi erano assoggettati al controllo dell’imprenditore. Non a caso ogni mattina i due lavoratori formalmente autonomi si recavano ogni mattina dall’imprenditore per ricevere istruzione.

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