Oggi si parla del Salento come di un brand turistico, uno dei più riconoscibili e seducenti del Belpaese. Eppure, sono passati meno di 15 anni da quando il tacco d’Italia brancolava in un buio di manchevolezze e inadeguatezza strutturale, amministrativa e gestionale. Se oggi ogni hotel, b&b, residence Salento segna il tutto esaurito per almeno tre settimane l’anno, il merito è soprattutto di tutti quei fattori che hanno permesso la rivalutazione della tradizione del posto.
La gastronomia, il barocco, le spiagge sono tra le eccellenze del posto, ma non possiamo dimenticarci della pizzica, la musica e danza tipica salentina che, da anni, viene insegnata e raccontata anche al di là dei confini italiani, apprezzata per le sue suggestioni e per tutto ciò che evoca.
La storia della pizzica
La nascita della pizzica non è facilmente databile. C’è di certo che risale a un periodo antecedente la cristianizzazione dei costumi locali; attinge in parte dalla tradizione rurale e in parte dalle pulsioni incanalate nella figura del dio Bacco. il riferimento è a un territorio che, oltre 500 anni fa, viveva di agricoltura e poco più, in cui la stragrande maggioranza della popolazione si guadagnava da vivere nei campi, le donne, in particolare, nelle piantagioni di tabacco.
La storia della pizzica è storia della donna del Salento, in una società patriarcale che le vedeva come proprietà del marito, costrette a reprimere ogni pulsione, a fuggire i rischi della disapprovazione pubblica riducendo i propri istinti in isterie mute. La pizzica fa la sua roboante comparsa nella tradizione contadina, elemento di rottura degli schemi che verte sulla figura della taranta, il ragno della campagna che, secondo le narrazioni, mordeva le donna, costringendole a danzare al ritmo imposto dall’aracnide fino a liberarsi dal veleno. Un veleno vivifico, però, che legava donna e ragno in un rapporto di adorcismo, che è l’esatto opposto dell’esorcismo, vive sulla simbiosi, l’accordo e l’armonia. La donna ballava e, ballando, espelleva le tossine di un sistema retrogrado e sessista; ballava senza il rischio di incorrere nella condanna sociale, ballava di gioia e di passione.
Col tempo, la tradizione musicale è sopravvissuta nelle accademie, è diventata materia di studio e, solo in un secondo momento, grazie anche alla Notte della Taranta, di divertimento. Da circa due decenni la pizzica risuona prepotentemente tra le piazze e le strade di qualunque città del Salento, è diventata inno territoriale, felicità, sfrenatezza, si è spogliata di quel velo di ansia e frustrazioni per vestire gli abiti dell’attrattiva turistica, ma le orecchie più allenate, o semplicemente quelle pronte ad ascoltare, possono scrutare in ogni colpo di tamburo i dolori che generarono le ballate che ancora oggi, secoli dopo, assecondiamo con ogni parte del nostro corpo.
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