Grande partecipazione di Maria Pia Severi a “Spoleto incontra Venezia”, le grandi mostre curate dal Prof. Vittorio Sgarbi e dirette dal manager Salvo Nugnes, negli storici contesti di Palazzo Falier e Palazzo Rota-Ivancich a Venezia. Le splendide ed originali opere fotografiche della Severi sono in esposizione nei due meravigliosi edifici, dal 28 Settembre al 24 Ottobre 2014.
Di seguito, l’intervista alla rinomata artista.
D: Che sensazione prova a staccarsi da un pezzo venduto?
R: Sapendo che di ogni pezzo venduto me ne restano altri cinque direi che non mi dispero affatto: arriverà spero il momento che li venderò tutti! Ogni artista è felice quando il suo lavoro viene apprezzato e retribuito.
D: Qual è il lavoro a cui è più affezionata, e perché?
R: Ogni Città che visito deve diventare prima “mia”, in ogni senso, culturale, storico e visivo. Ogni volume che esce sull’ultima nata è per me sempre il più bello. Poi me ne dimentico e passo ad altro, nel senso che non sto a crogiolarmi sul nuovo volume da me creato.
D: Come vede l’arte rispetto la crisi dei giorni d’oggi?
R: Ritengo che, ora come ora, la fotografia tende ad avere la prevalenza sulla pittura, poiché costa meno e può essere più bella e decorativa di un brutto dipinto, magari più costoso.
D: Quali sono gli artisti che hanno maggiormente influenzato il Suo lavoro?
R: Nessuno, sebbene io sia da sempre stata amante e collezionista di opere d’arte. Ho sempre fotografato ciò che mi piaceva. Nel 1984, quando fu pubblicato il mio primo libro Sotto il segno di Modena, apparve palese che ritraevo prevalentemente figure femminili che passavano per le vie di Modena e che, colte dal mio obiettivo, si trasformavano in “personaggi” mentre Modena appariva solo sullo sfondo. Fu Franco Vaccari, che aveva già esposto alla Biennale di Venezia ed era stato definito da Bonito Oliva sul settimanale L’Espresso un “artista extravagante”, che mi spinse a pubblicarlo ed in più mi fece il menabò e la prefazione. All’epoca facevo foto con la mia Kodak Instamatic. Sottolineo che all’epoca, giovane procuratrice, scattavo le mie foto recandomi in ufficio, eppure ogni giorno, anche se ripetevo la stessa via, tutto mi sembrava nuovo e diverso. Sotto il segno di Modena fu definito, anche dagli altri artisti modenesi ‘il più bel libro mai fatto su Modena”. Trascorso il tempo dell’avvocatura, cercai un nuovo stile. Andando in macchina con mio marito, cercavo di fotografare paesaggi di lato, il più delle volte non riprendevo nulla, ma le foto “a tutta velocità” che riuscivo a fare mi entusiasmavano. Allora cercai di riprodurre col movimento delle braccia questa realtà e così nacque il mio nuovo stile che applico, con varianti, anche ora. Ecco come fotografo. Seguo il mio istinto sempre ed ho creato uno stile all’epoca rivoluzionario, di foto in movimento. Franco Vaccari mi aiutò a confezionare anche i due libri successivi Emozioni Capresi-Inverno e Venezia è Sogno, di cui mi fece anche le relative prefazioni, sottolineandomi che chi aveva beneficiato di una sua prefazione, avrebbe certamente avuto un futuro d’Artista.
D: Quale messaggio vuole trasmettere con la Sua arte?
R: Vorrei coinvolgere le persone nelle emozioni che io provo fotografando. Inoltre vorrei lasciare libero sfogo all’interpretazione delle mie foto. In altre parole vorrei che le mie foto fossero intriganti. Il complimento più bello che mi fanno è quando colgono nelle mie foto qualcosa di diverso dalla realtà. La fantasia che si scatena a guardare le mie foto è illimitata ed io mi diverto molto ad ascoltare anche le più strambe interpretazioni! Così ha anche fatto il professor Vittorio Sgarbi a Spoleto! Si ricorda Vittorio?