Già il giorno dopo il Gigin soave, come lo
chiamano la madre e la sorella Ernesta, è sulla
spiaggia e scrive nel suo diario “Siete di gambe
dorate e di amicizie. Gite in barca”.
De Pisis mantiene, dalla fanciullezza fino alla
morte, la consuetudine di annotare quasi tutti i
giorni pensieri, progetti e avvenimenti che grazie
alla pazienza di Sandro Canotto, sono raccolti nel
volume Filippo De Pisis ogni giorno edito da Neri
Pozza di Vicenza nel 1996.
Il pittore conosce la riviera
romagnola, nel 1914, passa le vacanze estive a
Riccione con la famiglia in escursione a Rimini
nel periodo in cui si costruivano i primi hotel 4
stelle Rimini, San Marino e Gradara.
Spesso è a Cesenatico a trovare Marino Moretti
amico da sempre.
La vacanza riminese del 1940 termina il 3 ottobre
dopo avere annotato “a Rimini più che mai vere
orge di carne vive”.
Ritorna il 3 luglio dellanno successivo e si
stabilisce in una sorta di camerine studio2 al
numero 40 di via Vertola.
Questo soggiorno si rivela meno sereno del
precedente per tanti eventi fra i quali anche
lostilità che dimostrano i riminesi i quali
giudicano eccentrici e scandalosi alcuni suoi
comportamenti.
Il 3 agosto annota: “Vernice di Manghi, la
celebrità mia” mentre il 9 settembre: “2 quadri
falsi miei fatti da Manghi”.
Giovanni Sesto Manghi (Rimini 1907 Longiano 1990)
conosce già De Pisis.
Nel 1938 con lui si reca a trovare Moretti a
Cesenatico e dopo di allora lo scrittore entrerà a
far parte del fan club del pittore riminese tanto
da scrivere la presentazione del catalogo della
sua mostra personale Anni trenta di attività nella
Sala delle Colonne di Rimini nellaprile del 1962.
Manghi è l’allievo prediletto: bello, devoto e
canaglia nel contempo.
È un pittore già affermato, possiede una cultura
artistica consolidata e unesperienza scolastica a
Bologna, Firenze e Roma che lo portano a una
pittura di grande qualità ma spesso minata da una
disomogenea dipendenza stilistica.
De Pisis diventa per lui il maestro e il promotore
della sua attività pittorica facendogli incontrare
Francesco Arcangeli, Giuseppe Raimondi, Giovanni
Commisso e tutti gli artisti e intellettuali che
frequentano il suo atelier.
Tutto questo lo porterà alla partecipazione alla
XXII Biennale internazionale dArte di Venezia nel
1940 e alla mostra del Sindacato nazionale
fascista a Milano nel 1941 assieme ai concittadini
Elio Morri, Luigi Pasquini ed Edoardo Pazzini.
Dal pittore ferrarese Menghi assorbe la scelta dei
soggetti, i colori e le inquadrature, mentre la
pennellata resta, entro certi limiti, più
autonoma.
Questa autonomia purtroppo risente spesso
dellistinto falsario che inconsciamente lo porta a
volere migliorare loriginale attraverso una
maggiore compiutezza formale.
Nel tempo le sue opere acquisiranno una maggiore
peculiarità stilistica personale anche se la
lezione depisisiana sarà sempre rintracciabile in
esse.
Pier Giorgio Pasini riferendosi ai passaggi
riminesi di Pippo scrive sul catalogo della mostra
NOVECENTO Riminese come anche Demos Binini,
contrariamente a Primo Amati, compagno di
cavalletto, resti affascinato dallo stile e dalla
tecnica del conte ferrarese con il quale dipinge
per qualche tempo.
Alcuni suoi quadri di quegli anni, infatti, si
rifanno con una cera evidenza a lui e forse anche
le sedie e le giacche, già inserite da De Pisis in
alcuni interni alla fine degli anni Venti.
Col progredire della sua carriera tuttavia le
influenze si perdono per lincontro con nuove
figure di riferimento come Renato Guttuso, tanto
importanti per la sua evoluzione artistica.
Anche Elio Morri entra in contatto con De Pisis,
più precisamente è De Pisis che entra in contatto
con lui frequentando il suo studio in quel
periodo.
Questultimo poso addirittura per n busto poi
distrutto dai bombardamento del 1944 e mentre
posa, disegna e dipinge.
Morri, ottimo disegnatore a sua volta, oltre che
scultore, molto probabilmente lo osserva e forse
inconsapevolmente, ne assorbe lo stile.
Prova ne è una Natura morta di pesci che Morri
dipinge nel 1954 in un momento di baldoria che
potrebbe passare per un ottimo De Pisis.
Altri pittori locali, se si esclude Luigi
Pasquini, assiduo frequentatore dello studio in
via Bertola, il quale resta inossidabile nel suo
limpido paesagismo , risentono in qualche maniera
linfluenza dellartista ferrarese.
Il riservatissimo Gino Ravioli nel primo
dopoguerra ravviva e modifica la sua pennellata
rendendola più vivace e moderna dando maggiore
spontaneità ai suoi dipinti, ed Edoardo Pazzini
che, liberato dai lacci dello zio Norberto, nello
stesso periodo, cambia tavolozza e tecnica e
sostituisce il mare tanto caro a De Pisis con la
verde vallata del Parecchia sullo sfondo delle sue
nature morte.