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Sicurezza sul lavoro: i lavoratori scioperano contro le spie alla Magneti Marelli

Il 21 marzo scorso, gli operai della Magneti Marelli di Cravalcore hanno tutti aderito allo sciopero di un’ora. Il motivo: denunciare i passi indietro che l’azienda continua a fare in materia di salute e sicurezza sui lavoratori. I rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza (cioè quelle persone elette o designate all’interno dell’azienda, che rappresentano i lavoratori nell’ambito della salute e sicurezza sul lavoro e che devono svolgere corsi RLS come previsto dal d.lgs. 81/2008, il Testo Unico in materia di sicurezza sul lavoro) devono essere coinvolti in tutti gli aspetti che riguardano la sicurezza sul lavoro, come dispone l’art. 50 del Testo Unico. Essi, però, come denunciano le RSU: sono invece “tenuti al margine di qualsiasi coinvolgimento, sia nella consultazione per la compilazione dei documenti di valutazione dei rischi che nei team operativi ufficiali dove si preferisce la consultazione di cosiddetti ‘capitani della sicurezza’ rispetto alle figure istituzionali previste dalla legge”.
Lo sciopero, detto anche “lo sciopero contro le spie” è stato indetto contro i c.d. Capitani della sicurezza, figure istituite dalla stessa azienda per fare rapporto contro coloro che non indossano i dispositivi di protezione individuale (DPI) previsti per legge. Insomma: l’azienda non coinvolge come dovrebbe gli RLS che hanno svolto gli appositi corsi RLS e sono quindi dotati di tutte le conoscenze necessarie per svolgere il loro ruolo, ma si avvale di questi Capitani, scatenando il disappunto dei lavoratori della Marelli, che non ci stanno.

I lavoratori “sono sfiduciati nel segnalare situazioni ed eventi potenzialmente insicuri sui quali non solo mancano risposte concrete – dicono le RSU – si continua a lavorare in situazioni insicure e pericolose, (e la società) sceglie la scorciatoia punitiva nei confronti di chi subisce un infortunio sul posto di lavoro”.

Lo sciopero dei lavoratori ha trovato il supporto del Medico del Lavoro, nonché docente di Mediciana Sociale presso l’Università di Venezia, il dottor Vito Totire, secondo il quale “enfatizzare l’aspetto del controllo di tipo militare-sanzionatorio è sbagliato”. E questo perché “induce un concetto passivo di protezione fondato sull’obbedienza e non sull’adesione consapevole”.

Ricordiamo che il RLS è una figura prevista dal d.lgs. 81/2008, che svolge un ruolo fondamentale all’interno del luogo di lavoro. Egli, infatti, è quella persona eletta o designata per rappresentare i lavoratori per quanto concerne gli aspetti della salute e della sicurezza durante il lavoro. Come previsto dall’art. 37 del sopracitato decreto legislativo, il RLS deve frequentare corsi RLS, durante i quali devono essere obbligatoriamente trattati una serie di temi, elencati dallo stesso articolo al comma 11. Fra questi troviamo, ad esempio, la legislazione, sia generale che speciale, la definizione e l’individuazione dei fattori di rischio, le tecniche di comunicazione e la valutazione dei rischi. Il RLS ha dunque diritto a ricevere una formazione particolare in materia di salute e sicurezza sul lavoro, egli ha diritto ha frequentare corsi RLS che gli assicurino adeguate competenze sulle principali tecniche di controllo e prevenzione dei rischi stessi. Perché lo scopo corsi RLS è quello di fornire al rappresentante le conoscenze nonché le tecniche di prevenzione e protezione che gli permettano di svolgere appieno il ruolo che ricopre.

I corsi RLS hanno una durata minima di 32 ore e prevedono, alla fine del percorso formativo, lo svolgimento di un test di verifica finale il quale serve a verificare l’avvenuto apprendimento dei temi trattati. Inoltre, sempre il d.lgs. 81/2008, dispone che gli RLS debbano frequentare corsi di aggiornamento.

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