Cena di Natale a base di involtini di primavera, riso alla cantonese e pollo alle mandorle: una tipica famiglia italiana con tanto di nonnina ottuagenari sceglie il menù cinese per la festa più tradizionale del bel paese! Non è fantascienza ma una delle pubblicità con cui una nota marca di torroncini, lo scorso Natale, ha rivendicato la propria intramontabile presenza nelle case degli italiani (pur scegliendo di mangiare cinese, la famigliola non rinunciava infatti ai classici dolcetti Condorelli).
Scelta azzardata? Paradosso? Visione futuristica portata alle sue estreme conseguenze? Sicuramente i cultori della made in Italy e della cucina nostrana avranno storto il naso ma è innegabile che questa pubblicità ha colto una tendenza crescente nel nostro Paese, vale a dire quella della passione per le cucine esotiche.
Più di duemila ristoranti etnici tra cinesi, giapponesi, indiani, egiziani, eritrei, messicani e tailandesi: se è ero che la coltura dei popoli passa anche attraverso la cucina, noi italiani siamo degli insaziabili curiosi, alla continua scoperta di nuove tradizioni. In pratica non facciamo che viaggiare senza muoverci da casa il take away poi è un vero e proprio giro turistico fra le pareti dei nostri comodi appartamenti!).
Cous cous, sushi, tempura, sashimi: parole che abbiamo sentito pronunciare almeno una volta e che ci rendono un pò cittadini del mondo! Ma non basta! Dobbiamo anche imparare a cucinare esotico per i nostri amici: ecco allora gli arnesi giusti, le bacchette, il wok, i coltelli giapponesi dalle lame molto taglienti!
Una vera passione quella per le cucine esotiche. Le più gettonate però sono orientali: quella cinese è ormai ovunque (a Milano i primi ristoranti cinesi nacquero alla fine degli anni ’70) mentre la giapponese è entrata nel nostro mercato con un profilo più sofisticato. I ristoranti giapponesi all’estero, infatti, sono nati subito come ristoranti di lusso: in gran parte si tratta di locali di qualità, con ottimo servizio e abbastanza costosi. Del resto, la loro è una cucina la cui caratteristica primaria è quella di non alterare la freschezza, il sapore, il colore, la consistenza e la stagionalità di ogni cibo; i giapponesi la definiscono con l termine “sappari” che vuol dire pulita, ordinata e leggera. Mangiare giapponese significa sopratutto mangiare pesce crudo ma non bisogna spaventarsi: il pesce crudo infatti ha un sapore che anche chi detesta il pesce riuscirà ad apprezzare.
L’importante è non lasciarsi coinvolgere da chi sceglie il pesce palla (in giapponese “fugu“) come versione cullinaria della roulette russa: è un pesce velenoso che può portare alla morte per arresto respiratorio.
Fa molto giapponese, invece, evitare di conficcare verticalmente le bacchette nella ciotola del riso, non bucare il cibo con le bacchette e mangiare il sushi non appena servito come segno di rispetto per lo chef e la sua arte.
Insomma, non dovrebbe essere poi così difficile imparare il bon ton della cucina nipponica: se riusciamo ad arrotolare gli spaghetti nostrani niente ci dovrebbe spaventare in quanto ad arnesi da cucina!
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