Energia green e design di ultima generazione. La nuova Centrale Geoterminca MAGMA Energy rappresenta l’integrazione perfetta tra architettura, paesaggio e avanguardie tecnologiche. A firmarla è l’architetto Emanuele Svetti.
A differenza delle altre centrali geoterimiche, l’impianto è perfettamente integrato nell’ambiente circostante in modo naturale. Il “cuore e il cervello” della centrale geotermica sono protetti da un guscio verde che dialoga con le essenze boschive tipiche del paesaggio toscano. L’impianto, la cui costruzione è iniziata nell’aprile 2017 è ora pienamente in funzione, ed è il primo a impiegatre la geotermia a media entalpia con temperatura del fluido tra 90 e 150 gradi (forma di energia che è classificata tra le fonti di energia rinnovabile).
Il progetto rappresenta perfettamente lo stile dell’architetto Svetti, impegnato nel fondere moderne tendenze a stili tipici della moda e del design, mesciando la rigorosità spaziale a colpi di glamour, fatti di materia e di colore. E al centro di ogni sua creazione c’è l’uomo. L’anima, il carattere che lo lega alla sua terra, la Toscana gravida di rimandi alla natura tanto che definisce il suo stile “New Tuscan Style”.
“Ogni progetto è un viaggio, come ogni viaggio è un progetto – afferma Svetti – l’incontro con nuove culture, le esperienze e le mie passioni personali si riflettono sul concepimento di un nuovo lavoro così come tutto quello che accade nel mondo: un progetto è una miscela sapiente di sensazioni, di elementi, di forma e materia, di colori ed intelligenza emotiva”.
L’attività professionale di Svetti si sviluppa a livello nazionale e internazionale: dalla progettazione di spazi ricettivi, direzionali e commerciali all’architettura residenziale e al retail. Dal 2009 ha realizzato progetti in California, Africa del Nord, Russia e Cina, aprendo, nel 2016, una sede a Londra. Cogliendo i segnali del cambiamento degli stili di vita, Emanuele Svetti anticipa alcune tendenze nell’interior delle strutture ricettive e commerciali, realizzando tra gli altri, Akademy Lounge & Restaurant a San Pietroburgo (Russia 2010) per Elba Group, il ristorante Saffron ad Arezzo (2011), l’Unicorno Palace Hotel a Firenze ed il 93 Loft (Camucia – Arezzo 2013), ad oggi il manifesto del suo credo architettonico oltre ad essere un eccellente esempio di riuso urbano.
Tra i clienti più importanti nel portfolio dello studio ci sono: Mass Beverly, la società Statunitense con base a Los Angeles leader nelle forniture per residenze di lusso, Graziella Group, una delle realtà industriali più importanti nel campo dell’alta oreficeria in Italia e nele Medioriente, Aglini, il brand di camiceria toscano, Poltrona Frau CG, il grande gruppo industriale nel panorama del design d’arredo, Del Tongo Industrie SpA, la storica Azienda di Cucine Toscana, il Gruppo 24 (Sole 24 Ore), Elba Group, la società con base a San Pietroburgo leader nell’organizzazione di eventi in Russia e Silvia Bini, la nota imprenditrice del fashion luxury.
Tradizione e Innovazione: “l’Artigiano tra memoria storica e tecnologia diventa maestro nel mondo”
Festa del falegname e dell’artigiano
L’Associazione Casartigiani Abruzzo organizza a Lanciano con il patrocinio della Regione Abruzzo e quello del Comune di Lanciano, la FESTA DEL FALEGNAME E DELL’ ARTIGIANO
nei giorni 14, 19 e 22 marzo 2015.
Tre giornate con incontri formativi e informativi, stage organizzati con l’Istituto E. Fermi di Lanciano, l’Università Gabriele D’Annunzio di Pescara nel “Corso di Laurea in Economia e Commercio”, esperti di Internazionalizzazione, professionisti della Stampa 3D esperti della sicurezza sul lavoro e con gli Artigiani titolari di partita Iva presenti sul territorio abruzzese.
Informazione e Formazione sono gli obiettivi principali della “FESTA DEL FALEGNAME E DELL’ARTIGIANO”
Parteciperanno studenti, artigiani, docenti e relatori quali: il Preside della Facoltà di Economia e Commercio,Professoressa Anna Morgante, il presidente dell’ AIFOS Dott. Lorenzo Fantini, il Prof. Michele Rullo dell’Istituto Tecnico Commerciale E. Fermi di Lanciano, l’esperto di Internazionalizzazione il Dott. Gianni Gregoris, l’Arch. Mirko Battistella esperto di nuove tecnologie e STAMPA 3D, l’imprenditore Camillo Pasquini rappresentante degli artigiani falegnami, i Coordinatori regionali di Casartigiani Abruzzo, Flaviano Montebello e Dario Buccella e il Presidente di Casartigiani Chieti la Dott.ssa Ombretta Mercurio.
“Riteniamo particolarmente importante il coinvolgimento di studenti in stage presso aziende artigiane e l’assegnazione di crediti formativi e Borse di Studio” è quanto afferma il coordinatore regionale di Casartigiani, Dario Buccella.
Gli ospiti, già relatori del convegno del 14 marzo, insieme a professionisti del mondo della sicurezza sul lavoro, si confronteranno su riflessioni, considerazioni, nuove norme di sicurezza e proposte che nasceranno dall’ incontro.
Questa prima edizione della FESTA DEL FALEGNAME E DELL’ARTIGIANO si concluderà il giorno 22 marzo. Durante questa giornata, si parteciperà alla Santa Messa celebrata presso la Parrocchia di Sant’Antonio dal nostro Vescovo Mons. Emidio Cipollone a seguire si avrà un momento di convivialità presso il Ristorante “La Masseria”, allietato dal gruppo musicale DuoDarwin.
Il programma:
14 marzo l’incontro/formazione con gli studenti dell’Istituto Tecnico Commerciale E. Fermi di Lanciano, gli artigiani e i docenti;
19 marzo diretta televisiva con i partecipanti che a vario titolo si confronteranno sulle tematiche dell’innovazione tecnologia, la PMI, e la professione dell’artigiano
22 marzo giornata conclusiva celebrazione della Santa Messa presso la Parrocchia di Sant’Antonio dal Vescovo Mons. Emidio Cipollone a seguire si avrà un momento di convivialità presso il Ristorante “La Masseria”, allietato dal gruppo musicale DuoDarwin.
Nelle settimane scorse l’Agenzia delle Entrate avete anticipato una novità che porterà ad una vera e propria rivoluzione del Catasto. Fino ad oggi siamo abituati a classificare gli edifici residenziali attraverso il numero dei vani.
Da domani, o meglio, dal 2019 non sarà più così. La consistenza degli immobili sarà determinata dalla superficie – in metri quadrati – insieme ad altre componentistiche che ritroviamo spesso nella valutazione del mercato immobiliare ovvero la zona in cui è presente l’immobile, il piano, la presenza o meno dell’ascensore, lo stato di conservazione ecc…
L’altra grande novità è che spariranno, insieme al numero vani, anche le categoria a cui siamo abituati: A/1, A/2, A/7 ecc per lasciare posto a due maxi-gruppi, di destinazione ordinaria e di destinazione speciale, suddivisi rispettivamente in otto categorie e in diciotto categorie.Distinzione Ordinaria – uso abitativo -, da O/1 a O/8 e Distinzione Speciale, da S/1 a S/18
Vanno poi iscritti senza attribuzione della rendita, le costruzioni in fase di realizzazione, gli immobili degradati, le aree urbane e i beni comuni a più unità immobiliari inidonei ad utilizzazioni produttive di reddito, i lastrici solari, gli immobili di culto.
Non vanno iscritti invece i manufatti con superficie coperta inferiore a otto metri quadri, le vasche per l’acquacoltura e l’irrigazione, i manufatti privi di copertura, le tettoie di altezza utile inferiore a 1,80 metri e i manufatti precari senza fondazioni e non stabilmente infissi al suolo.
E’ bene ricordare che è importante, per non dire fondamentale, avere la scheda catastale aggiornata allo stato di fatto, per evitare di incorrere in sanzioni e problemi soprattutto in caso di vendita dell’immobile. Al momento dell’atto infatti il notaio è obbligato ad allegare la scheda catastale e il proprietario è chiamato a dichiarare per iscritto che l’immobile è conforme. In caso di dichiarazione mendaci l’atto è annullabile. L’altro documento fondamentale in caso di vendita/affitto è l’Attestato di Prestazione Energetica (APE ex ACE)
Il 22 ottobre 2014, alle ore 18, si inaugura, presso la Biblioteca Centrale della Facoltà di Architettura (Roma, via Gramsci 53, Info: Tel. 06.49919126, e-mail: [email protected]), la mostra, L’Esposizione del Werkbund a Colonia, Maggio Agosto 1914. Produzione di Pace in Tempo di Guerra. La mostra, a cura di Alberto Giuliani, rimarrà aperta dal 23 ottobre al 28 novembre, dal lunedì al venerdì dalle 09.00 alle 19.00; ingresso libero.
Questa mostra, organizzata nell’ambito delle celebrazioni sull’ Esposizione del Werkbund tedesco nella città di Colonia, ci offre la possibilità di riflettere in maniera approfondita, a cento anni di distanza, su un evento che possiamo considerare epocale nel quadro dello sviluppo delle Arti Applicate e dell’Architettura del Novecento europeo e mondiale. Il 1914 è segnato dallo scoppio della Prima Guerra Mondiale che rappresenta uno spartiacque nella storia contemporanea e che coincide, a livello culturale, con un momento di grande crisi. Le nuove istanze di rinnovamento artistico convivono ancora con una tradizione – spesso recente e gloriosa come nel caso della Secessione viennese – la cui influenza è ancora viva e presente negli artisti e nella realtà produttiva. Nel caso specifico la natura a tratti contraddittoria dell’esposizione stessa, caratterizzata dalla presenza di alcuni dei personaggi che, a vario titolo, saranno i protagonisti del rinnovamento del linguaggio architettonico e del design negli anni immediatamente successivi, rappresenta in modo particolarmente evidente il travaglio attraverso il quale si cominciavano a prefigurare gli orizzonti futuri.
La presenza all’Esposizione di Colonia di personalità note come Hoffmann, Van de Velde, Behrens, Gropius e Taut, e di altre sin qui trascurate, ci introduce in una temperie all’interno della quale il dibattito sullo stile e sulla forma assumeva i connotati di uno scontro tra mondi ormai lontani e non più conciliabili: proprio le visioni ormai estenuate della grande tradizione austriaca e tedesca avevano posto le basi, in ambito mitteleuropeo, per quel corto circuito che prelude all’avvento del Movimento Moderno. Il serrato confronto tra gli operatori che vedevano nel rinnovamento della produzione artigianale attraverso il diretto apporto dell’arte e dell’industria l’unica strada plausibile per permettere una diffusione capillare del prodotto di qualità all’interno della società, era percorso da tensioni che nell’Esposizione di Colonia ebbero uno dei momenti di maggiore espressione. Le tesi propugnate da Hermann Muthesius sulla necessità di standardizzare il prodotto artistico e le rivendicazioni di Henry Van de Velde sull’unicità non replicabile del gesto creativo ne sono la testimonianza più nota ed evidente.
In realtà, come la mostra cerca di illustrare, le diverse posizioni teoriche spesso non coincidevano con una coerenza progettuale che ne costituisse la concreta dimostrazione. Grandi personalità come lo stesso Muthesius, tra i fondatori del Werkbund tedesco nel 1907, o come Peter Behrens – che nel 1909 aveva realizzato gli innovativi e fondamentali edifici dell’AEG di Berlino – di fronte al tema leggero dei padiglioni dell’Esposizione, decidono di non andare oltre ad architetture di circostanza, improntate a una depurata tradizione tardo ottocentesca – Muthesius nella Casa del Colore (Farbenschau) – o a un austero classicismo – Behrens nel Padiglione delle Feste (Festhalle).
Inaugurata il 16 Maggio 1914 in un clima di festosa euforia, l’Esposizione, che era previsto dovesse proseguire fino all’Ottobre successivo, viene drammaticamente e repentinamente chiusa ai primi di Agosto a seguito della dichiarazione di guerra della Germania alla Francia: in brevissimo tempo vengono smantellati tutti gli allestimenti e demoliti i padiglioni, creando una lunga catena di fallimenti e disastri finanziari tra le industrie e le ditte produttrici che avevano sponsorizzato o investito ingenti capitali nell’evento. Il primo ad essere demolito fu il Padiglione del Vetro (Glashaus) di Bruno Taut, forse proprio a causa delle frasi che correvano nel fregio perimetrale esterno non propriamente consone ad un momento nel quale il confronto tra i popoli lasciava il posto alle ostilità militari: questo edificio insieme ad alcuni elementi della Fabbrica Modello di Walter Gropius (Musterfabrik), diventerà tra le icone più note e celebrate dell’Architettura del Novecento.
Durante la raffinata serata di gala per i festeggiamenti dei 150 anni della Croce Rossa, che si è svolta in data Venerdì 10 Ottobre a Treviso, nel rinomato Auditorium Fondazione Cassamarca di Treviso, con il concerto della rinomata orchestra “I Solisti Veneti” diretta dal Maestro Claudio Scimone, il noto architetto Cesare Feiffer è stato insignito di un premio istituzionale di merito alla carriera, dall’Assessore alla Cultura Luciano Franchin e dal Prefetto di Treviso Maria Augusta Marrosu “Per l’intensa attività operativa nel settore della conservazione del patrimonio architettonico ambientale”.
Feiffer è docente di restauro architettonico presso la facoltà di architettura dell’Università di Roma tre e dal 1999 dirige la famosa rivista di settore “Recupero e Conservazione”.
Feiffer ha dichiarato “Ho sempre cercato di unire la riflessione critica sui temi della disciplina del restauro alla pratica professionale”. Questo significativo messaggio di riflessione espresso è frutto della sua quotidiana esperienza di architetto-restauratore, che non dimentica di dare importanza e fondamento critico ad ogni azione e tiene sempre presente l’obiettivo finale dell’intervento di restauro. Che consiste nella conservazione della materia del manufatto. Feiffer dimostra concretamente le tesi da lui perorate facendo parlare i suoi progetti e le sue realizzazioni, dietro la cui eleganza e apparente semplicità si cela in realtà un complesso e sistematico meccanismo organizzativo scandito da tempi, successive fasi d’avanzamento e continui movimenti di confronto con la committenza.
Si tratta di Luminex un tessuto stupefacente in grado di emettere luce propria tramite della fibra ottica accuratamente inserita al suo interno.
Immaginate la magia di indossare un abito di pura luce o di entrare in un locale in cui gli oggetti d’arredo diffondono delicati bagliori di svariate sfumature di colore creando un’atmosfera rarefatta e surreale.
Al momento le tipologie di tessuto disponibili sono 12 in 5 varianti di luce colorata, ma è possible crearne di nuovi.
Il tessuto si alimenta attraverso una classica presa di corrente oppure attraverso l’ausilio di batterie ricaricabili anche di piccolissime dimensioni (simili a quelle di un telefono cellulare).
Per ulteriori informazioni vi invitiamo a visitare il nostro sito Bread&Style.com
Quando un materiale di pregio come il cotto Il Ferrone incontra l’estro e la professionalità di un architetto come Adolfo Natalini, il risultato non può che essere la creazione di strumenti indispensabili all’architettura in cotto.
La plasmabilità e duttilità del cotto fiorentinoIl Ferrone consente di tradurre efficacemente un linguaggio progettuale contemporaneo, dinamico e in continua evoluzione.
Sotto la direzione dell’architettoAdolfo Natalini, una delle figure più significative nel panorama italiano, Il Ferrone ha sviluppato un’accurata ed approfondita ricerca che ha portato alla creazione di una ricca collezione di elementi in cotto estruso.
Questi componenti per cornicioni, bordi e davanzali in cotto offrono ad architetti e designer l’opportunità di delineare una continuità narrativa per l’arredo urbano e la decorazione architettonica, consentendo di formare geometrie che movimentano le superfici e finiture che rendono il lavoro finale di assoluto pregio, eleganza e distinzione.
Gli elementi dal tratto elegante e definito, realizzati su disegno di Natalini, rispondono alle necessità tecniche, estetiche e di normativa e soprattutto esaltano la plasticità dell’insieme, rivelando cura del dettaglio e un’attenzione “artigianale” al servizio delle migliore architettura.
L’ampiezza delle proposte e la ricchezza della materia, unite alla qualità del design fanno di questa serie un indispensabile e imprescindibile strumento nella progettazione di architetture in cotto.
Nel 1997 Fulvio Giraldi apre il proprio studio di Architettura a Firenze, dove inizia rapporti di collaborazione tutt’ora attivi nel mondo della moda; progetta nuovi concetti di immagine coordinata per vari marchi italiani ed internazionali e realizza boutique e showroom in Italia e all’estero. L’attività dello studio si estende velocemente alla progettazione architettonica di edifici ad uso commerciale, uffici e hotel.
Nel 2006 nasce lo Studio Giraldi Associati con l’inserimento come associati dei collaboratori Francesco Marzocca, Daniela Girelli, Gianluca Colombari, Diego Lucesole e nel 2009 anche Francesca del Perugia e Annalisa Alessandri.
Lo Studio Giraldi Associati si è affermato in tutto il mondo con la progettazione di nuovi concept design e architettura per prestigiosi label internazionali di moda fra cui, solo per citarne alcuni, GUESS, Manila Grace, Wrangler, Rifle e molti altri. Un lungo percorso che passa da Firenze e Milano, le due capitali della moda italiana, fino a New York e Los Angeles, le capitali del nuovo mondo e, attraverso le emergenti capitali asiatiche come Shangai, Seoul e New Delhi, giunge a toccare le nascenti città dell’Africa Subsahariana.
Un lungo e differenziato percorso connesso e riconoscibile da una linea di sistemi comunicativi e idee intrecciati tra di loro da una comune forma di pensiero. Una World Line in pieno sviluppo, che esplora nuovi linguaggi visivi e cerca forme sempre più eterogenee e differenziate di espressione.
Il nuovo sito internet racconta attraverso molte foto questo percorso, i progetti, le realizzazioni ed i protagonisti, con una grafica minimale ma non banale.
All’interno di un ambiente dimensionalmente piccolo, l’arredo è stato disposto lungo un perimetro, lo stesso perimetro che delimita la logica dell’abitazione.
L’esigenza di riordinare viene risposta tramite l’estrema disciplina. Modularità e proporzione caratterizzano gli ambienti che divengono certi e affidabili.
Lo spazio lasciato libero è lo spazio del vivere quotidiano, dello spostarsi e dell’interpretare a proprio modo un percorso indipendente da logiche pre-confezionate…
Un unico criterio di disposizione corrisponde necessariamente ad un unico materiale di esecuzione: Tecnopan Abete lamellare 3 strati… Utilizzato nell’edilizia… Può essere impiegato per armare un muro o per creare arredo “estetica del riutilizzo”. Questa scelta rende l’ambiente continuo e primitivo senza interruzioni e disequilibri.
Il rivestimento è indipendente dalla parte impiantistica elettrico/idraulica, che risulta perforare la pelle del perimetro per adempiere alla propria funzione. La scelta di due soli materiali, quali pietra e legno, semplifica i mezzi espressivi , lo sforzo è di attribuire ad essi il significato del “ tutto” . Partendo da un presupposto completamente diverso da quello della “ pelle ”, l’uso del legno quale sfondo principale deriva dal completo rifiuto della mediocrità e convenzionalità degli alloggi, privi di una qualsiasi identità, con cui ci dobbiamo spesso confrontare.
Creiamo arredi dotati di personalità propria che mostrano nei loro dettagli, quali fresature ed incastri, traccia del loro percorso costruttivo. In questo continuum identitario , liberati da ogni vincolo, poggiano pesanti sul fondo monotono, elementi cementificati in pietra grigia che dialogando con i piani orizzontali color cemento, donano peso, staticità e austerità.
Marçio Tolotti_Sao Mateus do Sul 1979_Brasile__Laureato in Architettura al Politecnico di Milano – campus Leonardo – pratica il mestiere con articolato linguaggio grafico visivo. Conclusa la scuola d’arte approfondisce la tecnica del disegno a tratto diretto, dei modelli per l’architettura, scultura e fotografia. L’essenzialità del segno è chiarezza di concetto. Dalla perizia come disegnatore per auto modelli seguita all’esperienza nel settore edilizio, acquisisce metodo e capacità nell’organizzazione del progetto. L’attenzione è rivolta all’essenza delle cose, il concetto stesso di estudo quarto esprime il ritorno ai bisogni primitivi.
http://europaconcorsi.com/people/2144619899-marcio-tolotti/projects/
http://estudoquarto.blogspot.com/
@marciotolotti
Il settore dell’architettura vive una fase di evoluzione permanente: nello specifico, si tratta di uno scenario in cui emergono sempre nuove esigenze di tipo abitativo civile (per i privati) e di tipo business (per le superfici retail, per le sedi aziendali e per location di eventi), uno scenario complesso che vede impegnati diversi professionisti nel realizzare progetti ad hoc per l’organizzazione ottimale e funzionale degli spazi. Ne parliamo con l’architetto Andrea Tornaghi, monzese, classe 1967, professionista con un significativo background maturato sia in Italia che all’estero negli ambiti edilizia, ristrutturazioni, interior design, retail and hospitality design, certificazioni energetiche e industrial design.
Dottor Andrea Tornaghi, oggi, cosa significa essere architetto?
“Essere architetto è un privilegio che porta con sé molte responsabilità. Significa poter inventare ogni giorno spazi e oggetti nuovi, ma, soprattutto, confrontarsi con chi dovrà fruire ciò che noi, per suo conto, progettiamo. Il “Design”, non solo industrial, deve rispettare sia forma che funzione, troppo spesso, quest’ultima, dimenticata. Significa anche, sempre di più, attenzione ai nuovi materiali e tecnologie: solo pochi anni fa, nessuno sapeva cosa fosse un “cappotto” e, ora, costruiamo case con consumi energetici estremamente ridotti e sempre più orientate verso l’autosufficienza energetica”
Che ruolo svolge l’architettura nell’ambito della società contemporanea?
“Davvero una bella domanda. L’architettura è portatrice di una forza dirompente, è una delle ultime discipline umanistiche in grado di cambiare il nostro modo di vivere e il nostro territorio. Nel corso dei secoli, ha prestato la sua arte sia per luoghi di culto che per fortificazioni ed edifici monumentali e celebrativi. Oggigiorno, perlomeno in Italia, sembra un po’ svilita quasi fosse inutile. I nuovi monumenti sono diventati i centri commerciali e le amministrazioni non si prodigano di certo per creare veri luoghi di aggregazione e concreti spazi pubblici. Sono stato di recente a Barcellona ed è stata una boccata d’aria: la città vive e ogni edificio pubblico è pensato per la collettività anche negli spazi accessori. Quanto ai centri commerciali di cui sopra, è stato appena inaugurato in Piazza di Spagna quello realizzato dalla mano di Foster al posto della Plaza de Toros o, meglio, dentro di essa: un esempio di come sia possibile integrare una funzione nuova e moderna nel mezzo della storia della città”
In base alla sua pluriennale esperienza, come nasce un progetto architettonico e quali sono le sue principali linee guida?
“La partenza sono le necessità del cliente e i suoi desideri che trovano espressione e guida nel nostro intervento. Sia che si tratti di un’abitazione, di uno spazio retail o di un albergo, muovo dai volumi, dal generale scendendo, poi, via via fino al minuto particolare. Ci sono però idee che permeano di sé il progetto fin dall’inizio, quali i materiali che si intendono usare o il tipo di percezione che si desidera avere dei volumi”
A suo avviso, quale deve essere il risultato finale di un progetto architettonico?
“Il benessere. Come dicevo prima, l’architettura influenza la nostra vita e lo fa spesso fisicamente. Le faccio un esempio: a Milano, in Via Montenapoleone, c’era un negozio di Versace estremamente decorato, in stile neoclassico del quale molti sono stati detrattori. Gli spazi erano però molto ben progettati e soprattutto vi erano armonia e proporzione: dentro quel negozio si stava molto rilassati, a proprio agio. L’obiettivo era stato raggiunto completamente. Per contro, vi sono edifici che ci fanno stare male: a Basilea, vi è lo Schaulager, edificio progettato come magazzino di opere d’arte, aperto per alcuni mesi l’anno come museo. L’edificio è interessante, senza dubbio un ottimo magazzino, ma, per il visitatore, risulta stressante e claustrofobico: durante la visita, sono stato colto da nausea crescente, scomparsa una volta uscito all’aperto”
Sul versante dell’impatto visivo, che cosa deve comunicare ai propri fruitori la realizzazione finale di un progetto architettonico ottimale?
“Non credo ci possa essere una risposta univoca a questa domanda. Ognuno di noi ha una propria sensibilità estetica, a volte, molto sviluppata e, altre volte, pochissimo sviluppata. Inoltre, differenti sono le richieste in partenza. In linea generale, dovrei rispondere “appagamento” per il risultato raggiunto: qualcosa che rispecchi e, se possibile, superi le aspettative del cliente. Si tratta di fattori quali la freschezza per un negozio, l’autorevolezza per uno studio legale, la magnificenza per uno spazio celebrativo…”
Lei è anche designer di interni, in particolare, per il settore furniture. Quale deve essere il valore aggiunto di un prodotto di design?
“La comodità, la semplicità e la logica di fruizione. Un qualsiasi prodotto viene prima disegnato e il riconoscimento del creatore è storia recente. C’è stata una corsa all’oggetto di “design” inteso come accattivante, strano, esteticamente riuscito: in questo ambito, Alessi ha fatto storia. Questo ha, però, portato all’esasperazione e alla riduzione, spesso, del design a una valenza puramente estetica, mentre è vero il contrario: la parte tecnica ha un’enorme importanza. Quindi, il valore aggiunto, ciò che rende un prodotto di design degno di tale nome è il perfetto amalgama tra forma e funzione, quasi diventassero una cosa sola”
In assoluto, qual è il progetto al quale lei sente di essere maggiormente legato?
“In realtà più di uno, ma forse l’ultimo, che mi sta dando molte soddisfazioni. Una ristrutturazione di un edificio industriale trasformato in residenza dove la sintonia con la committenza è stata totale e in cui abbiamo potuto utilizzare materiali naturali come il sughero e la lana e ci siamo confrontati con spazi forse rigidi ma ampi: con una serie di aperture, abbiamo realizzato dei cannocchiali per cui da ogni locale si leggono due, tre piani in profondità e si percepisce come un costante fluire di un locale dentro un altro, fino al giardino”
Dall’architettura industrializzata a quella solare. Baraclit è stata una delle prime aziende a interpretare, traducendola in qualità concreta, l’evoluzione dai capannoni agli edifici evoluti. Con una costante nel suo percorso: lo stile. Prefabbricati belli e tecnologicamente avanzati. Ne sono chiaro esempio la sede di Maglificio Gran Sasso (Teramo), il cui progetto è stato premiato con “Menzione d’Onore, Medaglia d’Oro all’Architettura Italiana 2009”, e l’impianto fotovoltaico SolarLAB da 2,5 MW realizzato da Baraclit sul tetto dello stabilimento produttivo di Bibbiena (Arezzo).
Baraclit dal 1946 ha conquistato la leadership nel settore dell’edilizia industrializzata perché ha saputo inventare ciò che prima non esisteva: ha introdotto il concetto del bello nella prefabbricazione. Il sistema di copertura Aliant, primo tegolo alare della storia, unico per le sue caratteristiche tecniche e architettoniche, è ancora oggi un’icona di stile, scelta dai maggiori studi di architettura per la leggerezza del suo profilo curvilineo, che ne consente impieghi versatili e di valore estetico. Il prefabbricato come architettura: luce e design ma anche confort e funzionalità.
Pur utilizzando componentistica seriale, frutto di elevata ingegnerizzazione dei processi industriali, Baraclit riesce a offrire soluzioni raffinate ed eleganti, con il vantaggio competitivo di ridurre tempistica di cantiere e sforzo economico. La prestigiosa realizzazione per Maglificio Gran Sassoa Sant’Egidio alla Vibrata (TE), firmata dalla mano creativa e progettuale dell’architetto Guido Canali, ha ottenuto il massimo riconoscimento nel panorama delle opere di architettura italiane e ampio successo di pubblico, riscontrando gli apprezzamenti delle riviste tecnico-specialistiche Casabella, Arketipo, Inbeton. Un edificio di nuova generazione dove stile, qualità e forza costruttiva si sono incontrate ed espresse in tempi di montaggio e costi contenuti.
Baraclit però, si è spinta oltre. Il 2009 segna il passaggio dall’architettura industriale all’Energy Building. La divisione b.POWER e il laboratorio SolarLAB, dedicato allo studio e all’applicazione delle tecnologie fotovoltaiche all’edilizia prefabbricata, testimoniano in forma tangibile la svolta ulteriore. Perché l’architettura non può limitarsi solo alle facciate dell’esterno e ai locali interni. La sfida più difficile si vince sul tetto. La risposta che oggi Baraclit presenta sono coperture solari evolute, una ricca gamma di tipologie architettoniche dalle grandi luci, elevata resistenza meccanica ed efficienza termica, con possibilità di accogliere moduli fotovoltaici e massimizzarne la potenza. I diversi sistemi costruttivi prevedono sia elementi di copertura curvilinei, piani che a shed (dal bestseller Aliant, al sistema b2000, al nuovo b2000 light appositamente concepito per il fotovoltaico) e permettono tutti con soluzioni funzionali ed estetiche di pregio, la perfetta integrazione di impianti solari.
Baraclit dal 1946 è protagonista riconosciuta e stimata nel settore dei prefabbricati in cemento per l’edilizia industriale e commerciale. Con una superficie produttiva di 300.000 mq e oltre 350 dipendenti, l’azienda serve il territorio nazionale e i Paesi esteri limitrofi dallo stabilimento di Bibbiena (AR), il più grande centro di prefabbricazione italiano. Baraclit si è affermata nel panorama dell’architettura industriale lanciando sul mercato strutture rivoluzionarie per innovazione, duttilità applicativa e valore aggiunto. Tra i moltissimi tentavi di imitazione, il sistema Aliant si distingue ancora oggi per l’unicità delle sue caratteristiche costruttive, architettoniche e per l’esclusivo sistema di impermeabilizzazione. Baraclit, in 65 anni di storia, ha all’attivo 15.000 strutture realizzate, oltre 22 milioni di mq coperti con un fatturato annuo di 70 milioni di euro e 2 prestigiosi premi di architettura vinti a livello nazionale, per le sedi di Prada Shoes Factory (Montegranaro, AP) e di Maglificio Gran Sasso (Sant’Egidio alla Vibrata, TE).
b.POWER è la nuova divisione Baraclit concepita per lo studio e l’integrazione dell’energia da fonti rinnovabili nel campo dell’edilizia prefabbricata. Nasce nel 2009 con l’esperienza concreta di SolarLAB, il laboratorio solare per l’industria realizzato nella sede Baraclit di Bibbiena (AR), e oggi tra i più grandi e innovativi impianti fotovoltaici integrati a tetto in Italia. Con un portafoglio impianti di 11 megawatt di potenza e 150.000 mq di “coperture solari” in oltre 30 siti industriali sparsi su tutto il territorio nazionale, la divisione b.POWER è presto divenuta centro di ricerca d’eccellenza sull’energia solare e voce autorevole nel settore dell’Energy Building.b.POWER studia, progetta e realizza edifici prefabbricati autosufficienti, mettendo a disposizione del cliente il patrimonio unico di conoscenze e sperimentazione diretta di SolarLAB e le esclusive tecnologie costruttive di Baraclit (sistemi Aliant® e b2000®).
Como, 25 Ottobre 2010, progeCAD Architecture è un software per la progettazione architettonica che permette di realizzare con facilità tutte le fasi del disegno di edifici, dalla creazione del modello al rendering, fino alla simulazione di passeggiate virtuali.
progeCAD Architecture combina la semplicità dell’interfaccia e le funzionalità standard dei più diffusi programmi CAD con la sofisticata tecnologia di progettazione ad oggetto BIM (Building Information Modeling).
Grazie alla struttura BIM di ultima generazione, progeCAD Architecture fornisce un potente strumento di progettazione avanzata e di modellazione, applicato direttamente al modello 3D.
Attraverso l’impiego di strumenti BIM l’utente può velocemente testare diverse soluzioni progettuali per identificare le migliori.
La progettazione architettonica è ulteriormente facilitata da un fotorealismo di alta qualità, animazioni fluide 3D/4D e molto altro (schede materiali, componenti topografici, ecc.)
“progeCAD Architecture è uno strumento estremamente utile ed economicamente vantaggioso”, ha dichiarato Dino Spatafora Dir. Comm. Italia,”una soluzione poco dispendiosa che permette di ridurre tempi e costi di apprendimento, di supporto e di manutenzione”.
About progeSOFT:
Software house specializzata da 25 anni nello sviluppo e nella distribuzione di software CAD (Computer Aided Design).
progeSOFT è un membro fondatore dell’ITC (IntelliCAD Technology Consortium) e presente nel comitato esecutivo dell’ITC.
E’ possibile contattare progeSOFT attraverso il sito www.progesoft.com
Como, 25 Ottobre 2010, ICADMac, il nuovo CAD DWG nativo per Mac OS X, verrà presentato al SAIE di Bologna (dal 27 al 30 ottobre 2010 – Pad. 33 Stand A21).
ICADMac è la nuova proposta per tutti gli utenti che lavorano con Mac e sono alla ricerca di un CAD Alternativo.
Architetti, ingegneri e disegnatori che generalmente utilizzano un Mac saranno impressionati dalla prova di ICAMac per la combinazione di ottime prestazioni e prezzo contenuto.
ICADMac è il nuovo software che permetterà agli utenti di lavorare in formato nativo DWG su Mac OS X.
Inoltre, ICADMac va ben al di là della semplice compatibilità con il formato DWG e presenta decine di funzionalità extra come: gestione immagini Raster, costruzione ed editazione tabelle, express tool layer e modellazione 3D.
Per tutta la durata dell’Evento, presso il Padiglione 33 – Stand A21, i tecnici di progeSOFT saranno a disposizione degli utenti per mostrare le potenzialità dei nuovi software.
“E’ una grande soddisfazione poter presentare in anteprima al SAIE il primo CAD nativo DWG su Mac OS X in lingua italiana”, ha dichiarato Dino Spatafora Dir. Comm. Italia,”perché da oggi anche per gli utenti Mac diventerà semplice utilizzare un programma CAD DWG”.
About progeSOFT:
Software house specializzata da 25 anni nello sviluppo e nella distribuzione di software CAD (Computer Aided Design).
progeSOFT è un membro fondatore dell’ITC (IntelliCAD Technology Consortium) e presente nel comitato esecutivo dell’ITC.
E’ possibile contattare progeSOFT attraverso il sito www.icadmac.com
Designer e architetto con un’anima da urbanista. L’ex allievo di Sottsass disegna nuovi stili di vita ecosostenibili, alla base del suo lavoro strategia e narrativa
È un designer e un architetto, ma non ama essere classificato né come l’uno o né come l’altro perché Il mondo della progettazione interessa in modo indifferente sia l’architettura che il design. Aldo Cibic, nato artisticamente con Memphis e Ettore Sottsass negli anni ‘80, oggi è più famoso come urbanista, come l’ha definito il critico Alberto Bassi, e lui non rinnega questa nuova sfida professionale. Prima disegnava oggetti, oggi – complice la crisi – interpreta nuovi modi di abitare e riscopre gli antichi valori: la natura, le stagioni, l’orto davanti a casa. Una vita insomma lontana dal traffico e dalla città, immersa nei Paesaggi rurali, per citare un vecchio progetto, circondata solo da ciò che davvero serve. Via il superfluo, quindi. E nel superfluo annovera anche prodotti nati più dallo svago di un designer che da un reale bisogno.
Le parole di Cibic riecheggiano il movimento di Maurizio Pallante, la Decrescita Felice, della quale però condivide i principi ma non lo slogan. E spinto da una nuova sensibilità verso il mondo naturale, lavora a More with less: progettare un villaggio nella campagna vicentina, perché le persone si innamorino di un film.
Lei è conosciuto come designer e come architetto: si sente più l’uno o più l’altro?
È tipico della mentalità italiana voler fare una distinzione tra l’architetto e il designer. Però è sbagliato: il mondo del progetto è tutt’uno. L’architettura è una disciplina progettuale che si muove a 360° gradi e a me piace disegnare oggetti d’arredamento quanto nuovi modi di vivere. Io non mi sento né l’uno né l’altro: come designer studio le tecniche, come architetto analizzo il quadro generale; mentre il design crea un oggetto che viene poi vissuto da fuori, l’architettura valuta il rapporto con le funzioni. Pensiamo ad esempio a una sedia: interagisce con l’uomo proprio perché viene usata per sedersi, ma è un oggetto tridimensionale che viene guardato dal fuori, dall’esterno, mentre le opere architettoniche implicano una relazione tra spazi, funzioni e persone e quindi una relazione con il quadro generale.
Nel 2007, in occasione de I Giovedì del design organizzati dalla Design Library, lei ha detto Non sono capace di creare o reinventare dei modelli per fare un design che si esprime attraverso la forma o lo stile, io sono interessato a un tipo di creatività sulla strategia: che cosa significa?
Non mi limito a realizzare ad esempio una sedia per un cliente, ma mi approccio al lavoro in modo diverso, mi pongo su un altro piano e mi chiedo: a me cosa piacerebbe creare? A me cosa piacerebbe vedere? Che cosa non c’è? Che cosa ancora non è stato creato? Che cosa serve? Parto da un’analisi, è quello che gli inglesi chiamano Il design thinking: non lavoro se prima non ho un’idea della società in cui viviamo e di quello che alla società può servire oggi. Il design nasce da una strategia: bisogna pensare a una storia narrativa intorno all’oggetto. Strategia e narrativa, quindi, sono alla base del lavoro di un designer.
Non sono un’archistar, ma non sono d’accordo con l’architetto Enzo Eusebi. Sono favorevole alle architetture totemiche perchè danno visibilità alle piccole città
Che cosa pensa del dibattito sulle archistar?
Questo dibattito è sia positivo che negativo. È molto positivo poiché focalizza sull’architettura l’attenzione dei media ma anche delle persone. Il pubblico sta iniziando a capire che l’architettura è viva, è l’architettura che disegna le nostre città. Ecco la parte buona o positiva di questo dibattito. Ciò che non è positivo, invece, è il fatto che spesso l’enfasi viene posta sulla persona e non sull’architettura. Mettiamola così: puoi amare un film con un grande attore come protagonista ma potrebbe non interessarti sapere i dettagli della vita amorosa del grande attore in questione.
Lei è un’archistar?
Non sta a me dirlo, ma alcune persone mi reputano un’archistar.
E lei? Non si considera come tale?
No, non sono un’archistar. Mi reputano un’archistar, ma non lo sono. Non mi interessa essere sotto i riflettori.
Chi sono le archistar?
Beh, vediamo… il miglior esempio è Zaha Hadid. Brava e importante, conosciuta da tutti, è sempre sotto i riflettori, al centro dell’attenzione.
Mi ha citato una donna. E un uomo?
Sicuramente Frank O. Gehry.
Perché?
Frank O. Gehry e Zaha Hadid sono i due architetti più famosi al mondo. Vogliono però essere noti e conosciuti, si rendono accessibili ai media e alla stampa.
Gli architetti Vittorio Gregotti, Paolo Portoghesi e Mario Botta dicono che l’appellativo archistar sia un po’ offensivo. Lei cosa pensa?
È molto interessante il fatto che questi architetti, che ritengono l’appellativo offensivo, appartengano in realtà a un’altra era, a un altro periodo. Cosa intende?
Oggi siamo nell’era della cultura globale, nell’epoca di internet. Gli architetti Gregotti, Portoghesi e Botta, invece, appartengono all’era della cultura locale, un’epoca diversa, in contrapposizione rispetto a quella moderna. Sono rimasti indietro?
È il mondo che è progredito. Questi architetti sono molto bravi, il loro lavoro è buono, ma oggi l’architettura solleva nuove questioni, diverse, di carattere globale. Loro, invece, si approcciano all’architettura ancora in modo tradizionale.