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Ripartono i workshop e seminari alla exfabbricadellebambole, Milano

Ripartono i seminari e workshop di exfabbricadellebambole con relatori d’eccezione. Il primo appuntamento è per il 22 Settembre alla sua dodicesima edizione:
L’ARTISTA OGGI: UNA NUOVA PROFESSIONALITA’. Obiettivo del seminario: Consigli pratici agli artisti esordienti e non.
Domenica 22 settembre – dalle h. 10 alle 19
Relatore:
Nicola Maggi, giornalista e storico dell’arte specializzato in mercato dell’arte, economia della cultura e collezionismo, fondatore del blog Collezione da Tiffany.
Il secondo incontro è previsto nei giorni 28 e 29 Settembre:
“Conoscere i segreti dell’Arte Divinatoria che aiuta a sviluppare “l’intuito” attraverso i simboli.”
Un viaggio di conoscenza nell’arte, storia e psicanalisi condotto dal Prof. Andrea Vitali, uno dei ricercatori internazionali, fondatore dell’Associazione “Le Tarot” che da anni organizza seminari, stage, mostre in collaborazione con i maggiori esponenti istituzionali e musei di tutto il mondo.

Informazioni e modalità d’iscrizione sul sito: http://www.exfabbricadellebambole.com/workshop-e-seminari/

– Dott.ssa Paola Patanè – Ufficio Stampa
– exfabbricadellebambole
Tel. 377.1902076
Fax. 02.36.522.487
Mail: [email protected]
http://www.exfabbricadellebambole.com

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“Il borgo del Calendimaggio”: i cugini Perondi alle prese con un giallo in un piccolo borgo toscano

Il libro di Rosamaria e Andrea Perondi s’intitola “Il borgo del Calendimaggio” e concentra in un piccolo paese della Toscana un microcosmo di personaggi che sembrano essere lo specchio della storia italiana. Il romanzo dei cugini Perondi intreccia con uno stile molto interessante eventi, spazi e tempi molto differenti tra loro. Il libro è in vendita in tutte le librerie e si può acquistare anche on line sui migliori store di libri.

Il romanzo inizia con con due ragazzi che, in piena seconda guerra Mondiale, organizzano un’imboscata ai danni di un Colonnello tedesco che si appresta a rientrare in patria con il maltolto alla gente del posto.

“Il borgo del Calendimaggio” di Rosamaria e Andrea Perondi parte da qui, ma subito si sposta altrove. Si sposta agli anni ’80, nelle giornate del commissario Conti che deve cercare di far luce su un misterioso delitto avvenuto nel paese toscano. “Il borgo del Calendimaggio”, però, è un posto al quanto singolare dove tutto e tutti sembrano essere la trasposizione di qualcos’altro. Nessuno nel borgo sembra essere limpido e questa è la difficoltà più grande che incombe sull’indagine del commissario Conti.

La bravura di Rosamaria e Andrea Perondi sta nel tenere sempre il filo della trama, nonostante i molti personaggi e gli eventi che accadono nel corso della narrazione. Un romanzo interessante, avvincente e riflessivo che invita a fare quattro passi in uno scorcio di vita di paese molto interessante.

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“Incontri con l’autore – Anteprima Premio Tarquinia Cardarelli 2012”

Roberto Andò, Maria Rosa Cutrufelli, Marcello Fois ed Edoardo Albinati: saranno i primi quattro prestigiosi ospiti della nuova edizione di “Incontri con l’autore”, il ciclo di appuntamenti letterari che precede e introduce al “Premio Tarquinia Cardarelli”. La sala consiliare del palazzo comunale sarà nei sabati di ottobre e novembre (ore 18.00, ingresso libero) il salotto della rassegna, che vedrà la presenza del direttore del premio Massimo Onofri e, alternarsi alla conduzione, il critico e giornalista Filippo La Porta e il critico Raffaele Manica. “Incontri con l’autore” confermerà il rapporto speciale con gli studenti delle scuole superiori della città, che avranno la possibilità di conoscere e parlare con i protagonisti della manifestazione. Regista di teatro di prosa, lirica e cinema, Roberto Andò aprirà il 6 ottobre l’iniziativa dialogando con Filippo La Porta sui temi de Il trono vuoto (Bompiani, 2012), «un affresco sull’Italia di oggi, una favola filosofica sulla politica e i misteri della vita (così si legge nella recensione)», vincitore del “Premio Campiello Opera Prima 2012”. Il romanzo è l’opera scelta per la sezione “recensione nelle scuole superiori”, alla quale hanno aderito gli istituti di Tarquinia e di Montefiascone. Il 13 ottobre sarà protagonista la scrittrice e giornalista Maria Rosa Cutrufelli, che converserà con Raffaele Manica su I bambini della ginestra (Sperling & Kupfer, 2012), finestra sul 1° maggio del 1947 quando, a Piana degli Albanesi, la festa dei lavoratori è soffocata nel sangue dai mitra del bandito Salvatore Giuliano e le vite di due ragazzini, testimoni muti dell’accaduto, sono sconvolte dalla tragedia che li unisce al tempo stesso li divide fino al 1972, alla vigilia della sentenza che, almeno in parte, renderà loro giustizia. Scrittore, commediografo e sceneggiatore, Marcello Fois si confronterà il 20 ottobre con Filippo La Porta su Il tempo di mezzo (Einaudi, 2012), «uno dei più robusti romanzi di questa stagione (…) un romanzo dalla solida epica, una storia dove le azioni originano fatti definitivi, dove il narrare di Fois è intessuto di forti echi omerici (scrive Michele De Mieri sull’Unità)», finalista al “Premio Strega 2012”. Scrittore e insegnante al penitenziario di Rebibbia, Edoardo Albinati chiuderà il 27 ottobre il primo mese di “Incontri con l’autore”, discorrendo con Raffaele Manica su la Vita e morte di un ingegnere (Mondadori, 2012), libro in cui ricostruisce nell’Italia del boom economico il ritratto del padre, inseguendone la parabola umana negli anni dell’affermazione e poi nel doloroso epilogo. L’opera ha vinto il “Premio Mondello 2012” e il “Premio Dessì 2012”. “Incontri con l’autore” è una manifestazione organizzata dal Comune di Tarquinia con il sostegno della Regione Lazio, della Provincia di Viterbo, della Camera di Commercio Viterbo, di Unindustria e della Cassa Edile Viterbo.

 

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Bruno Elpis intervista Gianluca Morozzi per Malgradopoi

Gianluca Morozzi, autore di libri di successo come L’era del porco e Spargere il sale, ha rilasciato un’intervista a Bruno Elpis in cui parla degli esordi, dei riconoscimenti e delle critiche, di musica, dei suoi gusti letterari e del prossimo libro in uscita ad agosto.

Con la simpatia che lo contraddistingue e che ben conoscono i suoi lettori, Morozzi racconta del primo racconto pubblicato su Starmagazine nel 1990 e del battesimo in libreria, avvenuto con il romanzo Despero nel 2001, grazie alla casa editrice Fernandel.

Sull’impatto con l’editoria italiana dice: “Quello è stato facile: ho spedito il mio primo romanzo a un solo editore (Fernandel) e dopo un mese mi ha detto che lo avrebbe pubblicato”. Non rifiuta poi un consiglio a chi desidera pubblicare un suo scritto: “..cercare con cura l’editore giusto. C’è internet ad aiutarci in queste cose, è facile!

Da Massimo Carlotto il più bello tra i commenti che ricordi – “tu sei un fottuto genio!” riferito dopo la lettura di Blackout – oltre quelli tributati dai lettori, mentre tra le critiche non ha dimenticato una battuta al vetriolo di una signora, molti anni fa.

La musica è una costante dei libri di Gianluca Morozzi (chitarrista): è presente in diverse forme in Cicatrici, Accecati dalla luce, Colui che gli Dei, Bob Dylan spiegato a una fan di Madonna e dei Queen. Fino all’aspirante cantante Angie, protagonista dell’ultimo romanzo, Chi non muore, personaggio ispirato dall’omonima canzone dei Verdana.

Il prossimo romanzo dello scrittore uscirà ad agosto 2012 per Guanda e sarà scritto a quattro mani con Heman Zed. Il titolo resta per il momento indefinito, ma qualcosa della storia è stato svelato: “..sarà un’odissea tragicomica su e giù per l’Italia, tra editori bipolari, lettori schizofrenici, loschi uffici stampa..”.

Approfondimenti: l’intervista integrale è accessibile all’indirizzo http://www.malgradopoi.it/letture-consigliate/intervista-a-gianluca-morozzi

Fonte CS: Bruno Elpis intervista Gianluca Morozzi

Francesco D’Agostino
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Anche gli scrittori hanno la loro agenda

L’agenda cartacea continua a restare uno strumento che non è sempre sostituibile da quella elettronica, soprattutto in ambiti specialistici, che richiedono una struttura delle pagine finalizzata all’inserimento di informazioni settoriali. Partendo da questa considerazione, la casa editrice Gruppo Edicom ha annunciato l’uscita di “Io l’autore 2010 – L’agenda degli scrittori”, un volume particolarissimo e di nuova concezione, che tiene conto delle esigenze degli autori di opere letterarie, per la cui soddisfazione risultano inadeguate le agende tradizionali.
Altri prodotti editoriali del genere, specificamente orientati agli scrittori, erano apparsi anni fa sul mercato, sparendo poi tuttavia rapidamente essendosi rivelati poco più che delle guide su come scrivere o proporsi per la pubblicazione; insomma, sono risultati solo utili manuali. L’agenda degli scrittori di Gruppo Edicom è invece un’agenda in tutti i sensi, con le pagine riccamente illustrate nelle quali inserire annotazioni per ogni giorno dell’anno e, in più, sezioni specifiche per tenere traccia dettagliata e completa delle case editrici con le quali si intrattengono rapporti, dei contratti di edizione, dell’invio dei propri scritti in esame o per la partecipazione a premi. Completano l’agenda utili informazioni settoriali, con tutti i riferimenti aggiornati per i contatti e l’intero catalogo dei libri pubblicati dal 1995 da Gruppo Edicom.

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Presentazione libro: I taccuini di Ulisse

Dal catalogo della Caravaggio Editore
www.caravaggioeditore.it

ISBN 9788895437279
Autore: Paolo Manetti
Collana: Dissertatio
Genere: Aforismi e altri scritti
Pagine: 76
Uscita libro: Febbraio 2009

Descrizione: Più grande è il poeta, più è evidente l’impotenza dell’uomo, perché la sua opera chiarisce in modo insostenibile “che non si può”, che ci è negato il vero fare, che è concessa solo l’apparenza del fare.

Prezzo di copertina: 10,00 €

Paolo Manetti è nato e vive a Firenze. Ha pubblicato: La spola umana, Pisa, Biblioteca dell’Ussero, 1973; Vitam Imprendere Amori di G. Apollinaire, Biblioteca dell’Ussero, 1974; Sul metodo della Metamorfosi, Firenze, Vallecchi, 1975 (Premio Il Ceppo Proposte); Il Pomeriggio d’un fauno di S. Mallarmé, Torino, Einaudi, 1976; Storia di Oleron, Firenze, Vallecchi, 1978; Il Matrimonio del Cielo e dell’Inferno di W. Blake, Vallecchi, 1979 (Premio Casentino 1979 per l’inedito “Teoria della materia”); Disegni o della ragione minima, Vallecchi, 1980; Mallarmè in Italia e altri scritti, Vallecchi, 1984; I luoghi delle parole. Scritti sulla ragione poetica, Vallecchi, 1986; Lettera efesia, Firenze, Passigli, 1994 (Premio di poesia Contini-Bonacossi 1996); Autunno del Minotauro, Firenze, Passigli 2003; Lunario di molte vite, Lanciano, Carabba 2005. Con Caravaggio Editore ha pubblicato, nel 2009, I Taccuini di Ulisse. Aforismi e altri scritti.

LE PAROLE DELLA CRITICA:

La parola di Manetti si è venuta ritagliando, nei decenni, una couche decisamente appartata all’interno del molteplice fluire della lingua poetica novecentesca; del quale essa costituisce tuttavia una sorta di non esibito ma deciso controcanto. Proprio questa qualità di contrappunto, mentre in qualche misura la preserva dal confondersi nella koiné linguistica e immaginativa del nostro tempo (e in ciò è da scontare, forse, anche una riservatezza, persino una scontrosità e un gusto per la solitudine appartata che le derivano dalla disposizione esistenziale dell’auctor), ne fa al tempo stesso il sismografo acutissimo di quella sorta di tragico interdetto su cui si è fondata la sensibilità – e, direi, la marca distintiva – del moderno e che la contemporaneità ha vanamente e in tutti i modi cercato di annullare o superare. Quel vizio d’origine, quello scollamento irriducibile tra l’aspirazione a un destino maggiore riservato all’uomo e la coscienza della sua completa marginalità hanno continuato ad agire anche quando si è creduto di poterli occultare tra le pieghe di una tensione sublime verso l’oltranza, o – all’opposto – riducendo drasticamente il campo visuale a quanto di immediatamente tangibile fosse concesso alle capacità percettive e cognitive dell’uomo. In entrambi i casi – e nelle molteplici stazioni intermedie – il persistere anche solo di una increspatura del percorso, il senso della contraddittorietà, la percezione – magari oscura – del continuo allontanarsi dell’oggetto della tensione (o del suo improvviso sfaldarsi quando pareva lì, a portata di mano), tutto ciò rivela a chiare lettere come nella poesia della contemporaneità resti ben saldo un dubbio originario, il quale anzi ha finito per essere la marca costante e cometa scaturigine continua del suo stesso farsi e del suo stesso costruirsi come movimento. Così dell’auspicio con cui Montale chiudeva la dura ricognizione del mondo e del destino umano al termine degli Ossi di Seppia («cangiare in inno l’elegia; rifarsi; non mancar più») solo una parte avrebbe conosciuto consistenti tentativi di attuazione, quella relativa al superamento dell’autocompianto regressivo; mentre l’inno – il canto pieno di gioiosa aderenza – era destinato a rimanere completamente al di fuori dall’orizzonte e dai registri operativi della lingua novecentesca.

Manetti si inserisce da subito nell’agone poetico restando ben distante da quell’auspicio montaliano; in lui la prospettiva dell’inno è immediatamente cancellata dalla consapevolezza che o la parola poetica è in grado di costruire in sé un’alternativa sublime alla negatività del mondo, quello che resta altro non è che la minuta registrazione dell’insensato procedere delle cose, di una dura essenza materiale all’interno della quale il destino umano non ha vera funzione o specificità che lo differenzi da quello di ogni altra creatura – animale e vegetale o fossile che sia – di elemento in certo modo meccanico all’interno della catena divorante stabilitasi da sempre e per sempre tra essere e divenire. Storia di Oleron (1978) e Teoria della Materia (1980), i testi del suo esordio separati e insieme uniti dall’intermezzo più raccolto e apparentemente casuale di Disegni o della ragione minima (1980), sperimentano queste uniche possibilità. E lo fanno con scelte linguistiche e marcature stilistiche fortemente differenziate: alla nettezza di contorni del secondo, che mette in scena con apparente asettica distanza la consistenza puramente materia del mondo, eliminato ogni alone, spento ogni riverbero di qualsiasi divinità che non sia la pura necessità, si contrappone in un certo modo la ricchezza metaforica e la sperimentazione stilistico-immaginativa del primo. E su questo punto conviene forse soffermarci un poco per notare come anche a tale livello Manetti intrecci i propri percorsi con quelli a lui contemporanei, ma quasi con una tensione eversiva, da controcanto appunto. In Storia di Oleron, allora, può anche agire una qualche suggestione della messa in crisi del linguaggio e delle sue strutture operata in quegli anni dalla neoavanguardia e dalla teoremi della linguistica strutturale; ma, al tendenziale asemantismo e al clima da «morte della poesia» impliciti in quelle, egli contrappone la tensione verso una semanticità assoluta, di natura decisamente simbolica, che affonda le proprie origini e trova le proprie ragioni piuttosto nell’azzardo mallarmeano che non nella linea del piccolo cabotaggio realistico rivendicata da Sanguineti e da lui formalizzata – tra l’altro – nella sua Poesia italiana del novecento. Ma non è da pensare che, con ciò, il poeta fiorentino si costruisca una couche, una sorta di zona franca protetta dalle insorgenze e dalle minacce del mondo, in cui dare libero corso al proprio sogno mitopoetico di un io ancora «faunesco» in grado di assumere e riunificare nel diapason amplissimo della propria sensività i sensi riposti della natura e la frammentazione dell’essere. In realtà la stessa oltranza sperimentale di quel primo libro lascia intravedere la presenza di increspature, del dubbio – magari ancora inconsapevole – della difficile perseguibilità di quel sogno accarezzato. Non diversamente si potrebbero comprendere i testi immediatamente successivi, cui sopra facevo riferimento, nei quali la parola, abbandonata ogni mira delle altezze assolute, si appresta a mettere in scena e dare voce alla materia nella sua dura e inerte consistenza e ai molteplici e insensati frammenti dell’esistere. Quello cui Manetti di appresta, qui, a dare forma è una sorta di assoluto realismo del pensiero che interpreta il senso delle cose e della vita senza interporre alcun filtro, senza cedere ad altra lusinga che non sia quella del momentaneo calore di un affetto, dell’intenerimento per la caducità della diverse manifestazioni dell’esistere immerse nella freddezza meccanica di un cadere non direzionato: quasi un moderno De rerum natura, più frammentato e intermittente di quello lucreziano e con una capacità di stupore che solo a tratti tocca la corda dell’incondizionata ammirazione, e più spesso – invece – quella ben ardua e disperata del desolato sconcerto. […]

 Giancarlo Quiriconi

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