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Gianduiotto e babà: il dessert italiano e la storia

Oggi è possibile richiedere dolci a domicilio su internet o servirsi presso grandi market dedicati esclusivamente al dolce; il dessert viaggia sul filo della tv e del web, si lascia scoprire nell’arte del design e si concede al grande pubblico grazie a tutorial e libri di cucina. la tradizione dolciaria del Made in Italy è una delle più rinomate ed apprezzate al mondo e, anche se oggi il settore è stato completamente rivoluzionato, alcune ricette antichissime rimangono parte integrante del patrimonio culturale nostrano.

Ad esempio, dessert scolpiti nella storia e nella tradizione di due città simbolo come Torino e Napoli – ovviamente gianduiotto e babà – possiedono una storia affascinante, che si perde in parte nel gusto della leggenda, che li rende forse ancora più buoni.

Gianduiotto

Il gianduiotto è l’anima della città di Torino e ha una storia davvero affascinante. A inizio ‘800 Napoleone, che governava su tutto il Nord Italia, aveva imposto l’embargo dei prodotti inglesi e delle loro colonie. Di conseguenza, il prezzo del cacao divenne insostenibile, motivando i pasticceri dell’epoca a elaborare nuove soluzioni più economiche. A Torino, il cacao venne sostituito dalle nocciole tonde gentili delle Langhe, ingrediente fondamentale per la nascita, nel 1806, del gianduia, il cioccolato tipico delle zone chiamato come la maschera del capoluogo piemontese. Nel 1865 nacque invece il gianduiotto, in occasione delle celebrazioni del Carnevale. Il chocolatier dell’azienda Caffarel Michele Prochet aveva modificato la ricetta del gianduia e la utilizzò per confezionare un cioccolatino a forma di barchetta che riscosse successo immediato. Da quel momento, Torino e il gianduiotto non si sono più separati.

Babà

Il babà è essenza dello spirito e della storia napoletani, eppure la sua ricetta ha origini tutt’altro che nostrane. Stanislao Leszczyński, suocero di Re Luigi XV di Francia, era amante dei dolci ma privo di denti. L’allora Duca di Lorena e di Bar (siamo nei primi anni del XVIII secolo) era particolarmente appassionato di gugelhupf, un tipico dessert tedesco che risultava, però, difficilmente masticabile poiché troppo asciutto. Fu proprio il Duca ad avere l’intuizione di bagnarlo con del rum, in modo da renderlo più digeribile. La ricetta ebbe successo presso la corte fino a giungere in Francia, a Parigi, dove il noto pasticcere Nicolas Stohrer giunse accompagnato da Maria, la figlia di Stanislao. Lì il babà assunse la tipica forma a fungo e sempre lì venne conosciuto dai pasticceri napoletani che lo avrebbero esportato nella tradizione partenopea.

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Come nasce la ricetta del babà napoletano?

O babà è na cosa seria, cu babà nun se pazzea, cantava Marisa Laurito, showgirl napoletana, al Festival di Sanremo del 1989. E infatti il babà è catalogato come dolce tipico della tradizione partenopea, anche se l’origine della ricetta del babà non è propriamente campana. La storia non mente, e il babà napoletano, vanto e orgoglio di Napoli, non profuma di solo Vesuvio. I suoi natali, infatti, riecheggiano nelle origini e nella storia polacca, e nell’immagine di un Re, che per noia o per virtù, diede forma a uno dei dolci napoletani più deliziosi.

E chi era questo re? Stanislao Leszczinski, giovane re di Polonia dal 1704 al 1735, costretto per una sconfitta in guerra da Pietro il Grande, Zar di tutte le Russie, alla privazione del suo regno e relegato, successivamente, al piccolo Ducato di Lorena. E’ proprio qui che per alleviare le sofferenze della detronizzazione e per riempire il tempo libero a sua disposizione, re Stanislao amava alzare un po’ il gomito con vini prelibati e bicchierini di rhum e rimpinzarsi di dolci e pasticci che lo aiutassero, in qualche modo, a superare le amarezze della storia. Accontentarlo, però, non era per nulla facile: i pasticcieri del Ducato non avevano così tanta inventiva e le specialità del territorio era il solo kugelhupf, dolce tipico del lorenese, un dolce di pasta soffice si, ma del tutto spugnosa e asciutta.

Capita allora che re Stanislao, in un giorno di particolare noia e in preda ai fiumi dell’alcool, chiede qualcosa di delizioso ai suoi servitori per placare le sue insoddisfazioni. Al ripresentarsi del kugelhupf, la furia del re è tanta da scagliare via il piatto con i dolci. E’ qui che leggenda, destino e sorte si intrecciano. Il piatto, quasi per fatalità, va ad urtare la bottiglia di rhum posta in tavola, bottiglia che rovesciandosi ricopre la pasta lorinese, regalando, al dolce, un sapore e un colore del tutto diverso. L’invenzione del babà nasceva, così, in maniera del tutto magica e fortuita. E il nome del dolce? Re Stanislao, amante delle novelle di Le Mille e una Notte decise, di rendere omaggio ad uno dei protagonisti di quegli stessi racconti tanto amati, Ali Babà, da cui, appunto, Babà. Dalla Polonia a Napoli il passo non è poi così breve, ma è con i monsù, cuochi di corte che prestavano servizio presso le nobili famiglie, che il babà venne successivamente importato in terra partenopea dove assunse la caratteristica forma del fungo e divenne, quello che tutti noi conosciamo, come l’unico e solo babà napoletano.

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