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Assoelettrica: “Non possiamo pagare da soli il conto della crisi”

Tra crisi del settore elettrico, overcapacity e le recenti polemiche sul fotovoltaico, Assoelettrica chiede “equità” verso gli impianti termoelettrici. L’intervista di Chicco Testa alla Staffetta Quotidiana

Chicco Testa La polemica tra fotovoltaici ed elettrici “tradizionali” si è già surriscaldata, ma ancora non è del tutto chiaro di cosa si parli, quali siano le opzioni in campo. Opzioni che riguardano un problema comune: come gestire questa situazione di overcapacity. Cosa chiede Assoelettrica?

Intanto vorrei chiarire una questione personale. Oltre alla presidenza di Telit (una società che produce tecnologie per le telecomunicazioni, ndr) ho un’azienda che si chiama Eva. Sette-otto anni fa ho investito insieme a Franco Bernabè in una società di giovani ingegneri bresciani il cui obiettivo era la realizzazione di piccoli impianti idroelettrici. Sviluppare un impianto idro comporta una fatica considerevole perché ogni impianto ha una sua caratteristica, localizzazione, territorio, portata, geologia, idrogeologia ecc. Abbiamo fatto 4-5 impianti e poi ci siamo accorti degli incentivi al fotovoltaico e abbiamo investito. È una cosa molto più semplice, gli impianti sono tutti uguali. Il primo lo abbiamo fatto con l’aiuto di un Epc, poi ci siamo resi conto che l’ingegneria è semplicissima e ce li siamo fatti in casa.

I pannelli li avete comprati in Cina?

Ovviamente. E abbiamo realizzato 13 MW. Quando guardo i conti… facciamo 7 milioni di fatturato di cui 5 di Ebitda.

Tornando al punto: cosa chiedete per uscire da questa situazione?

Quando sono arrivato in Assoelettrica mi sono reso conto dello sconquasso che il sistema aveva subito. Una buona parte della situazione è compromessa. Il danno più grosso, ancor prima della questione dei costi, è quello prodotto sul sistema elettrico nazionale. La riforma Bersani era ottima (la liberalizzazione del mercato elettrico con il dlgs 79/99, ndr), ha spinto le aziende a fare investimenti importantissimi che hanno rinnovato completamente il parco termoelettrico italiano. Quando eravamo pronti a fare la nostra parte – tra l’altro con il prezzo del gas che scendeva – è arrivata questa botta che ha cambiato le carte in tavola e ha fatto sì che il mercato libero praticamente non esista più. Il 50% circa dei volumi e il 60% del fatturato del settore deriva da vari regimi amministrati. Insomma, il mercato contendibile si è ridotto a un 50% circa in termini di volumi e in termini di fatturato al 40% circa. Da questa situazione non risaliremo più, o comunque ci resteremo a lungo.

Sul Corriere della sera e su Repubblica sono usciti qualche giorno fa due articoli (un editoriale di Alesina e Giavazzi e un commento di Iezzi) che chiedevano, rispettivamente, il taglio retroattivo degli incentivi alle rinnovabili e la revisione degli oneri di sistema. È d’accordo?

Non voglio trasformare questa storia in una battaglia. Intanto bisogna mettersi d’accordo su cosa vogliamo. Per me è chiaro che l’Italia ha due obiettivi di politica energetica. Il primo è avere l’energia. Su questo punto siamo tutti d’accordo ma dieci anni fa questo non era un problema banale. Il secondo è avere energia a basso costo. E su questo non c’è accordo. Certo, abbiamo gli impegni di Kyoto e quelli assunti in sede europea, ma le cose andavano fatte in maniera completamente diversa. È stato fatto uno spreco di proporzioni gigantesche. Poi bisogna mettersi d’accordo sui numeri. Come si fa a sostenere che il fotovoltaico porta benefici sui prezzi dell’energia per 1,4 miliardi (il riferimento è al rapporto Irex di Althesys, ndr v. Staffetta XXX)? È chiaro che se aumento l’offerta di energia in determinate fasce, in quelle ore il Pun scende. Il problema è: quanto ho pagato per ottenere questo? Potrei fare anche energia con Chanel n. 5, e l’effetto sarebbe lo stesso, se qualcuno mi pagasse il profumo. Ma quanto mi costa? Senza contare che l’Italia è l’unico Paese che paga sia l’incentivo che l’energia. Un altro punto da chiarire è che non c’è un risparmio sul gas non importato, perché ai produttori fotovoltaici, quando prendono il prezzo marginale, paghiamo un prezzo che comprende anche quello del gas. Io chiedo equità per quanto riguarda gli impianti termoelettrici.

Quindi la soluzione è un capacity payment? E come finanziarlo?

Che l’Autorità per l’energia prenda in considerazione tre fattori fondamentali. Il primo è la sicurezza del Paese, cioè quanti impianti servono prendendo in considerazione il caso peggiore, quello in cui piove e non c’è vento e quindi non c’è produzione da rinnovabili intermittenti.  Il secondo è la riserva e il terzo la flessibilità che gli impianti devono garantire per adattarsi alla curva di carico che viene determinata in gran parte del giorno dalla presenza o dall’assenza degli impianti fotovoltaici. Quanto costa tutto questo? Non lo so e non spetta a me dirlo. Sono le stesse condizioni che l’Autorità ha già considerato con le gare che vanno fatte quest’anno per il 2017. Ma da qui al 2017 c’è il rischio che una grande quantità di impianti termoelettrici vengano fermati. Insomma, mi sembra che sia giusto che il transitorio venga affrontato secondo questi principi. C’è poi da considerare che nella legge Sviluppo c’è un comma che dice che tutto questo deve avvenire senza oneri ulteriori per il sistema. Su questo sono d’accordo perché altrimenti ammazziamo i consumatori. E quindi i soldi devono essere presi con equilibrio e restando dentro il sistema, andando a prenderli da chi crea le disfunzioni. Se devo garantire la riserva a un impianto fotovoltaico mi sembra giusto che sia l’impianto fotovoltaico a pagarla.

Dunque una sorta di solar tax, di cui ha parlato qualcuno?

Qualsiasi misura viene presa l’importante è che le risorse restino all’interno del sistema. Non può essere un’altra tassa che finisce alle Finanze o a risanare il bilancio dello Stato. Anche la benzina ha degli oneri fiscali grossi e probabilmente ingiustificati. Lì però se non consumi benzina non paghi neanche le tasse. Invece gli oneri di sistema sono un ammontare fisso. E se riduciamo la base imponibile, come sta succedendo per il calo dei consumi, entriamo in un circolo vizioso per cui l’energia costa sempre più cara, se ne consuma sempre di meno, le aziende se ne vanno e gli oneri di sistema continuano ad aumentare percentualmente.

Quindi chiedete un capacity payment transitorio.

A mio modo di vedere ci vorrebbe un transitorio che risponda alle tre condizioni che ho detto, se vogliamo evitare una chiusura massiccia di impianti termoelettrici. E non sto parlando degli aspetti sociali, questo è un fattore che va trattato separatamente. Io parlo di sicurezza, riserva e capacità di rendere flessibile il nostro sistema elettrico.

Non crede ci sia stato un eccessivo “entusiasmo” nell’investire in impianti termoelettrici negli anni scorsi?

Se nel ’98 qualcuno avesse detto alle aziende elettriche che nel 2007 avrebbero fatto partire un ciclo di investimenti incentivato, forse si sarebbero comportate diversamente.

Tornando alla sicurezza del sistema, in questo momento abbiamo una riserva colossale rispetto alla domanda effettiva. È veramente a rischio la sicurezza se chiude, diciamo, un 30% dell’attuale capacità?

Non so. Dipende molto dalla situazione “estrema” che si prende in considerazione e dalle diverse zone del Paese. Certo, il margine di riserva oggi è molto alto, e dipende anche dalla recessione. Le nostre aziende stanno ricorrendo alla cassa integrazione. E so benissimo che anche il termoelettrico dovrà pagare il suo prezzo, e già lo sta facendo con la chiusura di piccoli impianti. Ma trovo politicamente ingiusto e sbagliato da un punto di vista generale che a pagare tutto questo debba essere solo l’industria termoelettrica. Io non voglio misure ad hoc che abbiano come obiettivo di salvare questo o quell’impianto. Se dobbiamo fare così, allora sarebbe meglio tornare ai prezzi amministrati. Penso invece che il Paese debba fare uno sforzo per salvare i principi di un mercato liberalizzato. Quindi chiedo provvedimenti che corrispondano a criteri oggettivi. Poi i termoelettrici si faranno i loro conti.

Quel che è certo è che il sistema è cambiato e che probabilmente andrà sempre più nella direzione, non solo di un maggiore apporto di fonti rinnovabili, ma anche verso un generale aumento della generazione distribuita. Quale soluzione, quale ruolo per i termoelettrici “tradizionali”?

Il punto è che ogni kWh che transita sulla rete o che usa la rete come magazzino o come sistema di scambio deve concorrere agli oneri di sistema. Non ci possono essere eccezioni. Punto. Se le reti interne di utenza o i sistemi efficienti di utenza sono un sistema per fare in modo che chi prende gli incentivi nemmeno paga gli oneri di sistema… Faccio un esempio: se un’azienda di distribuzione fa un contratto con un’azienda che utilizza come fonte integrativa un impianto a fonte rinnovabile intermittente, deve fornire a questa azienda anche il backup, la riserva. Quanto costa questo? Non può costare come costavano le vecchie tariffe amministrate. Le aziende di distribuzione questi discorsi cominciano a farli. I prezzi andranno rivisti per questo servizio di riserva, di disponibilità e di flessibilità.

Se è così bisognerà rimettere mano alle regole perché i Seu e le Riu sono esentati, così come lo scambio sul posto.

Quando parlo di recuperare risorse all’interno del sistema intendo anche questo.

Una volta ottenuta questa “perequazione”?

Che nessuno pensi di fare nuovi incentivi. Non si può parlare di grid parity e poi chiedere, come hanno fatto al convegno del Free, un sesto Conto energia.

Ma non si possono neanche toccare i diritti acquisiti, lo hanno detto anche i “saggi” nella loro relazione…

Non c’è alcun dubbio che questo dei diritti acquisiti è un grosso problema. Ma un conto è parlare di taglio degli incentivi e un conto è parlare di allocare correttamente i costi. Il punto è che non c’è una chiara percezione di quanto sia cambiato il sistema elettrico. In un sistema pre-liberalizzazione c’è un monopolio e dei pasti gratis perché il monopolio copre tutto. Ora non può più essere così. Dico di più: io sono entrato a gamba tesa nella discussione sulle smart grid, perché come Assoelettrica chiedo ed esigo che ogni investimento sia fatto domandandosi se aumenta o diminuisce il costo dell’energia elettrica.

Una delle accuse mosse dal fronte dei rinnovabili riguarda l’aumento dei prezzi serali. C’è chi ha parlato di collusione tra operatori termoelettrici.

Se c’è da vedere qualche cosa si veda. Ma bisogna considerare che l’impianto che sta fermo tutto il giorno, nelle poche ore serali si deve pagare gli ammortamenti, i costi operativi, il gas. Inoltre, in partenza e in fermata le centrali hanno un’efficienza del 20-30%. Faccio una provocazione: se non volete il capacity payment, proviamo a far fluttuare i prezzi liberamente e vediamo dove arriva il MWh il giorno che piove in tutta Italia e posso fare il prezzo.

I rinnovabili non sono i soli produttori a essere incentivati. Gli impianti essenziali e “must run” sono proliferati negli anni e hanno un costo rilevante. Anche questo “ammazza il mercato libero” e andrà ripensato.

Come dicevo, dobbiamo trovare principi che valgano per tutti. Non possiamo costruire un sistema elettrico che è fatto tutto di eccezioni. Altrimenti non funziona. Con la gradualità necessaria ma va fatto.

Sarà un compito non facile. Intanto, vede qualche terreno comune per tutti i produttori elettrici?

Abbiamo due frontiere che dovrebbero essere comuni. Innanzitutto: come far ripartire i consumi energetici ed elettrici in questo Paese. Ci sono una serie di sbottigliamenti che potrebbero essere fatti, a prescindere dalla recessione, a cominciare dal rispetto delle curve tariffarie che scoraggiano i consumi di energia elettrica in maniera che non ha più nulla a che fare con il problema dell’efficienza o del risparmio. Oggi l’elettricità viene usata con livelli di efficienza molto alti e corrisponde all’idea del benessere. Se devo mettere una pompa di calore o un condizionatore devo passare a 6 kW e la bolletta mi schizza.

Ma se cambiamo le tariffe in questo modo il cliente residente sotto i 3 kW vedrà aumentare i costi…

Ma questo cliente avrà un ufficio o una bottega o un’attività: quello che risparmia a casa lo spende da un’altra parte. Alle associazioni dei consumatori dico: vogliamo difendere i consumatori o solo una categoria di consumatori? Allo stato attuale risparmiamo per i consumi in casa e poi le aziende chiudono. Che guadagno abbiamo ottenuto? In Italia c’è una parte dei consumatori che spende meno della media europea e un’altra parte che spende di più. Anche questo andrebbe riequilibrato. Bisogna avvicinarsi alla situazione in cui i prezzi corrispondono ai costi, invece che fare esenzioni e sovraccarichi. La seconda frontiera riguarda l’elettrificazione dei consumi finali di energia. Io non sono un fan sfegatato dell’auto elettrica ma se vogliamo ripulire le nostre città le dobbiamo elettrificare. Prima di parlare dell’auto elettrica vorrei parlare di filobus, tramvie, metropolitane, che sono trasporti con rendimenti enormi rispetto agli autobus a gasolio. In città abbiamo milioni di punti di combustione, motori delle auto e caldaie a gas: se elettrificassimo queste cose miglioreremmo i rendimenti e avremmo città molto più pulite.

Fonte: Staffetta Quotidiana

 

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Flavio Cattaneo (Terna): aumenta il consumo di energia elettrica, anche in Toscana, a Firenze e a Chieti in Abruzzo.

Nel mese di agosto 2011, secondo quanto rilevato da Terna, Flavio Cattaneo, il gestore della rete elettrica nazionale, l’energia elettrica richiesta nelle regioni dell’Italia centrale (Emilia Romagna, Toscana, Lazio, Abruzzo, Marche, Umbria, Molise) , il fabbisogno elettrico è stato di 7,9 miliardi di kilowattora (30,3% del totale nazionale), con un incremento del 5% rispetto allo stesso mese del 2010.

Nei primi otto mesi del 2011 il Centro ha consumato 64,6 miliardi di kilowattora (29,2% del totale), registrando un aumento della domanda di energia elettrica pari allo 0,7% (contro il +1,1% del totale Italia).

Toscana – Firenze:
La Toscana rappresenta circa il 23 % di questo consumo.

La Toscana è al nono posto in Italia per consumi totali (11° posto per l’agricoltura e per il consumo domestico, 9° posto per il terziario, 8° posto per l’industria, 10° posto Italia per consumi/ab. 5648 Kwh per abitante.

Nella regione a fare da traino è il settore industriale (47% dei consumi totali – soprattutto chimica per materiali da costruzione, cartaria, tessile, abbigliamento e calzature) seguito dal terziario con una quota del 31% (specie commercio e alberghi, ristoranti e bar). L’utilizzo domestico dell’energia elettrica pesa per il 21% circa in Toscana mentre è marginale l’uso a fini agricoli (1%). Fra le province quella di Firenze assorbe di più con una quota del 22 %. Seguono Livorno (16%) e Lucca (15,2%). Pisa si attesta al 10%, Prato al 9%, Arezzo al 7%, Siena al 6,3%, Pisa al 6%, Grosseto al 4,3% e Massa Carrara al 4,2%.

CHIETI –Abruzzo:
E’ stato di 7,9 miliardi di kilowattora (30,3 per cento del totale nazionale) il fabbisogno elettrico fatto registrare nel mese di agosto dalle regioni del Centro (che comprende Emilia Romagna, Toscana, Lazio, Abruzzo, Marche, Umbria, Molise), con un incremento del 5 per cento rispetto allo stesso mese del 2010.

Secondo i dati comunicati da Terna, il gestore della rete elettrica nazionale, nei primi otto mesi del 2011 le regioni del Centro hanno consumato 64,6 miliardi di kilowattora (29,2 per cento del totale), registrando un aumento della domanda di energia elettrica pari allo 0,7 per cento (contro il +1,1 per cento del totale Italia).

Il fabbisogno elettrico dell’Abruzzo (agricoltura ed industria) nei primi otto mesi del 2011 è stato pari al 15 per cento del fabbisogno delle regioni centrali, con un incremento del 2,3 per cento rispetto allo stesso mese del 2010.

Segmentando i dati per provincia e per settori di attività, nell’industria la provincia Chieti è la provincia che pesa di più per quanto concerne il fabbisogno elettrico, pari al 37 per cento, con un incremento rispetto allo stesso periodo del 2010 del 3,7 per cento, seguita dall’Aquila, che pesa per il 24,5 per cento (-3,7 per cento rispetto al 2010), quindi Teramo, 22,4 per cento (- 1 per cento), e Pescara, al 16,1 per cento, + 1 per cento.
Anche in agricoltura, seppur di poco rispetto alla provincia di Teramo, la provincia di Chieti ha il fabbisogno elettrico più elevato.

Nei primi otto mesi del 2011 la provincia di Chieti ha pesato per un 32 per cento, con un inceremento dell’1 per cento rispetto allo stesso periodo del 2010; segue la provincia di Teramo, con 31,5 per cento, valore stabile anche nel 2010, quindi L’Aquila, 20,6 (+ 1,5 per cento rispetto al 2010) e Pescara, che pesa per il 15,9 per cento, – 1 per cento rispetto al 2010.

Complessivamente nel mese di agosto 2011 l’energia elettrica richiesta in Italia, pari a 26 miliardi di kWh, ha fatto registrare una crescita del 4,5 per cento rispetto allo stesso mese del 2010, rappresentando l’incremento più alto da inizio anno.

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Roma Italia
Alessandra Camera
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Le offerte Stai Con Noi di A2A: prezzo invariato e zero impatto ambientale

A2A, leader nazionale nel settore energetico, e ai primi posti come multiutility italiana per clientela e fatturato, per capacità elettrica installata, gas venduto o volumi di vendita, è alla costante ricerca di progetti e iniziative volte a rafforzare e favorire uno sviluppo ambientale sostenibile. L’utilizzo di tecnologie innovative, l’impiego di politiche gestionali ed industriali fortemente condizionate dalle problematiche energetiche, l’utilizzo esclusivo di fonti di produzione rinnovabili, evidenzia l’impegno e la volontà decisionale del gruppo A2A di creare giusto valore nel mercato del gas, dell’elettricità e dei servizi energetici, allo scopo unico di preservare l’impatto ambientale e incrementare, altresì, la soddisfazione dei propri clienti.

Il Gruppo A2A, attualmente impegnato nei settori della produzione, vendita e distribuzione di energia elettrica, della vendita e distribuzione del gas, della produzione, distribuzione e vendita di calore tramite reti di teleriscaldamento, della gestione dei rifiuti e della gestione del ciclo idrico integrato, ha ultimamente realizzato un progetto di fidelity aziendale per la propria clientela, al fine di assicurare e consentire nuovi vantaggi e opportunità  in termini di costo e risparmio.

Stai Con Noi, ultima campagna del gruppo, prevede l’introduzione di due nuovi piani di consumo per le utenze elettriche e del gas relative al settore di vendita privato, e lega la convenienza dell’offerta all’utilizzo energetico realizzato nelle singole abitazioni. Prezzo Sicuro Verde è la proposta di A2A che offre massima sicurezza per l’ambiente e una migliore combinazione di costi relativi ai consumi di energia in bolletta. Il prezzo applicato alla componente energia è fisso e non subisce alcuna variazione per ben 24 mesi, eliminando, di fatto, ogni problematica e timore relativa ad eventuali rincari di spesa. Prezzo Sicuro Gas, invece, è la proposta del gruppo per il controllo dei costi di energia con un prezzo fisso e invariato per un periodo di due anni, anche in questo caso, indipendentemente dalla variazioni del prezzo dei combustibili. Così come da ottica aziendale, si tratta, sempre di energia prodotta da fonti rinnovabili, evitando quindi qualsiasi ripercussione sull’ambiente, e con un più forte abbattimento per le emissioni di CO2.

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