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Luci in costruzione Dubai, trasformazioni urbane

Dubai all’apice del successo. La città ricca, viziata, stravagante. Immaginate uno dei luoghi più ambiti (in passato, soprattutto) immortalata nel momento di più alto splendore, proprio pochi attimi prima del crollo economico e finanziario. Questa è la fase raccontata dalla fotografie di Massimiliano Farina, architetto e fotografo milanese.

 

La macchina da presa focalizza l’obiettivo su quella che agli occhi del mondo appare una realtà in costruzione e in continuo divenire. Il progresso, il lusso, la potenza che si riflette nei palazzi, nei grattacieli, nelle architettura faraoniche e, quasi, surreali. Un modo che progredisce e che va avanti alla velocità della luce.

 

La ‘Città in Costruzione’ è proprio la chiave di lettura di questa realtà e delle immagini scattate da Massimiliano nel 2008, poche settimane dalla crisi (scoppiata nel dicembre dello stesso anno).  I cantieri (tra cui quelli che lui seguiva in qualità di architetto) lavoravano anche di notte; 24h su 24 per dare forma a idee e progetti.

 

Le fotografie raccontano quest’atmosfera, quasi surreale e spettrale. La città è deserta, protagonisti sono i cantieri che con la loro luce creano scenografie inaspettate. A differenza di altri progetti fotografici e urbani, il lavoro di Massimiliano nasce dal desiderio di raccontare con taglio diverso e innovativo una città di notte. Non c’è la luce del Sole, non c’è l’illuminazione artificiale, la sola fonte di luce sono i cantieri, con i loro fari e la loro segnaletica.

Dal 2007, Massimiliano viaggia in tutto il mondo fotografando città e trasformazioni urbanistiche, documentando situazioni in cui i confini tra finzione e realtà diventano invisibili.

 

Massimiliano Farina, nato a Milano nel 1974, è laureato in architettura Politecnico di Milano.

Nel 1991 inizia a fotografare ed a sperimentare tecniche di sviluppo e stampa in bn.  Nel 1997 realizza la sua prima personale “Belfast” a Milano, e tante altre mostre fotografiche nel corso degli anni. Successivamente sviluppa un’ attività personale di ricerca, operando nell’ambito della fotografia di reportage, di architettura e di documentazione del territorio. Nel 2009 apre a Milano lo studio fotografico Click&Chic e si occupa di fotografia industriale, ritrattistica, still-life, editoria e wedding.
(G.L.R.)

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Copertine e Terminali assicurano continuità alle superfici costruttive

Il pregio l’eleganza e la distinzione sono peculiarità che identificano con certezza assoluta una pavimentazione di Cotto Impruneta e che trovano la loro massima espressione  in tutta quella serie di elementi, Copertine e Terminali, che il noto marchio del distretto imprunetino ha appositamente progettato e realizzato in linearità con le versioni Rustico e Terrae Nove.

Dietro ad un progetto architettonico ben realizzato, che si tratti di una scala, di un vialetto porticato od altro, si cela la possibilità di intervenire con elementi studiati in modo da assicurare una continuità armonica e funzionale con la pavimentazione e che ne esaltino l’accuratezza, la precisione e l’impatto estetico.

Cotto Impruneta nella fase di progettazione ha assicurato la realizzazione di elementi di finitura molto importanti non solo per le qualità estetiche che rendono il lavoro uniforme e perfetto, ma anche e soprattutto per quelle funzionali. Le Copertine e i Terminali realizzati per le linee di pavimenti in cotto Rustico e Terrae Nove rispondono pienamente ai canoni di resistenza, durevolezza e antigelo che hanno fatto del marchio Cotto Impruneta un sinonimo di garanzia e affidabilità.

La mission intrapresa da Cotto Impruneta con la realizzazione di questi pezzi in pregiato cotto imprunetino consiste nel connettere lo spazio, esaltare le superfici, abbattere i confini tra rivestimenti e pavimenti in modo da far risaltare, attraverso l’utilizzo del cotto, l’ambiente e renderlo assoluto protagonista, qualunque sia la tipologia di applicazione o la destinazione d’uso, raggiungendo così raffinatezza, distinzione e armonia.

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La costruzione e decorazione in cotto, più in voga che mai

Il cotto è stato ed è l’elemento fondamentale della maggior parte delle costruzioni nella storia dell’uomo. Spesso sottovalutato per la semplicità e crudezza dei tradizionali mattoni di cotto, le nuove tendenze in arredamento così come la riscoperta di metodi di lavorazione alternativi seppur tradizionali hanno messo le basi per una nuova epoca di oro del cotto.

Realizzato secondo la procedura tradizionale sia per la costruzione che per il rivestimenti cotto, l’argilla e l’acqua si mescolano formando un impasto che deve lasciarsi asciugare completamente in uno stampo (nel caso della lavorazione di cotto a mano questa fase richiede almeno due giorni) prima di essere introdotto in forno dove i pezzi devono cuocere omogeneamente.

Oggi la preparazione avviene mediante trafilatura e pressatura, ottenendo un nastro continuo di pasta tagliato a pezzi delle misure necessarie e posteriormente compressi mediante estrusione per dare la forma desiderata al mattone. I mattoni vengono poi cotti a circa 1000C di temperatura con forni tunnel a fuoco fisso per periodi di tempo che variano a seconda delle dimensioni dei mattoni e che vanno dalle 20 alle 48 ore.

Le prime costruzioni in cotto datano del VI millennio a.C. e si trovarono nei territori della Mesopotamia.Sono le ziggurat, torri babilonesi che ispirarono anche l’architettura dell’Antico Egitto e che più tardi farebbero del mattone il materiale prediletto per le costruzioni in Grecia e la penisola italica.

Le costruzioni in mattone proprie del Medioevo hanno risultato nella caratterizzazione di alcune delle città italiane più visitate dai turisti come Bologna “la rossa”. Il cotto lo troviamo, oggi, anche in altre grandi città come i rivestimenti milano usati nella recente ristrutturazione dell’IULM Milano.

La sua resistenza a tutte le condizioni atmosferiche immaginabili lo hanno reso il materiale preferito per la costruzione di abitazioni anche in zone di climatologie molto diverse. Acqua, umidità, gelo e sole sono alcuni degli elementi dei quali i mattoni di cotto riescono ad isolare le persone che abitano all’interno delle costruzioni realizzate in questo materiale.

In edilizia, ogni volta più persone scelgono di usare i mattoni a faccia vista conosciuti anche come rivestimento in paramano, per la costruzione delle loro case e quindi non solo a fini protettivi ma anche estetici. Mentre alcuni mantengono i mattoni forati stessi con i quali la casa è stata costruita, altri scelgono di rivestire con mattoni pieni le facciate dei palazzi, specialmente quelli che sono oggetto di ristrutturazioni.

L’estetica è diventata così popolare che in certe costruzioni troviamo anche dei rivestimenti finti mattoni coprendo superfici che alla sua volta avevano l’obiettivo di nascondere i mattoni di cotto utilizzati per la struttura della casa.

Nel caso delle nuove tendenze in arredamento, i pavimenti e rivestimenti cotto sono una delle novità più in voga della stagione, diventando protagonisti di giardini e patii interni, ma anche di cantine e di salotti come elemento decorativo di soffitti e camini il cui colore e brillantezza possono essere regolati in base alle preferenze del cliente.

Il cotto diventa quindi un materiale non solo funzionale ma anche ornamentale che nelle sue diverse varietà sia di lavorazione e trattamento che di forme e dimensioni sa rispondere alle esigenze del mercato.

Articolo a cura di Alba Lorente
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Acustica Abitativa: accesa polemica, a Padova, sulle nuove norme UNI.

A Padova, alla presenza di un folto pubblico di addetti ai lavori che riempiva la vasta sala Le Vele dello Sheraton Conference Center, si è tenuto il convegno dal titolo “Da oggi l’acustica abitativa è UNIforme”.
Brillantemente moderato dal caporedattore di Radio24, Sebastiano Barisoni e organizzato da AcusticaGroup2.0, il convegno ha visto relazioni e vivaci dibattiti sullo stato dell’arte dell’acustica applicata al benessere abitativo, in merito alla normativa vigente ed al futuro decreto che accoglierà le direttrici della nuova Norma UNI in materia.
L’incontro ha sottolineato quanto sia le norme attuali – DPCM 5/12/97 – che i presumibili nuovi as­setti legislativi siano sostanzialmente carenti rispetto alle aspettative dell’acquirente di immobili residenziali, poiché ciò che la norma ritiene come miglior risultato di abbattimento acustico è, nella realtà, a malapena sufficiente a definire una situazione accettabile. Si presume, inoltre, che l’auspicabile obbligo di dichiarare la classe di isolamento acustico raggiunto dalla costruzione, al rogito, rimarrà lettera morta togliendo alla nuova norma l’unica possibilità di incidere sulla valutazione commerciale degli immobili.
E’ stato rimarcato, comunque, che l’isolamento acustico non è un valore assoluto ma è relativo al contesto abitativo e urbanistico. E soprattutto che la cosiddetta “tenuta di facciata”, che è relativa ai rumori esterni, non protegge assolutamente da vicini chiassosi o dalle sonorità derivanti dalla fruizione quotidiana di un’abitazione: televisore, aspirapolvere, calpestio, sciacquone, ecc.
In edilizia, un’acustica corretta non è il risultato dell’uso di uno specifico materiale bensì il frutto di un sistema interdisciplinare che parte dalla progettazione architettonica, in una logica di razionalizzazione totale dell’opera. Il sistema di costruzione a secco – ovviamente adattato alle esigenze residenziali e perfezionato con tecniche altamente evolute come ben spiegato da Sergio Russo e Cristian Bortot durante il loro intervento – si è dimostrato il più idoneo a garantire, oltre a vantaggi termici e antisismici, il miglior grado di isolamento acustico perché consente di scollegare la “cellula abitativa” dalla struttura portante.
Hanno dibattuto: Tommaso Gabrieli tecnico Arpav, Paolo Giacomin vice presidente della commissione acustica UNI, l’imprenditore Sergio Russo, i tecnici acustici Cristian Bortot e Fabio Ceol, l’architetto Francesco Zacchia e l’avvocato Maurizio Guiducci.
Sotto accusa un po’ tutti, dal progettista che molto spesso si pone il problema acustico solo a cantiere finito e cerca di porvi rimedio con soluzioni legate all’inserimento forzoso di materiali fonoisolanti, alle istituzioni che latitano nell’applicazione delle poche ed insufficienti norme a disposizione, ai costruttori, troppo vincolati a presunte logiche di competitività fino alla stessa UNI che – come concludeva Barisoni – avrebbe potuto, nel definire le nuove norme, “osare di più”. Particolarmente duri gli interventi dal pubblico del tecnico veronese dell’Arpav Massimo Donzellini e del tecnico competente veneziano Stefano Barina.

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