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Studio ENLIVEN: Tumore tenosinoviale a cellule giganti, pexidartinib riduce le dimensioni

Congresso ASCO 2018. I risultati dello studio ENLIVEN

Chicago, 6 giugno 2018 – Pexidartinib, somministrato per via orale, riduce significativamente le dimensioni del tumore tenosinoviale a cellule giganti (TGCT) rispetto al placebo. All’Annual Meeting dell’American Society of Clinical Oncology in corso a Chicago, Daiichi Sankyo ha presentato i risultati di ENLIVEN, lo studio di Fase III che ha arruolato pazienti con tumore tenosinoviale a cellule giganti per i quali la chirurgia avrebbe comportato un potenziale peggioramento della funzionalità o una morbilità severa.

Pexidartinib è una piccola molecola sperimentale, innovativa, ed è un potente inibitore del recettore del cosiddetto ‘fattore stimolante le colonie-1‘ (CSF-1), una proteina che svolge un ruolo chiave nel processo di proliferazione di cellule anomale nella membrana sinoviale che sono responsabili di TGCT.
Sulla base di una lettura centralizzata delle immagini della risonanza magnetica secondo i criteri RECIST (Response Evaluation Criteria In Solid Tumors) Versione 1.1, il trial ha evidenziato una risposta globale (ORR, endpoint primario) del 39% alla Settimana 25 in pazienti trattati con pexidartinib per via orale, a fronte dell’assenza di una risposta tumorale nei pazienti trattati con placebo (P<0,0001, statisticamente significativo).
Dopo un follow‑up mediano di 6 mesi (follow‑up più lungo a 17 mesi), nessun responder dello studio ENLIVEN è andato incontro a progressione del tumore.

Le attuali opzioni per il trattamento di TGCT sono per lo più limitate alla chirurgia allo scopo di rimuovere il più possibile della massa tumorale. Nonostante un intervento chirurgico ottimale, la frequenza di recidiva di un TGCT diffuso è elevata e la malattia può progredire fino a che la chirurgia non sia più una soluzione praticabile” ha spiegato il dott. William D. Tap, principale ricercatore di questo studio e Direttore del Sarcoma Medical Oncology Service del Memorial Sloan Kettering Cancer Center di New York. “Pexidartinib può offrire un’importante opzione di trattamento per i pazienti con TGCT associato a morbilità severa o a limitazioni funzionali per il quale la chirurgia sia sconsigliata”.

Il tumore tenosinoviale a cellule giganti
Il tumore tenosinoviale a cellule giganti (TGCT), definito in precedenza sinovite villonodulare pigmentosa (PVNS) o tumore a cellule giganti della guaina tendinea (GCT‑TS), è una rara forma di neoplasia, generalmente non metastatica, che colpisce le articolazioni sinoviali, le borse e le guaine tendinee, provocando gonfiore, dolore, rigidità e ridotta mobilità in corrispondenza dell’articolazione interessata. Sulla base degli studi condotti in tre Paesi, l’incidenza stimata di TGCT è da 11 a 50 casi per milione. Generalmente la malattia è diagnosticata in pazienti tra i 20 e i 50 anni di età e, secondo il tipo di TGCT, le donne possono avere fino al doppio di probabilità di sviluppare il tumore rispetto agli uomini. La terapia primaria per il TGCT prevede un intervento chirurgico per l’asportazione del tumore. Tuttavia, nei pazienti con tumore diffuso, il tumore può avvolgere l’osso, i tendini, i legamenti ad altre componenti dell’articolazione, diventando di difficile rimozione e, oltre a comportare la necessità di diversi interventi di resezione e artroplastica, può progredire fino a che la resezione chirurgica non sia più praticabile e si renda necessario considerare un’amputazione. La frequenza di recidive stimata per un TGCT diffuso può essere compresa tra 20 e 55%.

Studio ENLIVEN
ENLIVEN, è lo studio di Fase III, multicentrico globale, randomizzato, in doppio cieco, che ha valutato pexidartinib in pazienti con TGCT sintomatico avanzato nei quali l’asportazione chirurgica del tumore avrebbe comportato un potenziale peggioramento della limitazione funzionale o una morbilità severa. La prima parte dello studio, la fase in doppio cieco, ha arruolato 120 pazienti che sono stati randomizzati (1:1) a ricevere pexidartinib alla dose di 1000 mg al giorno, o placebo, per 2 settimane, seguita da 800 mg di pexidartinib al giorno per 22 settimane, allo scopo di valutare l’efficacia e la sicurezza di pexidartinib rispetto al placebo. L’endpoint primario dello studio era quello di verificare la percentuale di pazienti che otteneva una risposta completa o parziale dopo 24 settimane di trattamento (Settimana 25), valutata sulla base di una lettura centralizzata delle immagini della risonanza magnetica secondo i criteri RECIST 1.1. I principali endpoint secondari includevano l’estensione dei movimenti, la risposta in termini di volume del tumore, la funzionalità fisica secondo il sistema PROMIS, la rigidità e le misure di riduzione del dolore.

Dopo aver completato la prima parte dello studio, i pazienti randomizzati a pexidartinib o al placebo sono stati considerati eleggibili a partecipare alla seconda parte di ENLIVEN, a lungo termine, in aperto, durante la quale i pazienti hanno potuto continuare, o iniziare, a ricevere pexidartinib. Nell’ottobre 2016, dopo la segnalazione di due casi di tossicità epatica grave non fatale nello studio ENLIVEN, la Commissione per il monitoraggio dei dati (DMC) ha raccomandato di considerare i pazienti trattati con placebo nella prima parte dello studio non eleggibili ad un inizio del trattamento con pexidartinib nella seconda parte dello studio. In totale 120 pazienti arruolati prima della raccomandazione della Commissione hanno continuato lo studio secondo il protocollo rivisto.

Gli endpoint secondari di efficacia hanno dimostrato che i pazienti trattati con pexidartinib hanno presentato una risposta globale (ORR) del 56% in termini di volume del tumore (Tumor Volume Score ‑ TVS), mentre la risposta è stata assente nei pazienti che avevano ricevuto il placebo (P<0,0001). Un miglioramento clinicamente significativo rispetto al placebo è stato osservato in altri endpoint secondari di efficacia che includevano l’estensione dei movimenti (+15% vs. +6%, P=0,0043), la funzionalità fisica secondo il sistema PROMIS (+4,1 vs. ‑0,9, P=0,0019) e la rigidità massima (‑2,5 vs. ‑0,3, P<0,0001). Inoltre, vi è stato un miglioramento non significativo della risposta al dolore (31% vs. 15%). Nello studio ENLIVEN, la tossicità epatica è stata più frequente con pexidartinib che con placebo (AST o ALT ≥3 x LSN: 33%, bilirubina totale ≥2 x LSN: 5%, N=61). Otto pazienti hanno interrotto il trattamento con pexidartinib a causa di eventi avversi (EA) epatici, quattro dei quali erano EA gravi non fatali con aumento della bilirubina ed uno è durato ~7 mesi. Negli studi di sviluppo sull’utilizzo di pexidartinib, condotti in pazienti non affetti da TGCT, sono stati osservati due casi di tossicità epatica severa (uno ha richiesto il trapianto epatico ed uno ha portato al decesso). Altri EA osservati in ENLIVEN con una frequenza >10 percento e più comuni con pexidartinib sono stati: cambiamento del colore dei capelli, prurito, eruzione cutanea, vomito, dolore addominale, stipsi, affaticamento, disgeusia, edema facciale, edema periferico, edema periorbitale, inappetenza ed ipertensione.

Pexidartinib
Pexidartinib è una piccola molecola sperimentale, innovativa, ed è un potente inibitore del recettore del cosiddetto ‘fattore stimolante le colonie-1‘ (CSF-1), una proteina che svolge un ruolo chiave nel processo di proliferazione di cellule anomale nella membrana sinoviale che sono responsabili di TGCT. Pexidartinib inibisce anche c‑kit e FLT3‑ITD. Pexidartinib è stato scoperto da Plexxikon Inc., il centro di R&S sulle piccole molecole di Daiichi Sankyo.
Pexidartinib ha ottenuto la designazione di terapia fortemente innovativa (Breakthrough Therapy) per il trattamento di pazienti con sinovite villonodulare pigmentosa (PVNS) o tumore a cellule giganti della guaina tendinea (GCT‑TS), nei quali la resezione chirurgica potrebbe provocare un potenziale peggioramento della limitazione funzionale o una morbilità severa, nonché la designazione di farmaco orfano per PVNS/GCT‑TS da parte della Food and Drug Administration (FDA) degli Stati Uniti. Pexidartinib ha anche ricevuto la designazione di farmaco orfano per il trattamento di TGCT dalla Commissione Europea. Pexidartinib non è ancora approvato dalla FDA o da altro ente regolatorio nel mondo come trattamento per alcuna indicazione. La sicurezza e l’efficacia non sono ancora state stabilite.

Riteniamo incoraggianti i risultati dello studio ENLIVEN ed intendiamo presentare alla FDA una domanda di registrazione di nuovo farmaco (NDA) e sottoporre alle istituzioni regolatorie europee una richiesta di valutazione di pexidartinib” ha affermato il Dr. Gideon Bollag, CEO di Plexxikon, società del gruppo Daiichi Sankyo.

Daiichi Sankyo Cancer Enterprise
La vision di Daiichi Sankyo Cancer Enterprise consiste nell’applicazione di conoscenze e capacità innovative guidate da un pensiero non convenzionale per sviluppare trattamenti significativi per i pazienti affetti da cancro. L’azienda è impegnata a trasformare la scienza in valore per il paziente, e questo impegno è presente in tutte le sue attività.
L’ obiettivo è quello di mettere a disposizione dei pazienti sette nuove molecole nei prossimi otto anni, dal 2018 al 2025, avvalendosi dei risultati dei SUOI tre pilastri: il Franchise Anticorpo Farmaco Coniugato, quello dedicato alla Leucemia Mieloide Acuta e quello di ricerca focalizzato sullo sviluppo delle nuove molecole (Fase I).
I Centri di ricerca della Daiichi Sankyo Cancer Enterprise includono due laboratori di bio/immuno-oncologia e “small molecules” in Giappone e Plexxikon Inc. a Berkeley (California), e il centro di R&S sulla struttura delle “small molecules”. Tra i composti che si trovano nella fase cruciale di sviluppo figurano: DS-8201, un coniugato anticorpo-farmaco (ADC) per i carcinomi HER2-positivi della mammella, dello stomaco ed altri, il quizartinib, un inibitore orale selettivo di FLT3 per la leucemia mieloide acuta (AML) con mutazioni di FLT3-ITD di nuova diagnosi e recidivante/refrattaria, e il pexidartinib, un inibitore orale di CSF-1R per il tumore tenosinoviale a cellule giganti (TGCT). Per maggiori informazioni, consultare http://www.DSCancerEnterprise.com

Bibliografia:
1. de Saint Aubain, et al. WHO. 2015;p1/par1
2. Rao AS, et al. J Bone Joint Surg AM. 1984;66(1):76‑94.
3. Myers BW, et al. Medicine (Baltimore). 1980;59(3):223‑238.
4. Mastboom MJL, et al. (2017a). Acta Orthopaedica 88(6):688‑694.
5. Ehrenstein V, et al. (2017). J Rheumatol 44(10):1476‑1483.
6. Verspoor FGM, et al. Future Oncol. 2013;10:1515‑1531.
7. Ravi V, et al. Curr Opin Oncol. 2011;23:361‑366.
8. Verspoor, F. G., I. C. van der Geest, et al. (2013). “Pigmented villonodular synovitis: current concepts about diagnosis and management.” Future Oncol 9(10):1515‑1531.

FonteDaiichi Sankyo

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Emorragia Intracranica: I dati di una nuova sotto-analisi del trial ENGAGE AF-TIMI 48

I dati di una nuova sotto-analisi del trial ENGAGE AF-TIMI 48 sono stati presentati da Daiichi Sankyo durante il Congresso dell’European Stroke Organisation (ESOC), in corso a Göteborg, in Svezia.

Roma 18 maggio 2018 – Una nuova sotto-analisi del trial ENGAGE AF-TIMI 48 dimostra che i pazienti affetti da fibrillazione atriale trattati con edoxaban per la prevenzione di ictus o eventi embolici sistemici presentano una frequenza di diverse tipologie di emorragie intracraniche inferiore rispetto ai pazienti con la stessa patologia trattati con warfarin. I dati sono stati presentati da Daiichi Sankyo durante il Congresso dell’European Stroke Organisation (ESOC), in corso a Göteborg, in Svezia.

L’emorragia intracranica è una tipologia di sanguinamento che si verifica all’interno del cranio, e può verificarsi sia nel parenchima cerebrale che negli spazi intermeningei che lo circondano, con danni potenzialmente gravi e permanenti per i pazienti e mortalità tre volte superiore all’ictus ischemico. Questa nuova sotto-analisi dell’ENGAGE AF-TIMI 48 ha valutato le diverse tipologie di emorragie intracraniche, evidenziando una riduzione del 42% di emorragie intracraniche spontanee (HR 0,58 [0,41-0,81]) e del 62% di quelle traumatiche (HR 0.38 [0.23-0.63]) tra i pazienti che assumevano edoxaban (60mg o dose ridotta a 30mg, in monosomministrazione giornaliera) rispetto a coloro che erano trattati con warfarin. Nella stessa sottoanalisi, inoltre, gli outcome di edoxaban in confronto con il warfarin hanno evidenziato una frequenza inferiore di emorragie intraparenchimali (HR 0,55 [95% CI 0,38-0,78]) ed ematomi subdurali (HR 0,36 [0,22-0,58]), e simile frequenza di emorragia subaracnoidea e ictus ischemico con trasformazione emorragica (entrambi p>0.05).

“Gli anticoagulanti orali non antagonisti della vitamina K sono sempre più usati nella pratica clinica, perciò è essenziale proseguire nell’impegno di espandere la conoscenza di queste terapie in specifiche popolazioni di pazienti, al fine di ottimizzare e migliorare la cura – ha dichiarato il co-autore dello studio Robert P. Giugliano, Dipartimento di Medicina Cardiovascolare del Women’s Hospital di Brigham, Harvard Medical School di Boston – E i risultati di questa sotto-analisi suggeriscono che edoxaban offra un vantaggio rispetto al warfarin nei pazienti anticoagulati a rischio di emorragie intracraniche, e allo stesso tempo forniscono ai medici una ulteriore guida e garanzia al suo uso”.

I risultati di quest’ultima analisi dall’ENGAGE AF-TIMI 48 sono in linea con le raccomandazioni contenute nella guida all’uso degli anticoagulanti orali non-antagonisti della vitamina K nei pazienti con FA, stilata nel 2018 dall’ European Heart Rhythm Association. Le linee guida raccomandano l’uso degli anticoagulanti orali diretti rispetto al warfarin, per la prevenzione dell’ictus in pazienti eleggibili affetti da FA, proprio grazie al rischio ridotto di emorragie intracraniche e potenzialmente mortali osservato costantemente in numerosi studi. “Questi dati accrescono il corpus di evidenze scientifiche che supportano l’uso di edoxaban nella pratica clinica e confermano i risultati del trial ENGAGE-AF-TIMI 48- ad oggi il più ampio e lungo trial singolo comparativo globale sull’uso di un NAO in pazienti con fibrillazione atriale non valvolare – in cui edoxaban ha dimostrato la non inferiorità rispetto al warfarin per la prevenzione di ictus ed eventi embolici sistemici nei soggetti con FA, con inoltre una significativa riduzione della mortalità cardiovascolare e dei sanguinamenti maggiori.” ha commentato il dott. Wolfgang Zierhut, ricercatore e Capo dell’area terapie antitrombotiche e cardiovascolari di Daiichi Sankyo Europa.

FonteDaiichi Sankyo


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Daiichi Sankyo: a Roma l’evento musicale per il cuore dei bimbi africani

“Le note del cuore…battono per l’Africa”, a Roma l’evento musicale per donare elettrocardiografi e strumenti musicali ai bambini della Costa d’Avorio.

Giovedì 17 maggio i cardiologi-musicisti di Roma saliranno ancora sul palco per donare elettrocardiografi e strumenti musicali ad una scuola della Costa d’Avorio. L’iniziativa, realizzata con il supporto incondizionato di Daiichi Sankyo Italia, nasce dall’impegno di “Tre cuori per la musica”, “Istituto Nazionale per le Ricerche Cardiovascolari” e “Insieme per un cuore più sano”

Roma, 14 maggio 2018 – L’Africa Subsahariana mantiene ancora i tassi di mortalità infantile più elevati al mondo – 92 decessi ogni 1.000 nati vivi – quasi 15 volte più della media nei Paesi ad alto reddito. Il decesso perinatale e in particolare quello causato dalle malattie cardiache congenite è diventato la seconda causa di morte. Queste cifre, così come avviene nei Paesi occidentali, potrebbero ridursi drasticamente se si perseguisse lo sviluppo di attività di screening e diagnosi precoce delle patologie cardiovascolari. Per dare concreto sostegno a questo importante obiettivo, il prossimo 17 maggio tre band composte da talentuosi cardiologi musicisti torneranno sul palco del Teatro Ghione alle ore 20.30, con il concerto benefico “Le note del cuore battono per l’Africa”, un progetto ideato da 3 associazioni ONLUS romane con il contributo incondizionato di Daiichi Sankyo Italia.

In principio fu il successo di “Battiti”, la prima serata di beneficenza in cui cardiologi e neurologi dei più importanti ospedali romani si misero in gioco nell’inedita veste di raffinati musicisti e attori per spiegare al pubblico la fibrillazione atriale e l’ictus, poi per supportare le attività di diverse associazioni di pazienti e infine, lo scorso anno, per contribuire a dotare gli ospedali romani più periferici di importanti strumenti diagnostici. Per questa terza edizione i professionisti metteranno a disposizione il loro talento per dare nuove possibilità ai bambini africani, con un progetto che unisce l’Istituto Nazionale per le Ricerche Cardiovascolari, l’associazione pazienti Insieme per un cuore più sano e l’associazione culturale Tre cuori per la musica, creata e presieduta da Marco Rebecchi, chitarrista di una delle band protagoniste e cardiologo al Policlinico Casilino di Roma: “La salute e la musica rappresentano due beni preziosi che vanno di pari passo. Tutti devono avere la possibilità di beneficiare della diagnosi precoce di condizioni patologiche e nello stesso tempo tutti, e soprattutto i bambini, devono godere degli splendidi vantaggi di ascoltare e fare musica

A salire per prima sul palco sarà la band “Early meets late” capitanata dal cardiologo chitarrista Marco Rebecchi e dal chirurgo vascolare batteristaMassimiliano Millarelli (Policlinico Casilino). A completare il gruppo la cantante Alina Mungo, il percussionista Gianfranco Amodio ed il tastierista Luigi Molinaro soci fondatori dell’Associazione Tre Cuori per la Musica.
Seguiranno i“QRS largo” con il cardiologo Giuseppe Placanica (Policlinico Umberto I, Università “La Sapienza”) alla batteria e dal dott. Antonio Ciccaglioni(Responsabile del Centro di Elettrostimolazione, Policlinico Umberto I) al basso; a chiudere sarà la jazz band “♭jazz 4et”, capitanati dal nefrologo pianista Rosario Cianci (Policlinico Umberto I) e guidati dal maestro Santi Scarcella. Novità di quest’anno è la categoria “Academy”, per la quale verrà dato spazio sul palco ad una rappresentanza di giovani allievi della scuola di musica “Note blu” di Grottaferrata. Le esibizioni musicali saranno intervallate da momenti di informazione sui dettagli del progetto e sui temi cari alle tre associazioni organizzatrici.
La prevenzione cardiovascolare nei giovani è un problema di carattere mondiale. E’ fondamentale supportare i Paesi tecnologicamente meno avanzati, quali la Costa d’Avorio, in tale progetto, ma bisogna sottolineare come, anche in Italia, ancora ci sia molto da fare per istituzionalizzare programmi di prevenzione cardiovascolare in tutta la popolazione giovanile indipendentemente dallo svolgimento di attività sportiva” spiega il prof. Francesco Fedele, professore ordinario di cardiologia presso l’Università di Roma “La Sapienza” e presidente dell’Istituto Nazionale per le Ricerche Cardiovascolari.

Il ricavato realizzato grazie alle donazioni liberali del pubblico presente in sala sarà interamente devoluto al progetto Le Note del Cuore Battono per l’Africa, un’iniziativa benefica rivolta ad una scuola della Costa d’Avorio che abbraccia due obiettivi, uno di tipo sanitario e l’altro ricreativo. Per la diagnosi precoce delle aritmie cardiache, la scuola media “Collège Catholique Notre Dame D’Afrique” di Biétry, riceverà un elettrocardiografo con tecnologia di ultima generazione, che consentirà la trasmissione a distanza della traccia elettrocardiografica ad alcuni centri cardiologici di riferimento. I fondi verranno inoltre utilizzati per dotare la stessa scuola di un laboratorio musicale, mediante la donazione della strumentazione necessaria.

“Daiichi Sankyo crede molto nel potere terapeutico della musica, e da anni supporta con entusiasmo eventi di questo genere, ma all’appuntamento annuale siamo particolarmente legati, perché è un’idea che abbiamo visto nascere e contribuito a far crescere sin dalla sua prima edizione. E non potevamo mancare neppure quest’anno, soprattutto considerando gli ambiziosi obiettivi del progetto, che è perfettamente in linea con la mission della nostra azienda, migliorare la qualità della vita dei pazienti, non solo nei paesi industrializzati, ma in tutto il mondo”, commenta Massimo Grandi, Presidente e Amministratore Delegato di Daiichi Sankyo Italia.

FonteDaiichi Sankyo
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Nuovi anticoagulanti orali: Progetto Osservatorio Fenomeno NAO anche in Lombardia

NUOVI ANTICOAGULANTI ORALI, fondamentale il ruolo dei Centri e il networking con territorio e MMG per una gestione ottimale della terapia

Prosegue in Lombardia l’”Osservatorio Fenomeno NAO”, il progetto promosso da Daiichi Sankyo per aiutare le regioni italiane a garantire sostenibilità ed efficienza al nuovo sistema terapeutico.
Dalla tavola rotonda di Milano, apertura di un dialogo con amministrazioni e associazioni pazienti, al fine di ottenere il riconoscimento formale del ruolo dei centri di gestione della terapia anticoagulante e l’implementazione del networking tra Centri e territorio.

19 dicembre 2017 – Dopo l’apertura in Veneto, prosegue in Lombardia l’Osservatorio Fenomeno NAO, il progetto promosso da Daiichi Sankyo per aiutare le regioni italiane a garantire sostenibilità ed efficienza al nuovo sistema terapeutico, e che coinvolgerà in questa prima fase anche Toscana, Emilia Romagna e Lazio, con l’obiettivo di favorire la diffusione di una appropriata gestione dei NAO, migliorare la compliance e l’aderenza del paziente, diminuire le aree di rischio, e supportare il controllo della spesa sanitaria.
A quattro anni dall’ingresso nel panorama terapeutico italiano dei nuovi anticoagulanti orali, infatti, si riscontra chiaramente l’esigenza di una ripianificazione delle strategie cliniche e organizzative, soprattutto per i Centri per la gestione della terapia anticoagulante, anche in considerazione del futuro calo di prescrizioni degli AVK, che con ogni probabilità resteranno terapia elettiva per quei pazienti che non avranno l’indicazione al trattamento con i nuovi anticoagulanti. Il progetto dell’osservatorio in Lombardia ha visto la partecipazione di 9 Medici di Centri di terapia anticoagulante della Regione, che si sono riuniti per esplorare e condividere la propria esperienza riguardo al tema del management, a livello clinico e organizzativo, del paziente in trattamento con i nuovi anticoagulanti orali (NAO), al fine di individuare azioni o strategie utili a rispondere agli attuali unmet needs e garantire la sostenibilità e l’efficienza dei Centri. La tavola rotonda di Milano ha anche valutato l’opportunità di redigere un documento di consenso da presentare alla Regione, come primo passo per l’apertura di un dialogo con amministrazioni e associazioni pazienti, che conduca ad un riconoscimento formale del ruolo svolto dai Centri di terapia anticoagulante nella gestione dei pazienti anticoagulati, creando così le basi per l’implementazione del networking tra Centri e territorio.

Necessità sul piano clinico

Per la terapia anticoagulante, la Regione Lombardia segue le Linee Guida ESC (2016) che raccomandano, con evidenza IA, l’utilizzo dei NAO rispetto al trattamento con AVK, laddove vi sia indicazione all’anticoagulazione e il paziente non presenti controindicazioni, incluse quelle riguardanti la misurazione del CHA2DS2-VASc e dei livelli di anticoagulazione e, infine, la gestione degli interventi chirurgici. Tuttavia si rileva la necessità di implementare i dati sulle interazioni farmacologiche: se infatti sono state già raccolte tutte le evidenze a disposizione rispetto a farmaci cardiovascolari, antimicotici, antibiotici, immunosoppressivi e antiretrovirali, attualmente mancano del tutto dati sulle interazioni con gli antineoplastici, rispetto alla quale potrebbe fornire nuove evidenze HOKUSAI VTE CANCER, lo studio che sta confrontando l’anticoagulante diretto edoxaban con il trattamento gold standard di dalteparina, per la prevenzione dell’esito combinato di TEV o sanguinamento maggiore, nei soggetti con TEV associato al cancro.
Rispetto all’uso dei NAO, risulta inoltre fondamentale il monitoraggio per la verifica dell’aderenza alla terapia, ma eventuali criticità in merito si riscontrano più sul piano organizzativo che su quello clinico.

Criticità organizzative e gestionali

Il confronto tra le diverse modalità di accesso e gestione dei pazienti in TAO e NAO all’interno dei 9 Centri di terapia anticoagulante lombardi, ha rilevato una forte eterogeneità territorio-dipendente del monitoraggio nella fase di follow up, soprattutto rispetto al coinvolgimento della medicina di base, che in alcuni contesti rappresenta un supporto attivo per il Centro nella gestione quotidiana dei pazienti e della verifica dell’aderenza alla terapia; in molti altri casi, invece, i Centri si trovano ad effettuare controlli di monitoraggio di pazienti in carico ad altri specialisti quali, ad esempio, i cardiologi. Dunque emerge con evidenza la necessità di strutturare una maggiore collaborazione con gli specialisti al fine di rendere “formale” il passaggio ai Centri, consolidandone il ruolo di riferimento nella gestione di tali pazienti, per i quali, nella maggior parte dei casi, è necessaria una rivalutazione clinica che rende quindi auspicabile una formale presa in carico del paziente da parte del Centro.
In alcuni contesti, si riscontrano inoltre difficoltà nell’organizzazione dello switch da AVK a NAO, a causa della mancanza di personale nei Centri.

Il percorso terapeutico in Lombardia

– PRIMA VISITA: Gli invii al Centro di terapia anticoagulante, che si tratti di candidati ad AVK o NAO, avvengono da parte dei diversi reparti ospedalieri (cardiologia, medicina vascolare, medicina interna, neurologia), dai cardiologi del territorio e dalla medicina generale; nella maggior parte dei casi i tempi di attesa per la prima visita, della durata massima di 45 minuti, non superano i 15 giorni per la TAO e i 30 per la terapia NAO. La strutturazione della prima visita, momento centrale per l’educazione del paziente al trattamento con i NAO, varia a seconda che il paziente sia già in trattamento anticoagulante (switch). La compilazione del Piano Terapeutico avviene in genere contestualmente alla visita e al paziente vengono forniti gli appuntamenti per i successivi follow up. Nella maggior parte dei Centri è previsto, in caso di urgenza, l’accesso diretto dei pazienti entro 72 ore.
– FOLLOW UP: Nel caso della TAO, il timing e la strutturazione dei controlli si basano sulle condizioni dei pazienti, sulle caratteristiche del Centro e sul numero dei soggetti che questo ha in carico: nella maggior parte dei casi i controlli (verifica INR) vengono eseguiti in un ambulatorio dedicato,e il PT viene inviato per mail successivamente al paziente; è inoltre prevista una visita strutturata laddove le condizioni del paziente la rendano necessaria. In alcuni Centri, invece, tutti i pazienti dopo il prelievo effettuano una visita che prevede raccordo anamnestico, presentazione di eventuale documentazione clinica, prescrizione di altre terapie e infine ricezione del PT TAO con relativo appuntamento ad un successivo controllo. Per il trattamento NAO, il timing dei controlli, che varia in funzione delle caratteristiche dei pazienti, prevede, nella maggior parte dei casi, follow up a 1, 6 e 12 mesi (per il rinnovo del PT), i controlli vengono fissati di volta in volta e non sono quindi previsti tempi di attesa. Ad ogni controllo di follow up vengono richiesti in visione esami generali (coagulazione di base dove indicata, emocromo, funzionalità epatorenale), eventuali visite specialistiche o accertamenti effettuati di relativa valenza clinica (tali da non richiedere controlli estemporanei non programmati).
– MODALITÀ DI PRESCRIZIONE/RINNOVO Il momento del rinnovo è fondamentale, in quanto consente la rivalutazione del paziente e la verifica dell’appropriatezza prescrittiva.
Nella maggior parte dei casi il rinnovo del PT è redatto direttamente dal centro al momento del follow up a 12 mesi, e la sua compilazione varia a seconda della provenienza dei pazienti (regionali o esterni) e del software utilizzato.

Soluzioni attraverso strategie di Networking

La Tavola Rotonda dell’Osservatorio Fenomeno NAO in Lombardia, ha valutato anche la possibilità di redigere un documento di consenso da presentare alla Regione, in cui convergono le criticità relative ai Centri di terapia anticoagulante, evidenziando la necessità di operare un formale riconoscimento dei Centristessi a fronte del ruolo centrale che assumono nella gestione dei pazienti, e di implementare le reti tra territorio e Centri, anche rendendone più equa la distribuzione, al fine di far fronte in modo ottimale al numero crescente di pazienti in trattamento anticoagulante con le nuove molecole.
L’eterogeneità del territorio non rende percorribile l’ipotesi di proporre un modello di gestione uniforme ed applicabile a tutte le diverse realtà, tuttavia appare utile sottolineare i punti cardine della corretta gestione dei pazienti, tanto dal punto di vista clinico (corretta educazione del paziente, follow up, verifica dell’aderenza), quanto da quello organizzativo (distribuzione dei Centri sul territorio, incremento e formazione del personale medico ed infermieristico, riduzione dei tempi di attesa per le visite).
“L’eventuale stesura di questo documento può rappresentare il primo passo per aprire un dialogo finalizzato al miglioramento delle criticità che si riscontrano quotidianamente nella gestione dei pazienti anticoagulati. Implementare le collaborazioni e strutturare una rete funzionale tra i vari Centri e tra questi e il territorio consentirebbe interventi mirati a migliorare il dialogo con le Amministrazioni e le Associazioni Pazienti. E’ anche indispensabile dare maggiore visibilità alla mole di lavoro svolto dai Centri per la gestione quotidiana dei pazienti in terapia anticoagulante, e promuoverne quindi il riconoscimento formale. – spiega il coordinatore della Tavola Rotonda Lombardia, Dr. Marco Moia, Responsabile dell’Unità di Terapia Anticoagulante presso la Fondazione Ca’ Granda, Ospedale Maggiore Policlinico di Milano ed attuale Presidente della Federazione dei Centri per la diagnosi della trombosi e la Sorveglianza delle terapie Antitrombotiche (FCSA) – Dovremo inoltre essere capaci instaurare una solida collaborazione con la medicina generale, magari , partendo da iniziative educazionali, per coinvolgere maggiormente in questa attività, i MMG, come è giusto che sia. Son infatti convinto che possano porsi come figure centrali nella gestione del follow up e nella verifica dell’aderenza alla terapia nei pazienti in NAO.”

FonteDaiichi Sankyo

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HOKUSAI-VTE Cancer: per Edoxaban efficacia non inferiore alla dalteparina trattamento TEV pazienti oncologici

HOKUSAI-VTE Cancer: per Edoxaban (LIXIANA®) efficacia non inferiore alla dalteparina e maggior maneggevolezza, per il trattamento della TEV nei pazienti oncologici

Il rischio di tromboembolia venosa aumenta da 4 a 7 volte nei pazienti sottoposti a chemioterapia, e rappresenta per essi la seconda causa di morte. L’attuale standard di cura, l’eparina a basso peso molecolare, ha una bassa aderenza a causa della necessità di iniezioni quotidiane, ma una possibile soluzione potrebbe provenire dall’anticoagulante orale edoxaban, risultato non inferiore alla dalteparina. I risultati dell’Hokusai- VTE Cancer presentati da Daiichi Sankyo al Congresso ASH di Atlanta

Roma, 13 dicembre 2017 – Nei pazienti con cancro e tromboembolia venosa (TEV), la terapia con anticoagulante orale edoxaban (LIXIANA®), risulta non inferiore allo standard di cura a base di dalteparina iniettabile per via sottocutanea, nella prevenzione delle recidive di TEV o dei sanguinamenti maggiori. A dimostrarlo sono i primi risultati del trial Hokusai-VTE Cancer, pubblicati sul New England Journal of Medicine (NEJM) e presentati durante il Congresso dell’American Society of Hematology (ASH) che si è appena concluso ad Atlanta.

Il rischio di sviluppare TEV, nella forma di trombosi venosa profonda o embolia polmonare, aumenta da 4 a 7 volte nei pazienti oncologici sottoposti a chemioterapia e, per questa popolazione di pazienti, essa rappresenta la seconda causa di morte. Nel trattamento del TEV in questi pazienti, le attuali linee guida raccomandano eparina a basso peso molecolare (dalteparina) per almeno sei mesi come standard di cura. Tuttavia, attualmente l’aderenza alle linee guida per il trattamento della TEV correlata a cancro risulta più bassa di quanto sarebbe auspicabile, proprio a causa della necessità della somministrazione del farmaco attraverso iniezioni sottocutanee quotidiane. Dunque un’ulteriore sfida per i pazienti oncologici, che corrono un rischio maggiore sia di recidive di TEV che di sanguinamenti maggiori.

Hokusai-VTE CANCER è il primo trial clinico controllato randomizzato ad aver studiato il rapporto rischio-beneficio di un anticoagulante (DOAC) rispetto allo standard di cura attuale delle iniezioni a base di dalteparina (eparina a basso peso molecolare) nei pazienti affetti da cancro, e i primi risultati dimostrano che edoxaban soddisfa i criteri pre-specificati di non inferiorità rispetto a questo standard.
Lo studio ha arruolato 1.050 pazienti con cancro attivo, il 53% di essi presentava cancro metastatico e il 72% era sottoposto a chemioterapia al momento della randomizzazione.

“I pazienti oncologici hanno un rischio significativamente più alto di sviluppare TEV, e rappresentano una popolazione ad alto rischio, dal momento che l’82% di essi presenta uno o più fattori di rischio di sanguinamento. – ha spiegato il co-sperimentatore principale del trial, Harry Büller, professore al Dipartimento di Medicina Vascolare dell’Academic Medical Center di Amsterdam – Rispetto alla dalteparina, in un anno di studio abbiamo riscontrato una minor incidenza di recidive di TEV con edoxaban. Inoltre, non abbiamo osservato sanguinamenti fatali e la gravità clinica dei sanguinamenti maggiori era simile a quanto osservato con la dalteparina. Inoltre, per i pazienti con cancro il rischio di TEV persiste oltre i sei mesi, ma la durata di 12 mesi di questo studio, consente la valutazione di edoxaban per un periodo più lungo.”

Lo studio ha raggiunto l’endpoint primario di non inferiorità di edoxaban per l’outcome composito della prima recidiva di TEV o sanguinamento maggiore, in un periodo di 12 mesi. Nell’anno in esame, questi eventi hanno colpito 67 dei 522 pazienti (12,8%) nel gruppo edoxaban rispetto ai 71 dei 524 pazienti (13,5%) del gruppo dalteparina (hazard ratio con edoxaban, 0,97; 95% CI, 0,70 a 1,36; P = 0,0056 per non inferiorità). La differenza del rischio di recidiva di TEV è stata di -3,4% (95% CI, -7,0 a 0,2), mentre la corrispondente differenza di rischio per i sanguinamenti maggiori è stata del 2,9% (95% CI, 0,1 a 5,6). Nel braccio edoxaban, inoltre, non si sono registrati sanguinamenti fatali, mentre nel braccio dalteparina se ne sono registrati due. Lo studio ha anche soddisfatto l’outcome secondario di sopravvivenza libera da eventi (la proporzione di soggetti che nel tempo non presentano recidive di TEV, sanguinamenti maggiori e morte) a 12 mesi, e le frequenze sono risultate simili tra edoxaban e dalteparina (55% e 56,5% rispettivamente).

“I risultati del trial Hokusai- VTE Cancer dimostrano che l’uso dell’anticoagulante orale edoxaban, rispetto alla dalteparina, allevia il paziente dal peso di un’iniezione sottocutanea quotidiana, senza che vi sia alcuna perdita di benefici clinici, e ciò potrebbe rappresentare una svolta per tutte quelle persone che, oltre alla battaglia contro il cancro, devono ogni giorno affrontare e combattere il rischio di TEV”- ha commentato il ricercatore Hans J. Lanz, Vice Presidente del dipartimento Global Medical Affairs di Daiichi Sankyo.

La Tromboembolia Venosa. Con il termine tromboembolia venosa (o tromboembolismo venoso) si indicano due patologie correlate, la trombosi venosa profonda (TVP) e l’embolia polmonare (PE). La TVP è causata dalla formazione di un coagulo all’interno di una vena profonda, di solito negli arti inferiori, nella pelvi o nelle cosce, ma può verificarsi anche in altre parti del corpo. L’embolia polmonare (EP) si determina quando una parte del coagulo si distacca dall’interno di una vena e viaggia fino ai polmoni, dove ostruisce le arterie polmonari determinando una condizione potenzialmente fatale. In 25 stati dell’UE, la TEV supera 1,5 milioni di eventi ogni anno e l’incidenza annuale di TEV nei paesi sviluppati è stimata tra 1 e 3 su 1.000 adulti. Un precedente episodio di TEV è il fattore di rischio più significativo di una recidiva, e dopo i 50 anni di età, il rischio raddoppia ogni 10 anni.

La TEV e il Cancro. La TEV è la seconda causa di morte nei pazienti oncologici sottoposti a chemioterapia, ed ha un’incidenza annuale che può arrivare al 20 per cento a seconda della tipologia di cancro, dei fattori di rischio e del tempo trascorso dalla diagnosi. I pazienti oncologici presentano fattori di rischio multipli per la TEV e relative recidive, rischio che aumenta da 4 a 7 volte nei soggetti sottoposti a chemioterapia. I pazienti con cancro che soffrono anche di TEV hanno, inoltre, una minore sopravvivenza rispetto a coloro che non ne soffrono.

Hokusai-VTE CANCER è uno studio internazionale di fase 3b, prospettico, randomizzato in aperto con endpoint cieco (PROBE), che valuta l’efficacia e la sicurezza di edoxaban rispetto alla dalteparina, per il trattamento della TEV nei pazienti oncologici. L’obiettivo principale dello studio era quello di valutare edoxaban rispetto allo standard di cura a base di eparina a basso peso molecolare, per la prevenzione dell’esito combinato di recidive di TEV o sanguinamenti maggiori così come definiti dalla Società Internazionale di Trombosi ed Emostasi (ISTH), in pazienti con TEV associata a cancro. Gli outcome secondari includevano la valutazione degli effetti del trattamento di recidive di TEV, sanguinamenti clinicamente rilevanti e sopravvivenza libera da eventi (recidive di TEV, sanguinamenti maggiori e morte). Lo studio ha arruolato un ampio spettro di pazienti (1.050) in 13 stati tra Nord America, Europa, Australia e Nuova Zelanda. Al momento della randomizzazione, il 98% dei pazienti presentava cancro primario attivo, di questi, il 53% aveva cancro metastatico e il 72% era sottoposto a chemioterapia.
I soggetti sono stati randomizzati per ricevere 60 mg di edoxaban in monosomministrazione giornaliera (ridotti a 30 mg edoxaban per pazienti con insufficienza renale e clearance di creatinina [CrCL] 30-50 mL/min, peso corporeo ≤ 60 kg, o uso concomitante di inibitori della glicoproteina P [P-gp], a seguito del trattamento di eparina a basso peso molecolare per almeno 5 giorni, oppure dalteparina SC 200 IU/kg in monosomministrazione giornaliera per 30 giorni, seguita da una dose ridotta di 150 IU/kg sempre in monosomministrazione giornaliera, per i 12 mesi della durata dello studio.
Per maggiori info: https://www.clinicaltrials.gov/ct2/show/NCT02073682

Edoxaban
Edoxaban è un inibitore orale diretto del fattore Xa (pronunciato“Decimo a”) in monosomministrazione giornaliera. Il Fattore Xa è un componente centrale della cascata coagulativa, dunque la sua inibizione rende il sangue più fluido e meno soggetto a coaguli. Edoxaban è attualmente commercializzato in Giappone, USA, Canada, Sud Corea, Hong Kong Taiwan, Tailandia, Svizzera, U.K., Germania, Irlanda, Paesi Bassi, Italia, Spagna, Belgio, Austria, Portogallo, e altri Paesi europei. Il Riassunto delle Caretteristiche del Prodotto di edoxaban è consultabile al seguente link: http://www.ema.europa.eu/docs/en_GB/document_library/EPAR_-_Product_Information/human/002629/WC500189045.pdf.

Fonte: Daiichi Sankyo

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Daiichi Sankyo: Edoxaban, prevenzione nei pazienti con coronaropatia concomitante

Fibrillazione atriale, edoxaban più sicuro del warfarin nella prevenzione degli eventi emorragici gravi e nei pazienti con coronaropatia concomitante

Roma, 15 novembre 2017 – Edoxaban (LIXIANA®), rispetto a warfarin, riduce i sanguinamenti e soprattutto quelli di maggior gravità nei pazienti con FA e riduce significativamente il numero degli eventi ischemici in pazienti con fibrillazione atriale e concomitante coronaropatia. A dimostrarlo sono due approfondite sotto-analisi del trial clinico ENGAGE AF-TIMI 48 (Effective aNticoaGulation with factor XA next GEneration in Atrial Fibrillation), presentate all’American Heart Association (AHA) Scientific Session che sta per concludersi ad Anaheim, in California.

La prima sotto-analisi ha analizzato l’incidenza degli eventi emorragici come definiti dalle quattro classificazioni più comuni, e i risultati dimostrano che, in base alla definizione utilizzata, esiste una differenza di circa quattro volte della frequenza di sanguinamenti nei pazienti con FA a rischio di ictus. Inoltre, in coloro che assumevano edoxaban, si è riscontrata una maggior riduzione del rischio di emorragia, rispetto a warfarin, nei sanguinamenti di maggior gravità. “Questi risultati dimostrano che, rispetto alla terapia standard con warfarin, edoxaban riduce sensibilmente il rischio di eventi emorragici, in particolare quelli di maggior gravità”, ha spiegato Brian A. Bergmark, autore del TIMI Study Group, Divisione di Medicina Cardiovascolare, Brigham and Women’s Hospital e Harvard Medical School di Boston.

Una ulteriore analisi post-hoc del trial ENGAGE AF-TIMI 48, fornisce informazioni su edoxaban in pazienti affetti da FA con coronaropatia conclamata, e ha evidenziato che con edoxaban (60/30 mg) rispetto a warfarin, si verifica una maggior riduzione degli eventi ischemici nei pazienti affetti da coronaropatia rispetto a quelli non affetti. I dati mostrano che nei pazienti affetti da FA e concomitante coronaropatia, coloro che hanno assunto edoxaban hanno presentato una riduzione, rispetto a warfarin, di ictus/eventi embolici sistemici (1,4 versus 2,1%) e di infarto miocardico (1,4 versus 2,0%). I sanguinamenti maggiori, infine, nei pazienti che ricevevano edoxaban sono stati significativamente più bassi rispetto a quelli osservati nei pazienti che ricevevano warfarin, a prescindere dalla presenza di coronaropatia [pazienti con coronaropatia che ricevevano edoxaban vs warfarin (3,5 versus 4,4%); pazienti senza coronaropatia che assumevano edoxaban vs warfarin (2,6 versus 3,2% )].

“Dal momento che i pazienti affetti da FA e coronaropatia concomitante corrono un rischio più alto di infarto miocardico e morte, questi risultati possono avere importanti implicazioni cliniche per gli specialisti che trattino queste frequenti patologie”, ha commentato l’altro autore del TIMI Study Group, Thomas A. Zelniker, Divisione di Medicina Cardiovascolare, Brigham and Women’s Hospital e Harvard Medical School di Boston.

Il trial ENGAGE AF-TIMI 48 è stato disegnato per valutare i profili di efficacia e sicurezza di edoxaban rispetto a warfarin in 21.105 pazienti affetti da FA e con rischio moderato e alto di ictus (CHADS2≥2) o eventi embolici sistemici.3 “I nuovi dati dell’ ENGAGE AF-TIMI 48 trial arricchiscono la mole di conoscenze provenienti dal Programma di ricerca clinico su Edoxaban che fornisce informazioni chiave sui potenziali effetti di questo nuovo anticoagulante orale nelle varie tipologie di pazienti con FA, e in questo caso specifico parliamo di coloro che soffrono anche di coronaropatia o presentano un alto rischio di sanguinamenti”, ha concluso il dottor Hans J. Lanz, Direttore Esecutivo del dipartimento Global Medical Affairs di Daiichi Sankyo.

FonteDaiichi Sankyo

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Ictus e fibrillazione atriale: Congresso ESC 2017, LIXIANA® (edoxaban)

Congresso ESC 2017 – Ictus e fibrillazione atriale, anche nei pazienti a più alto rischio LIXIANA® è altrettanto efficace e più sicuro del warfarin

 

Barcellona, 29 agosto 2017 – LIXIANA® (edoxaban) è altrettanto efficace e più sicuro del warfarin per tutti i pazienti affetti da fibrillazione atriale non valvolare, anche quelli a più alto rischio di ictus o eventi embolici sistemici (secondo la scala CHADS2DS2-VASc). A dimostrarlo è l’ultima sotto-analisi del trial clinico ENGAGE AF-TIMI 48 (Effective aNticoaGulation with factor XA next GEneration in Atrial Fibrillation), presentata da Daiichi Sankyo al Congresso Europeo di Cardiologia che sta per concludersi a Barcellona.

I risultati generali dello studio ENGAGE AF-TIMI 48 avevano già dimostrato che, nei pazienti con FANV, edoxaban in monosomministrazione giornaliera fosse altrettanto efficace del warfarin per la prevenzione di ictus o di eventi embolici sistemici, e che al contempo riducesse significativamente il rischio di sanguinamenti. Questa nuova sotto analisi ha confermato che il vantaggio di edoxaban rispetto al warfarin si mantiene indipendentemente dai valori del CHA2DS2VASc, che valuta il rischio di ictus in modo più accurato rispetto al precedente CHADs.

Oltre ad approfondire il profilo rischio-beneficio di edoxaban nella prevenzione dell’ictus, questa sotto analisi dimostra che edoxaban, all’aumentare del rischio tromboembolico, garantisce una riduzione assoluta dei sanguinamenti (inclusi i sanguinamenti maggiori, emorragie intracraniche e ospedalizzazioni per patologie cardiovascolari) ancora maggiore rispetto ai pazienti trattati con warfarin; i risultati di sicurezza rimangono infatti invariati anche in pazienti con un punteggio più alto di CHA2DS2VASc (p-int=0,99 per sanguinamenti maggiori).

“Ridurre il rischio di ictus è di vitale importanza per una gestione efficace della fibrillazione atriale non valvolare. I dati di edoxaban in pazienti a diversi livelli di rischio possono aiutare molto gli specialisti nella pratica clinica, consentendo loro di prendere la decisione migliore per i singoli pazienti”, ha spiegato il cardiologo Joris De Groot, ricercatore dell’Università di Amsterdam e principale autore dello studio.

Edoxaban dunque protegge efficacemente anche i pazienti a più alto rischio di ictus o eventi embolici sistemici. La sua efficacia rispetto al warfarin per la prevenzione dell’ictus rimane stabile in pazienti con diversi CHA2DS2VASc (p-int=0,546 per ictus ed eventi embolici sistemici).

“Questa nuova sottoanalisi è solo una delle tante dimostrazioni dell’impegno di Daiichi Sankyo nello sviluppo delle ricerche scientifiche in ambito cardiovascolare, con l’obiettivo di migliorare la cura e la qualità di vita dei pazienti, con particolare attenzione ai soggetti più vulnerabili a più alto rischio”, ha dichiarato il dottor Wolfgang Zierhut, direttore esecutivo del Cardiovascular Medical Affairs di Daiichi Sankyo.

Le analisi dell’ENGAGE AF-TIMI 48 confermano e supportano le Linee Guida ESC 2016 per la gestione della FA, che raccomandano l’utilizzo degli anticoagulanti orali diretti come ampiamente preferibili agli antagonisti della vitamina K, quale il warfarin, per la prevenzione dell’ictus nei pazienti con FANV, proprio grazie alla riduzione del rischio di sanguinamenti che questo tipo di trattamento comporta.

ENGAGE AF-TIMI 48 è un trial clinico globale di fase 3 che ha randomizzato 21.105 pazienti affetti da fibrillazione atriale non valvolare in tre bracci di trattamento: warfarin, edoxaban alta dose (60 o 30 mg una volta al giorno), edoxaban bassa dose (30 o 15 mg una volta al giorno). In questa particolare sotto-analisi, i pazienti sono stati raggruppati secondo il loro CHA2DS2VASc (≤2, 3, 4, 5, ≥6) e si sono valutate efficacia (ictus ed eventi embolici sistemici) e sicurezza (sanguinamenti maggiori, emorragie intracraniche e risultati di ospedalizzazioni cardiovascolari) di edoxaban alta dose rispetto al warfarin.

FonteDaiichi Sankyo

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Cardioversione, LIXIANA parere positivo CHMP

Fibrillazione atriale, LIXIANA® riceve parere positivo dal CHMP dell’EMA per l’utilizzo in pazienti sottoposti a cardioversione

L’aggiornamento del Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto (RCP) raccomandato dal Comitato Europeo per i Medicinali per Uso Umano (CHMP) dell’EMA, consente la somministrazione di LIXIANA® a pazienti che devono sottoporsi a cardioversione ritardata preceduta da ecocardiogramma per via transesofagea (ETE). Il farmaco di Daiichi Sankyo è ad oggi l’unico anticoagulante orale non antagonista della vitamina K con specifiche istruzioni per una rapida cardioversione entro due ore dalla sua somministrazione, nell’approccio ETE guidato.

Roma, 17 giugno 2017 – Il Comitato Europeo per i Medicinali ad Uso Umano (CHMP) dell’EMA ha raccomandato l’aggiornamento del RCP autorizzando l’utilizzo dell’anticoagulante orale LIXIANA® di Daiichi Sankyo, nei pazienti sottoposti a cardioversione preceduta da ecocardiogramma per via transesofagea (ETE).

L’aggiornamento si basa sui risultati dello studio ENSURE-AF, il più ampio trial clinico randomizzato con un anticoagulante orale in pazienti affetti da fibrillazione atriale non valvolare e sottoposti a cardioversione. Lo studio ha arruolato 2.199 pazienti, e ha comparato l’inibitore diretto del fattore Xa in monosomministrazione giornaliera LIXIANA, con il trattamento enoxaparina/warfarin con un tempo medio di permanenza nel range terapeutico (INR 2-3) del 70,8 %. I dati dimostrano che LIXIANA è un’alternativa altrettanto efficace e sicura al miglior trattamento standard con enoxaparina/warfarin. La rapida azione di LIXIANA consente, infatti, una tempestiva cardioversione ETE guidata già a due ore dall’assunzione dell’anticoagulante, evitando così eventuali ritardi nella procedura.

La Cardioversione è una procedura utilizzata per ripristinare un battito cardiaco regolare nei pazienti affetti da fibrillazione atriale. A causa del rischio associato di eventi trombotici quali l’ictus, le linee guida raccomandano un trattamento anticoagulante prima e dopo l’intervento. Attualmente, il miglior trattamento standard è costituito dalla somministrazione iniziale di enoxaparina, seguita dalla associazione con AVK, fino a che si raggiunga il range terapeutico INR 2-3. Tuttavia, l’effetto ritardato e le variazioni dell’INR in corso di terapia con AVK, come con il warfarin possono portare a problematici e costosi ritardi nell’esecuzione della cardioversione.

Il trial ENSURE-AF

Il trial ENSURE-AF (EdoxabaN vs. warfarin in subjectS UndeRgoing cardiovErsion of Atrial Fibrillation) è uno studio di fase IIIb prospettico, randomizzato, in aperto, con valutazione in cieco degli endpoint (PROBE), a gruppi paralleli, il cui scopo è stato valutare l’efficacia e la sicurezza di edoxaban in monosomministrazione giornaliera rispetto al trattamento enoxaparina/warfarin nei pazienti affetti da FANV e sottoposti a cardioversione elettrica. Un totale di 2.199 pazienti sono stati arruolati in 239 centri tra Nord America ed Europa. I pazienti sono stati randomizzati per ricevere edoxaban 60 mg (o una dose ridotta di edoxaban 30 mg se presentavano una o più delle seguenti caratteristiche: insufficienza renale, basso peso corporeo o assunzione concomitante di inibitori della glicoproteina P) o di enoxaparina/warfarin ben gestito (il tempo medio di permanenza nel range terapeutico è stato del 70,8%) per 28-49 giorni. Edoxaban ha dimostrato efficacia e sicurezza comparabili all’enoxaparina/warfarin ben gestito, per la prevenzione di ictus e altre complicanze tromboemboliche.
L’endpoint primario di efficacia dello studio ENSURE AF era un composito di ictus, eventi embolici sistemici, infarto miocardico e mortalità cardiovascolare, che si sono verificati in 5 pazienti nel braccio LIXIANA 60/30mg e in 11 pazienti nel braccio enoxaparina-warfarin. L’endpoint primario di sicurezza comprendeva sanguinamenti maggiori e sanguinamenti non-maggiori clinicamente rilevanti (CRNM), che si sono verificati in 16 pazienti nel braccio LIXIANA, e in 11 pazienti del braccio enoxaparina/warfarin. La differenza tra i due bracci non è statisticamente significativa. L’incidenza di tromboembolismo e sanguinamenti maggiori e CRNM è stata bassa nei bracci LIXIANA e warfarin eccezionalmente ben controllato. Non c’è stata differenza fra l’approccio ETE guidato e la cardioversione ritardata. Questo aggiornamento di RCP fa di LIXIANA l’unico anticoagulante orale con linee guida specifiche per una cardioversione rapida, con approccio guidato da ecocardiogramma per via transesofagea, entro le due ore successive alla somministrazione del farmaco.

La fibrillazione atriale
La FA è una condizione per la quale il cuore batte in modo rapido e irregolare. Quando ciò accade, il sangue può ristagnare nelle camere cardiache aumentando il rischio della formazione di coaguli. Questi coaguli possono staccarsi e, trasportati dal flusso sanguigno, arrivare fino al cervello o in altri organi, ove possono causare un ictus.
La FA è la più comune forma di aritmia cardiaca, ed è associata a elevate morbilità e mortalità. Si stima che nel 2010, a soffrire di questa condizione erano 8,8 milioni di europei, e questa cifra è destinata a raddoppiarsi nei prossimi 50 anni. I soggetti affetti da aritmia hanno un rischio di essere colpiti da ictus di 3-5 volte superiore rispetto a coloro che non ne soffrono. Un ictus su 5 è causato da FA.

Edoxaban
Edoxaban è un inibitore orale diretto del fattore Xa in monosomministrazione giornaliera. Il fattore Xa è uno dei fattori chiave della coagulazione, responsabile della formazione dei coaguli di sangue; inibirlo significa rendere il sangue più fluido e quindi meno soggetto a coaguli. Edoxaban è attualmente disponibile in Giappone, USA, Sud Corea, Hong Kong, Taiwan, Tailandia, Svizzera, Regno Unito, Germania, Irlanda, Paesi Bassi, Italia, Spagna, Belgio, Austria, Portogallo, Canada e altri Paesi europei.

Per conoscere meglio le caratteristiche di edoxaban:
http://www.ema.europa.eu/docs/en_GB/document_library/EPAR_-_Product_Information/human/002629/WC500189045.pdf.


Fonte
Daiichi Sankyo

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Prevenzione Tumori femminili e ricerca le chiavi di un “Futuro in Rosa”

Tumori femminili. Prevenzione e ricerca le chiavi di un “Futuro in Rosa”

Roma 20 giugno 2017, Senato della Repubblica – A che punto sono la prevenzione e la ricerca sui tumori femminili nel nostro Paese? Ne parlano oggi alcuni dei principali attori del sistema Salute italiano nella tavola rotonda “Futuro in Rosa”, tenutasi in Senato con il sostegno non condizionato di Daiichi Sankyo. Un incontro più che mai necessario poiché, se è vero che la ricerca scientifica ha consentito negli ultimi anni un aumento della sopravvivenza, restano indispensabili il confronto e la stretta collaborazione tra Istituzioni, Classe Medica, Industria e Associazioni di Pazienti, o il tumore continuerà ad avere l’ultima parola.

“Negli ultimi anni, rispetto ai tumori femminili si sono registrati maggiore sopravvivenza, più agevole accesso alle cure e migliore qualità della vita delle pazienti. Ma la ricerca sta aprendo ulteriori prospettive, sia nella prevenzione che nella cura: i tumori femminili saranno sempre più curabili. Bisogna mettere le strutture sanitarie in grado di recepire e attuare i grandi progressi fatti dalla ricerca” ha dichiarato il Senatore Lucio Malan, che ha promosso e aperto la discussione fra i partecipanti alla tavola rotonda.

I dati sono chiari. Negli ultimi dieci anni i casi di tumore nel mondo sono aumentati del 33%, un trend in continua crescita, dovuto anche al generale invecchiamento della popolazione. Il cancro è ancora la seconda causa di morte nel mondo dopo le malattie cardiovascolari e, per le donne, il tumore più comune resta quello al seno, che solo nel 2015 ne ha colpite 2,4 milioni.

“Le malattie croniche, trasmissibili o non trasmissibili come i tumori, sono patologie in cui permangono intollerabili diseguaglianze in termini di accesso alla salute e ai servizi sanitari, aspettativa di vita e mortalità, tanto più intollerabili in quanto molte di queste malattie sono oggi prevenibili e curabili – ha spiegato il Prof Stefano Vella, direttore del centro per la Salute Globale dell’ISS- Per affrontare questi problemi è cresciuto il concetto di Salute Globale, un’area emergente e intersettoriale di studio, ricerca e azione, orientata al miglioramento della salute di tutta l’umanità, superando le prospettive, gli interessi e le possibilità delle singole nazioni”.

Numeri e prevenzione. In Italia l’incidenza dei tumori femminili è in aumento, solo nel 2016 sono stati registrati 50.000 nuovi casi di tumore della mammella. Questo dato, strettamente legato alla decisione di alcune Regioni di ampliare la fascia di screening mammografico, ha rivelato un aumento significativo dell’incidenza tra i 45 e i 49 anni. Grazie alla prevenzione, però, la sopravvivenza delle pazienti è mediamente più elevata rispetto al resto d’Europa. Nel tumore al seno la sopravvivenza a cinque anni dalla diagnosi si avvicina al 90%, e al 68% per il tumore alla cervice uterina, percentuali ancora più elevate quando la malattia viene diagnosticata nel suo stadio precoce.
I programmi di prevenzione, quindi, contribuiscono a ridurre significativamente la mortalità nel nostro Paese, che è in testa alla classifica europea sulla sopravvivenza per quasi tutti i tumori.

Qualità della prevenzione Si potrebbe fare di più. Alcuni studi scientifici, infatti, dimostrano che se una donna si affida a strutture specializzate come le Breast Unit, ha una percentuale di sopravvivenza più alta del 18% rispetto a coloro che si rivolgono a strutture non specializzate.

Anche se i più moderni approcci terapeutici hanno portato ad un forte miglioramento della prognosi, ancora oggi troppi fattori di rischio non vengono sufficientemente considerati: cattiva alimentazione, fumo, mancanza di attività fisica. A queste cattive abitudini va naturalmente aggiunto l’elemento umano psicologico della paura che rallenta o frena l’esecuzione dei dovuti controlli, e che può essere affrontato con adeguate campagne che esaltino il ruolo delle associazioni nell’informazione, prevenzione e assistenza fisica e psicologica alle pazienti e alle famiglie colpite da questo tipo di patologie.
“Affrontare il cancro significa affrontare un cammino lungo che inizia con la diagnosi e prosegue con le terapie e i controlli periodici fino alla guarigione o cronicizzazione della malattia, soprattutto per quanto riguarda i tumori femminili. Ma alcuni effetti collaterali possono perdurare anche dopo la conclusione delle terapie e altri possono manifestarsi a distanza di mesi o anni ed in molti casi chi ha avuto un tumore presenta un rischio maggiore, rispetto alle persone sane, di svilupparne un secondo. E’ importante che si investa anche in ricerca e prevenzione terziaria per completare il processo di cura che consenta di ricominciare a vivere dopo il cancro, ritornare alla normalità, trovare nuovi equilibri, accettare e valorizzare le mutate capacità ed abilità relazionali, lavorative, psicofisiche – ha dichiarato Elisabetta Iannelli Vice Presidente AIMaC (Associazione Italiana Malati di Cancro) e segretario generale FAVO (Federazione Associazione di Volontariato in Oncologia) – La F.A.V.O. e le organizzazione dei malati oncologici affermano con forza e convinzione l’importanza del sostegno psicologico, dell’adesione agli screening ed ai corretti stili di vita, dell’inclusione socio-lavorativa nella consapevolezza che, solo in questo modo, si potrà vincere la sfida della sopravvivenza al cancro e che alla guarigione clinica possa realmente corrispondere quella sociale”.

Ricerca, Prevenzione, Risorse. Il progresso della scienza dipende strettamente dalle risorse che in essa vengono investite: se scienziati e ricercatori disponessero di maggiori finanziamenti, la vittoria contro il cancro sarebbe più veloce e sempre più vicina. Investire quindi cifre importanti di denaro nella ricerca scientifica non è solo una scelta di importanza vitale per il bene comune, ma anche una strategia lungimirante e conveniente per il sistema sanitario ed economico dell’intero Paese. L’Italia sta già agendo in questa direzione, infatti il Governo ha appena stanziato 500 milioni per farmaci innovativi nella cura del cancro.
“Siamo molto felici di aver sostenuto la realizzazione di questo importante incontro. La mission di Daiichi Sankyo è  da sempre ‘Passione per l’innovazione e considerazione per i pazienti’ e ci impegniamo ogni giorno a tradurlo in realtà, rispondendo ai bisogni non ancora soddisfatti dei pazienti,  non solo attraverso lo sviluppo di terapie farmacologiche innovative per il miglioramento della loro qualità di vita, ma anche offrendo il nostro contributo nell’aumentare l’attenzione alla prevenzione e alla diagnosi precoce, due aspetti di vitale importanza, per i quali serve la collaborazione di tutti   – ha concluso Massimo Grandi Presidente e Amministratore Delegato di Daiichi Sankyo Italia, spiegando il motivo per cui l’azienda farmaceutica giapponese ogni anno investe circa il 23% del suo fatturato globale in ricerca e sviluppo e contribuisce in modo incondizionato a iniziative di disease awareness.
Eventi come quello di oggi nascono proprio per rafforzare la partnership tra istituzioni, associazioni e privati al fine di raggiungere questo comune obiettivo, una migliore sensibilizzazione su queste patologie”.

Fonte: Daiichi Sankyo

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Fibrillazione atriale TEV: Edoxaban vince la sfida nei pazienti più fragili e anziani

Congresso ANMCO 2017. Fibrillazione atriale e TEV, edoxaban vince la sfida del trattamento di pazienti anziani, fragili e ad alto rischio

Dati real world indicano che i NAO sono spesso utilizzati a dosaggi più bassi di quelli raccomandati, spesso a causa dell’avanzata età del paziente e della presenza di comorbilità, eppure l’utilizzo improprio dei bassi dosaggi aumenta il rischio di eventi tromboembolici. Edoxaban invece dimostra la stessa efficacia e un maggior profilo di sicurezza della terapia standard con warfarin proprio nei pazienti più fragili e anziani, anche a dosaggio ridotto. Al Congresso ANMCO presentati due casi “real life”.

Rimini, 12 maggio 2017 – Edoxaban (LIXIANA®), ultimo arrivato in ordine di tempo nel panorama dei NAO, si è dimostrato altrettanto efficace e più sicuro del warfarin nella prevenzione di ictus ed embolia sistemica nei pazienti affetti da fibrillazione atriale e nel trattamento e nella prevenzione di recidive della tromboembolia venosa, anche nei pazienti molto anziani e fragili, e in generale nei pazienti che richiedono un dosaggio ridotto perché ad alto rischio di sanguinamenti. E’ quanto illustrato oggi durante il simposio interattivo “Verso un’anticoagulazione sempre più orientata al paziente: cosa aggiunge edoxaban”, promosso dall’azienda farmaceutica Daiichi Sankyo nella cornice del Congresso dell’Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri (ANMCO) in corso a Rimini. Nel meeting sono stati presentati due casi reali di pazienti fragili trattati con edoxaban, uno per la FANV e l’altro per la TEV, ciascun caso con 4 snodi decisionali sui quali il pubblico è stato invitato a esprimersi tramite voto elettronico per scoprire poi la risposta che ha ottenuto più voti e quella operata dal clinico che ha trattato il paziente.

Bassi dosaggi: l’utilizzo improprio nel real world. Sebbene ormai sia riconosciuta l’efficacia e la sicurezza sulla popolazione generale dei nuovi anticoagulanti orali attualmente disponibili, il trattamento dei soggetti più fragili e anziani rappresenta per gli specialisti una sfida difficile e non ancora vinta. Dati real world indicano infatti che i NAO sono spesso utilizzati a dosaggi più bassi di quelli raccomandati. Le comorbilità dei pazienti svolgono spesso un ruolo chiave in questa scelta, eppure l’utilizzo improprio dei bassi dosaggi, non rispettando le indicazioni delle schede tecniche, mette il paziente a rischio di eventi tromboembolici.

Le indicazioni per la dose ridotta di 30 mg di edoxaban sono chiare e semplici: pazienti con compromissione renale da moderata a severa (CrCL 15–50 ml/min), peso corporeo ≤ 60 kg o trattamento concomitante con inibitori della P-gp.

Edoxaban è il NAO testato sul più ampio numero di pazienti (sia con FANV che con TEV) appartenenti a queste categorie, grazie ad analisi pre-specificate su sottogruppi più a rischio di sanguinamenti (anziani, pazienti con insufficienza renale moderata-severa, pazienti in trattamento concomitante con aspirina, diabetici, e con elevata prevalenza di cardiopatia ischemica), e alcuni dei quali trattati con la dose ridotta di 30 mg.

Un’ulteriore sfida per i clinici è rappresentata, inoltre, dai pazienti affetti da fibrillazione atriale che vanno incontro a una procedura di cardioversione elettrica, che spesso viene preceduta da un ecocardiogramma transesofageo (TEE), e anche in questi casi edoxaban sia nel dosaggio pieno che in quello ridotto, ha mostrato risultati consistenti prima nello studio ENSURE-AF e poi nella pratica clinica.

Edoxaban per il paziente con FANV anziano, fragile e sottoposto a cardioversione. Il primo caso reale, illustrato dalla dott.ssa Roberta Rossini, Dirigente Medico I livello, USC di Cardiologia dell’ASST Papa Giovanni XXIII di Bergamo, ha riguardato un soggetto che racchiude tutte le criticità che si trovano ad affrontare gli specialisti: paziente anziano, fragile, con insufficienza renale, in trattamento con aspirina, che deve essere sottoposto a cardioversione in elezione.

Già nello studio ENSURE-AF, edoxaban ha mostrato un livello di efficacia e sicurezza comparabile a una somministrazione di enoxaparina/warfarin per la prevenzione dell’ictus e di altre complicanze tromboemboliche, e ha fatto registrare un’incidenza numericamente inferiore di mortalità cardiovascolare (0,1% vs. 0,5%, rispettivamente), emorragie gravi ed emorragie fatali (0,3% vs. 0,5%, rispettivamente) con un net clinical outcome di 0,7 % vs 1,4 % per warfarin/enoxaparina. “Pur essendo l’ultimo arrivato, edoxaban è destinato a rivestire un ruolo molto importante nello scenario della gestione della fibrillazione atriale. La cardioversione, ad esempio, è una procedura che richiede particolare cautela, perché può comportare il rischio di eventi ischemico/emorragici, specie nei primi giorni dopo la procedura. Per tale motivo, nella pratica clinica, spesso si esegue un eco transesofageo prima di una cardioversione elettrica di FANV, pur in presenza di una anticoagulazione efficace nelle settimane precedenti alla procedura. Ad eccezione di alcune analisi post-hoc, sono stati condotti fino ad ora solo due studi clinici randomizzati che hanno testato i NAO in pazienti candidati a cardioversione elettrica per FA, uno di questi è stato condotto proprio con edoxaban. Lo studio ha dimostrato che edoxaban risulta un’alternativa efficace e sicura al trattamento convenzionale, consentendo l’esecuzione di una cardioversione elettrica con, ma anche senza, l’impiego di ecocardiogramma transesofageo”, ha spiegato la dott.ssa Rossini.

La relatrice si è inoltre soffermata sui problemi della gestione dell’anticoagulazione nei pazienti anziani, i quali presentano un alto rischio trombotico e sono anche frequentemente sottotrattati o non trattati adeguatamente secondo le indicazioni. ” Il paziente anziano rappresenta, ancora oggi, un’importante sfida per il cardiologo, specie in merito alla gestione di terapia antitrombotica. Il paziente anziano presenta un rischio ischemico maggiore, ma è anche quello che, a causa della molteplici comorbidità, può sviluppare un maggior rischio emorragico. Il trial su edoxaban è lo studio che ha arruolato il maggior numero di pazienti anziani, dimostrando che il profilo di efficacia e sicurezza rimane inalterato a prescindere dall’età, con un trend di sicurezza addirittura migliore rispetto a warfarin; risultati peraltro confermati anche con il dosaggio di 30 mg, in pazienti che richiedono una riduzione della posologia perché affetti da insufficienza renale”. Inoltre sicurezza ed efficacia di edoxaban rispetto a warfarin ben gestito risultano costanti, a prescindere dall’età del paziente, dalla somministrazione concomitante di terapia antipiastrinica, e dalla presenza o meno di scompenso, più o meno grave.

Edoxaban per il paziente con TEV (embolia polmonare severa), anziano e fragile. Il secondo caso, illustrato dalla dott.ssa. Cecilia Becattini, Professore Associato di Medicina Vascolare e d’Urgenza all’Università di Perugia, ha riguardato un altro paziente fragile con embolia polmonare a rischio intermedio/intermedio-alto, anziano, con insufficienza renale, clearance della creatinina borderline intorno ai 30ml/min, e scompenso cardiaco. Un caso emblematico che ha confermato i risultati ottenuti da edoxaban nel trial HOKUSAI-VTE che, grazie al lead-in di eparina, ha ottenuto una maggior aderenza alle linee guida e ha potuto arruolare il più alto numero con embolia polmonare estesa, rispetto a quelli di altri NOAC, dimostrando la stessa efficacia e una sicurezza superiore rispetto al warfarin, anche con il dosaggio ridotto a 30 mg.

Edoxaban ha infatti dimostrato risultati di efficacia e sicurezza consistenti in un ampio spettro di pazienti, inclusi quelli fragili che, a causa delle loro condizioni cliniche, rispondevano ai criteri per l’assunzione del dosaggio ridotto. In questi casi, edoxaban si è dimostrato altrettanto efficace e più sicuro del warfarin nella riduzione dei sanguinamenti (7,9% vs 12,8% rispettivamente), mostrando la stessa efficacia nel prevenire le recidive di TEV rispetto ai soggetti trattati con la dose piena di 60 mg di edoxaban. Nei pazienti con embolia polmonare severa e disfunzione ventricolare destra (NT-proBNP ≥500 pg/ml), edoxaban ha dimostrato il dimezzamento di recidive di TEV con una contemporanea riduzione statisticamente significativa di sanguinamenti clinicamente rilevanti.

Inoltre, nei pazienti che necessitano di proseguire la terapia dopo la fase acuta di 3 mesi, edoxaban mantiene il suo profilo di efficacia rispetto al warfarin, ma determina una riduzione significativa dei sanguinamenti maggiori (0,3% vs 0,7% rispettivamente).

Monosomministrazione giornaliera per una maggiore compliance e sicurezza. Edoxaban (LIXIANA®) è anche un anticoagulante orale comodo e maneggevole, grazie alla monosomministrazione giornaliera e alle scarse interazioni farmacologiche. Esso è infatti l’unico NAO ad avere uno studio di fase II dose-finding in cui vengono messi a confronto i regimi di monosomministrazione e doppia somministrazione giornaliere in pazienti con FANV. Lo studio ha dimostrato che i soggetti che assumevano edoxaban una volta al giorno (60 mg in monosomministrazione) presentavano un minor numero di eventi emorragici rispetto ai pazienti cui è stato somministrato il farmaco due volte al giorno (30 mg in doppia somministrazione).

Dunque la monosomministrazione giornaliera di LIXIANA® ha il vantaggio clinicamente provato di una maggiore compliance alla terapia rispetto alla doppia somministrazione, e questo, nella pratica quotidiana, determinerebbe un beneficio per diverse tipologie di pazienti: anziani e soggetti con comorbilità che usano comunemente terapie farmacologiche complesse con più farmaci che possono influenzarne negativamente l’aderenza, pazienti con sospetta bassa compliance, nonché giovani lavoratori attivi, riluttanti ad assumere farmaci.

Fonte: Daiichi Sankyo

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Lixiana anticoagulante ininterrotto: Nuovi studi per trattamento fibrillazione atriale

Fibrillazione atriale e pazienti ad alto rischio, nuovi studi su LIXIANA® (edoxaban) nel trattamento anticoagulante ininterrotto

Roma, 2 maggio 2017 – Daiichi Sankyo annuncia l’arruolamento dei primi pazienti nei trial ENVISAGE-TAVI AF ed ELIMINATE AF, due ulteriori studi che valutano l’anticoagulante orale in monosomministrazione giornaliera LIXIANA (edoxaban) per il trattamento della fibrillazione atriale nei pazienti sottoposti rispettivamente a impianto di valvola aortica transcatetere e ablazione transcatetere.
I due studi si inseriscono nell’ampio programma di Ricerca Clinica Edoxaban, che valuta l’uso di questo farmaco in un ampio range di pazienti, con diverse condizioni cardiovascolari e in differenti setting clinici.

ENVISAGE-TAVI AF in pazienti sottoposti a impianto di valvola aortica transcatetere. EdoxabaN Versus Standard of Care and TheIr Effects on Clinical Outcomes in PAtientS HavinG UndergonE Transcatheter Aortic Valve Implantation – in Atrial Fibrillation (ENVISAGE-TAVI AF) è uno studio prospettico di fase IIIb, randomizzato a gruppi paralleli, in aperto con endpoint cieco, che valuterà l’efficacia e la sicurezza dell’inibitore orale diretto del fattore Xa edoxaban, rispetto al trattamento con antagonisti della vitamina K, con o senza terapia antipiastrinica, in pazienti affetti da fibrillazione atriale e sottoposti con successo a un impianto di valvola aortica transcatetere.

L’impianto della valvola aortica transcatetere è diventata una procedura sempre più frequente per il trattamento della stenosi aortica, una malattia progressiva che può trasformarsi in una condizione potenzialmente fatale. Nei pazienti sottoposti a tale procedura la fibrillazione si presenta spesso come comorbilità che richiede una terapia anticoagulante cronica: “ENVISAGE-TAVI AF al momento è unico nel suo genere e fornirà le prime evidenze cliniche che comparano efficacia e sicurezza di edoxaban versus AVK in pazienti affetti da fibrillazione atriale non valvolare con indicazione alla terapia anticoagulante cronica a seguito di un impianto di valvola aortica transcatetere”, ha commentato il principale co-autore dello studio, dottor George Dangas, Professore di Medicina della Mount Sinai School of Medicine.
Lo studio analizzerà l’incidenza di eventi clinici avversi netti, cioè il composito di tutte le cause di morte, infarto miocardico, ictus ischemico e tromboembolia sistemica, trombosi della valvola e sanguinamenti maggiori (secondo la definizione della Società Internazionale Trombosi ed Emostasi); questi ultimi corrispondono anche all’endpoint primario di sicurezza. Saranno arruolati circa 1.400 pazienti in 200 centri tra Europa, Stati Uniti e Canada. Edoxaban sarà utilizzato nel dosaggio approvato per la prevenzione dell’ictus nella fibrillazione atriale, in accordo con le indicazioni di ciascun Paese.
Per maggiori info: https://clinicaltrials.gov/ct2/show/NCT02943785.

ELIMINATE-AF in pazienti sottoposti ad ablazione transcatetere. EvaLuatIon of Edoxaban coMpared with VKA IN subjects undergoing cAThEter ablation of non-valvular Atrial Fibrillation (ELIMINATE-AF) è uno studio prospettico di fase IIIb, randomizzato a gruppi paralleli, in aperto con endpoint cieco, che valuterà l’efficacia e la sicurezza di edoxaban in monosomministrazione giornaliera, rispetto agli antagonisti della vitamina K, in pazienti affetti da fibrillazione atriale e sottoposti a procedura di ablazione transcatetere. L’obiettivo primario del trial è quello di confrontare descrittivamente l’incidenza del composito di tutte le cause di morte, ictus (ischemico, emorragico o indeterminato) e, anche come endpoint primario di sicurezza, i sanguinamenti maggiori (secondo la definizione ISTH) nel gruppo trattato con edoxaban e in quello trattato con antagonisti della vitamina K, dalla fine della procedura fino al 90esimo giorno/fine del trattamento. Per questo studio saranno arruolati circa 560 pazienti da 75 centri distribuiti tra Europa, Canada e Asia. I soggetti saranno randomizzati per ricevere edoxaban o AVK nei 21 giorni pre- e nei 90 giorni post- procedura di ablazione transcatetere.
Prima dell’ablazione transcatetere, tutti i pazienti saranno sottoposti a ecocardiografia transesofagea per escludere trombi atriali e minimizzare così il rischio di ictus. Edoxaban sarà utilizzato nel dosaggio approvato per la prevenzione dell’ictus nella fibrillazione atriale in accordo con le indicazioni di ciascun Paese. Inoltre, nei centri coinvolti, saranno adoperati apparecchi di risonanza magnetica con diffusione RM pesata, per individuare eventuali lesioni cerebrali latenti, successive alla procedura. Per maggiori info: https://clinicaltrials.gov/ct2/show/NCT02942576.

“L’ablazione transcatetere come trattamento per la fibrillazione atriale è eseguita frequentemente nella pratica clinica grazie ai suoi effetti positivi sui sintomi della patologia e sulla qualità della vita dei pazienti che ne sono affetti; tuttavia, essa è anche associata a un significativo rischio tromboembolico durante e dopo la procedura” – ha spiegato il principale autore dello studio, il dottor Stefan Hohnloser, Professore di Medicina e Capo dipartimento di Elettrofisiologia alla Johann Wolfgang Goethe University di Francoforte, Germania – “ELIMINATE-AF analizzerà quindi l’uso di edoxaban per una terapia di anticoagulazione ininterrotta richiesta da questa procedura, applicando il trattamento allo stato dell’arte, in accordo con le più recenti linee guida.

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Il programma di ricerca clinica su edoxaban
Daiichi Sankyo si impegna ad ampliare le conoscenze scientifiche su edoxaban con un vasto programma di ricerca dedicato a valutarne l’uso in una vasta gamma di patologie cardiovascolari, tipologie di pazienti e situazioni cliniche, nella fibrillazione atriale (FA) e nel tromboembolismo venoso (TEV). Il programma include molteplici trial randomizzati controllati (RCT), registri e studi non interventistici al fine di generare nuovi dati da studi clinici e da situazioni di vita reale, relativi all’utilizzo di edoxaban nelle popolazioni affette da FA e TEV. Tra ricerche completate, in corso e future, Daiichi Sankyo prevede il coinvolgimento di 100.000 pazienti, inclusi i soggetti vulnerabili e a più alto rischio.

I trial randomizzati controllati includono:

  • ENSURE-AF (EdoxabaN vs. warfarin in subjectS UndeRgoing cardiovErsion of Atrial Fibrillation – Edoxaban vs. warfarin nei soggetti sottoposti a cardioversione della fibrillazione atriale) sui pazienti affetti da FA sottoposti a cardioversione elettrica;
  • ENTRUST-AF PCI (EdoxabaN TReatment versUS VKA in paTients with AF undergoing PCI – Trattamento con edoxaban vs. VKA nei pazienti sottoposti a PCI), nei pazienti affetti da FA sottoposti a intervento coronarico percutaneo;
  • Hokusai-VTE Cancer (Edoxaban in Venous Thromboembolism Associated with Cancer – Edoxaban nella tromboembolia venosa associata al cancro) nei pazienti colpiti da cancro e da un evento di TEV.

Inoltre, esistono studi di registri globali e regionali che forniranno importanti dati reali sull’uso di edoxaban e di altri anticoagulanti orali nella pratica quotidiana:

  • ETNA-AF (Edoxaban Treatment in routiNe clinical prActice in patients with non valvular Atrial Fibrillation – Trattamento con edoxaban nella pratica clinica di routine nei pazienti con fibrillazione atriale non valvolare);
  • ETNA-VTE (Edoxaban Treatment in routiNe clinical prActice in patients with Venous ThromboEmbolism – Trattamento con edoxaban nella pratica clinica di routine nei pazienti con tromboembolia venosa);
  • EMIT-AF/VTE (Edoxaban Management In diagnostic and Therapeutic procedures-AF/VTE – Gestione dell’edoxaban nelle procedure diagnostiche e terapeutiche relative a FA e TEV);

Prolungamento di PREFER in FA (PREvention oF thromboembolic events – European Registry – Prevenzione degli eventi tromboembolici – Registro europeo) nei pazienti affetti da FA.

Fonte: Daiichi Sankyo

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Ictus Fibrillazione Atriale: Battiti 2017 la musica col cuore

“Battiti 2017, la musica col cuore”- Medici “musicisti” di nuovo insieme sul palco contro ictus e fibrillazione atriale

In Italia ancora troppi ictus sono causati da fibrillazione atriale (1 su 4) e questo legame continua ad essere spesso ignorato. Tornano quindi sul palco cardiologi e neurologi, insieme ad altri professionisti della salute, per la serata benefica all’insegna di informazione e musica supportata da Daiichi Sankyo Italia, che quest’anno sostiene il progetto di telemedicina della ONLUS “Insieme per un cuore più sano”.

 

Roma, 27 marzo 2017 – Ogni anno in Italia più di 170.000 persone sono ricoverate per ictus ischemico, un medico di famiglia ha fino a 7 pazienti colpiti dalla malattia e ne segue circa 20 che sono sopravvissuti con invalidità più o meno gravi. Il 15-20 % di tutti gli ictus tromboembolici sono però causati da un’anomalia molto comune del ritmo cardiaco, la fibrillazione atriale. Così cardiologi, neurologi e specialisti dei più importanti ospedali romani tornano sul palco nella seconda edizione dello spettacolo di musica e informazione “Battiti, la musica con il cuore”, per continuare a sensibilizzare i cittadini sul legame tra queste due patologie. L’iniziativa benefica quest’anno sostiene i progetti e la mission dell’associazione Insieme per un cuore sano ONLUS, sempre con il supporto non condizionato di Daiichi Sankyo Italia.

La serata si terrà a Roma mercoledì 29 marzo alle 20.30 presso il Teatro Ghione in Via delle Fornaci 37 e avrà come protagonisti rinomati cardiologi, neurologi e specialisti in medicina d’urgenza, che, insieme a rappresentanti delle istituzioni sanitarie locali e dei medici di famiglia, interverranno nel talk show o nell’inedita veste di musicisti. “La nostra associazione è lietissima di raccogliere il testimone di questa bellissima iniziativa che quest’anno promuove un progetto pilota di telemedicina per migliorare l’accesso alle cure anche per i pazienti più lontani dai centri ospedalieri maggiormente attrezzati, in linea con le nuove raccomandazioni del Ministero della Salute. La serata sarà dedicata a sensibilizzare cittadini e istituzioni sulla tematica ancora poco conosciuta della prevenzione dell’ictus causato dalla fibrillazione atriale – ha spiegato il prof. Leonardo Calò, responsabile del Laboratorio di Aritmologia ed Elettrofisiologia  Interventistica del Policlinico Casilino di Roma e fondatore dell’associazione Insieme per un Cuore Sano Avremo sul palco i maggiori esperti italiani del settore, che potranno rispondere alle domande del pubblico e chiarire ogni dubbio, spiegando anche quali comportamenti adottare per prevenire l’ictus. Testimonial d’eccezione saranno altri medici che si metteranno in gioco come musicisti battendosi in prima persona ‘col cuore’ per il cuore dei loro pazienti, mettendo quindi competenza e passione al servizio del cittadini”.

A coinvolgere con la musica il pubblico, dal palco del Teatro Ghione, quest’anno saranno ancora le tre band formate da cardiologi e professionisti dei vari nosocomi romani: i QRS capitanati da Giuseppe Placanica (Responsabile delle consulenze cardiologiche all’Ospedale Policlinico Umberto I, già tastierista nei gruppi di Franco Battiato e Mimmo Politanò), i Vintage People di Camillo Autore (Professore presso la Sapienza e responsabile della UTIC dell’Ospedale Sant’Andrea) e un gruppo nato nel 2015 proprio in occasione della prima edizione di Battiti, gli Early Meets Late, con la chitarra flamenca di Marco Rebecchi (Cardiologo del Policlinico Casilino).

Le performance musicali scandiranno i vari momenti del talk show, incentrato su prevenzione e cura delle due patologie. Tra gli esperti scientifici il prof. Francesco Romeo, Direttore della Cardiologia di Tor Vergata, la dott.ssa Maria Pia Ruggieri, Direttore del Pronto soccorso/Medicina d’Urgenza dell‘Ospedale S. Giovanni-Addolorata nonché Presidente Nazionale SIMEU, Stefano Strano Responsabile Day Service Cardioangiologico del Dipartimento Cuore e Grossi Vasi Policlinico Umberto I e il prof. Leonardo Calò del Policlinico Casilino.

Ipertensione, diabete, malattie delle valvole cardiache, stile di vita stressante, sono tutti fattori di rischio per l’insorgenza della fibrillazione atriale, che però si presenta soprattutto con l’avanzare dell’età. L’invecchiamento della popolazione italiana ha portato il Ministero della Salute a ridisegnare le raccomandazioni per rafforzare struttura e organizzazione dei servizi al fine di migliorare l’assistenza italiana soprattutto in ambito territoriale, sfruttando anche l’innovazione tecnologica. “Siamo davvero felici di dare ancora il nostro contributo a questa iniziativa benefica che quest’anno mira non solo ad informare i cittadini, ma anche a supportare un innovativo progetto di telemedicina al fine di migliorare concretamente l’assistenza ai pazienti sul territorio proprio grazie all’innovazione tecnologica. E questa volontà si sposa perfettamente con la mission di Daiichi Sankyo che è da sempre quella di rispondere ai bisogni non ancora soddisfatti dei pazienti e migliorare la qualità della loro vita usando tutti gli strumenti disponibili, dall’informazione sulla prevenzione alla ricerca farmacologica fino alle partnership con associazioni che hanno a cuore i nostri stessi obiettivi”, ha commentato Massimo Grandi, Country Manager Daiichi Sankyo Italia.

Il ricavato della serata di beneficenza, realizzato grazie alle donazioni liberali del pubblico presente in sala, sarà interamente devoluto alla Onlus Insieme per un cuore più sano e contribuirà a sostenerne le attività, in particolare il progetto “Un Battito per il Lazio” che consentirà di dotare di tele-elettrocardiografi le Case della Salute dei comuni più periferici, mettendoli in collegamento con gli ospedali più attrezzati della capitale. Per maggiori info: insiemeperuncuoresano.it

Contatti

Daiichi Sankyo
Elisa Porchetti
Tel.+39 0685255-202
elisa.porchetti@daiichi-sankyo.it

Valeria Carbone Basile
Tel: +39 339 1704748
valeria.carbonebasile@gmail.com

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Fibrillazione Atriale: Daiichi Sankyo arruola il primo paziente di ENTRUST-AF PCI

Fibrillazione atriale, arruolato il primo paziente di ENTRUST-AF PCI,
lo studio Daiichi Sankyo in pazienti sottoposti a intervento coronarico percutaneo

I pazienti con fibrillazione atriale affetti da un tipo di diabete che richiede la somministrazione di insulina, sono a maggior rischio di ictus ed eventi embolici sistemici. Nuovi risultati di una sub-analisi del Registro europeo di Daiichi Sankyo PREFER in AF, pubblicati dal Journal of the American College of Cardiology

Roma, 7 marzo 2017 – Daiichi Sankyo ha arruolato il primo paziente di ENTRUST-AF PCI, lo studio internazionale, randomizzato di fase 3 che confronterà il trattamento con l’inibitore diretto del fattore Xa in monosomministrazione giornaliera LIXIANA® (edoxaban) e la terapia standard a base di antagonisti della vitamina K in pazienti affetti da fibrillazione atriale e sottoposti con successo a un intervento coronarico percutaneo (PCI) con inserimento di stent. Il trial è parte del programma di Ricerca Clinica Edoxaban, che valuta l’uso di questo farmaco in un ampio range di pazienti, con diverse condizioni cardiovascolari e in differenti setting clinici.

“ENTRUST AF-PCI è un trial importante per i pazienti con fibrillazione atriale sottoposti a intervento coronarico percutaneo, che richiedono terapia antipiastrinica e somministrazione cronica di edoxaban, farmaco approvato per la prevenzione dell’ictus” ha dichiarato Andreas Goette, primario del Dipartimento di cardiologia e terapia intensiva del St. Vincenz-Hospital di Paderborn, Germania, e principale sperimentatore dello studio.

ENTRUST-AF PCI (EdoxabaN TReatment VersUS Vitamin K Antagonist in PaTients With Atrial Fibrillation Undergoing Percutaneous Coronary Intervention) è uno studio prospettico di fase 3, randomizzato a gruppi paralleli, in aperto con endpoint cieco, che ha lo scopo di valutare efficacia e sicurezza di edoxaban in monosomministrazione giornaliera rispetto al trattamento con antagonisti della vitamina K in pazienti affetti da fibrillazione atriale e sottoposti a intervento coronarico percutaneo con impianto di stent. Il trial ha l’obiettivo di verificare l‘incidenza di sanguinamenti maggiori o clinicamente rilevanti, così come definiti dalle linee guida ISTH. In questo studio saranno arruolati 1.500 pazienti da 200 cliniche distribuite in Europa, Corea, Taiwan e Ucraina, che saranno randomizzati a ricevere per 12 mesi un trattamento a base di edoxaban in associazione con clopidogrel, o un altro antagonista del P2Y12, oppure un trattamento con antagonisti della vitamina K in associazione con clopidogrel e aspirina per 1-12 mesi. Per maggiori informazioni: https://clinicaltrials.gov/ct2/show/NCT02866175?term=ENTRUST-AF+PCI&rank=1

“Questo studio si aggiungerà al corpus di evidenze fornite dal Programma di Ricerca Clinica di edoxaban, e i risultati faciliteranno gli specialisti nella comprensione del potenziale di riduzione del rischio di sanguinamenti in pazienti con fibrillazione atriale sottoposti a procedure PCI” ha spiegato il dottor Hans Lanz, Direttore esecutivo del dipartimento Global Medical Affairs di Daiichi Sankyo.

Il programma di ricerca clinica su edoxaban 

Daiichi Sankyo si impegna ad ampliare le conoscenze scientifiche su edoxaban con un vasto programma di ricerca dedicato a valutarne l’uso in una vasta gamma di patologie cardiovascolari, tipologie di pazienti e situazioni cliniche, nella fibrillazione atriale (FA) e nel tromboembolismo venoso (TEV). Il programma include molteplici trial randomizzati controllati (RCT), registri e studi non interventistici al fine di generare nuovi dati da studi clinici e da situazioni di vita reale, relativi all’utilizzo di edoxaban nelle popolazioni affette da FA e TEV. Tra ricerche completate, in corso e future, Daiichi Sankyo prevede il coinvolgimento di 100.000 pazienti, inclusi i soggetti vulnerabili e a più alto rischio.

I trial randomizzati controllati includono:

  • ENSURE-AF (EdoxabaN vs. warfarin in subjectS UndeRgoing cardiovErsion of Atrial Fibrillation – Edoxaban vs. warfarin nei soggetti sottoposti a cardioversione della fibrillazione atriale) sui pazienti affetti da FA sottoposti a cardioversione elettrica;
  • ENTRUST-AF PCI (EdoxabaN TReatment versUS VKA in paTients with AF undergoing PCI – Trattamento con edoxaban vs. VKA nei pazienti sottoposti a PCI), nei pazienti affetti da FA sottoposti a intervento coronarico percutaneo;
  • Hokusai-VTE Cancer (Edoxaban in Venous Thromboembolism Associated with Cancer – Edoxaban nella tromboembolia venosa associata al cancro) nei pazienti colpiti da cancro e da un evento di TEV.

Inoltre, esistono studi di registri globali e regionali che forniranno importanti dati reali sull’uso di edoxaban e di altri anticoagulanti orali nella pratica quotidiana:

  • ETNA-AF (Edoxaban Treatment in routiNe clinical prActice in patients with non valvular Atrial Fibrillation – Trattamento con edoxaban nella pratica clinica di routine nei pazienti con fibrillazione atriale non valvolare);
  • ETNA-VTE (Edoxaban Treatment in routiNe clinical prActice in patients with Venous ThromboEmbolism – Trattamento con edoxaban nella pratica clinica di routine nei pazienti con tromboembolia venosa);
  • EMIT-AF/VTE (Edoxaban Management In diagnostic and Therapeutic procedures-AF/VTE – Gestione dell’edoxaban nelle procedure diagnostiche e terapeutiche relative a FA e TEV);
  • Prolungamento di PREFER in FA (PREvention oF thromboembolic events – European Registry – Prevenzione degli eventi tromboembolici – Registro europeo) nei pazienti affetti da FA.

Fonte: Daiichi Sankyo

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