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La confusione delle “scatolette” nei pazienti con problemi cardiovascolari

Il Prof. Gallelli spiega e analizza lo studio svolto dall’Annals of Internal Medicine sui farmaci a brevetto scaduto nei pazienti con problemi cardiovascolari dopo infarto miocardico.

L’utilizzo di farmaci a brevetto scaduto (brand o generico) rappresenta ad oggi una importante opportunità di contenimento della spesa sanitaria. Tali farmaci son prodotti da diverse aziende e pertanto possono variare di colore o di forma, pertanto, lo switch tra farmaco brand e generico o tra farmaco generico e generico può portare nell’utilizzo cronico ad una riduzione dell’aderenza terapeutica.

Infatti Kesselheim et al., (JAMA Intern Med. 2013;173:202-8) hanno dimostrato che la variazione nel colore delle compresse di farmaci antiepilettici si associa ad un riduzione significativa della persistenza al trattamento.

Su queste premesse, gli stessi ricercatori di Boston (Kesselheim et al. Ann Int Med 2014), hanno determinato se la ridotta persistenza all’utilizzo di farmaci a brevetto scaduto in pazienti con malattia cardiovascolare dopo infarto miocardico acuto (IMA) fosse correlata alla variazione dell’aspetto dei farmaci.

Sono stati studiati i pazienti che tra il 2006 ed il 2001 sono stati ospedalizzati per IMA e sono stati dimessi con la prescrizione di uno delle seguenti classi di farmaci a brevetto scaduto: β-bloccanti, ACE inibitori, sartani, o statine.

E’ stato effettuato uno studio di coorte per valutare l’incidenza delle variazioni nella forma e nel colore tra i farmaci a brevetto scaduto dispensati dopo IMA. Dopo è stato effettuato uso studio caso controllo per valutare se la frequenza di mancata persistenza fosse correlato con la variazione della forma delle compresse.

I pazienti sono stati divisi in due gruppi:

  • Gruppo caso: pazienti che hanno interrotto il trattamento per almeno 1 mese
  • Gruppo controllo: pazienti che hanno continuato il trattamento con i farmaci prescritti

I pazienti del gruppo caso sono stati confrontati con i pazienti del gruppo controllo considerando la classe terapeutica, il numero di dispensazioni prima della mancata persistenza, sesso ed età.

Sono stati calcolati le variazioni nel colore e nella forma delle compresse nell’anno successivo l’infarto miocardico.  Inoltre, sono state valutate le formulazioni assunte dal paziente prima della mancata persistenza per determinare se il colore o la forma dei farmaci erano cambiate. Le probabilità di discordanza tra i due gruppi (caso e controllo) sono state studiate utilizzando la regressione logistica condizionale.

Durante lo studio, il 29% dei pazienti (3286 su 11513) ha avuto un cambiamento nella forma o nel colore dei farmaci. Le statine hanno avuto il maggior numero di variazioni nella forma, mentre i β-bloccanti ne hanno avuto il minor numero. Nel gruppo caso, la probabilità di mancata persistenza è aumentato del 34% dopo un cambiamento di colore della pillola (odds ratio, 1.34 [95% CI, 1,12-1,59]) e del 66% dopo un cambiamento di forma di pillola (odds ratio, 1,66 [CI , 1,43-1,94]).

Malgrado gli autori non abbiano effettuato una valutazione degli outcomes clinici, questo studio dimostra che nei pazienti con malattie cardiovascolari la variazione nell’aspetto dei farmaci si associa ad una riduzione della persistenza al trattamento.

Inoltre, è stato documentato che l’aderenza e la persistenza al trattamento farmacologico rappresentano i requisiti fondamentali per ottenere un ottimale controllo clinico (Ho PM, Bryson CL, Rumsfeld JS. Medication adherence its importance in cardiovascular outcomes. Circulation. 2009;119:3028-3035).

Per tale motivo è auspicabile che i pazienti siano edotti dal personale medico e dai farmacisti circa la possibilità che farmaci a brevetto scaduto possano essere diversi nella forma e nel colore al fine di evitare confusione nei pazienti che potrebbe produrre una mancata assunzione della terapia.

Inoltre, come ricordato dagli stessi autori dell’articolo, sarebbe utile una normativa da parte dell’FDA o dell’EMA che possa spingere le aziende farmaceutiche produttrici di farmaci a brevetto scaduto non solo a sintetizzare farmaci simili per bioequivalenza ma anche per caratteristiche fisiche di forma e colore.

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Farmaco brand e farmaco generico: l’utilizzo nei pazienti con problemi cardiovascolari

Il convengo AUDITA fa chiarezza sui temi più discussi relativi all’utilizzo dei farmaci nei pazienti più comuni, quelli con patologie cardiovascolari.

Lo scorso 21 Giugno 2014, a Ivrea, si è svolto il convengo AUDITA La gestione del malato con Ipertensione e Scompenso cardiaco, progetto presentato da Angelo Testa, Presidente Nazionale SNAMI e medico di medicina generale, durante un’intervista del TG5.

Obiettivo primario del convegno, che verrà replicato a partire da settembre nelle città di Pescara, Trapani e Bolzano, è il perfezionamento dell’abilità diagnostica e il miglioramento della capacità di gestione delle principali problematiche correlate alla patologia croniche dell’apparato cardio-vascolare.

Durante il convegno a Ivrea sono stati affrontati numerosi temi inerenti all’utilizzo dei farmaci nei pazienti tra i più comuni, ovvero con patologie cardiovascolari: le prescrizioni dei farmaci brand e bioequivalenti, la sostituibilità dei farmaci, la differenza tra i farmaci generici e brand, la confusione delle “scatolette” nei pazienti anziani, le cure e le responsabilità legali, penali e civili dei medici e dei farmacisti nella prescrizione del farmaco.

Su questi temi sono intervenuti numerosi relatori che hanno fatto chiarezza e sfatato alcuni tra i luoghi più comuni: il cardiologo Francesco Vittorio Costa, docente universitario; Gaetano Senatore, primario della cardiologia di Ivrea-Ciriè; Gianfranco Breccia, medico di famiglia e l’avvocato Andrea Castelnuovo, esperto in questioni sanitarie.

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Farmaci generici: l’importanza dell’aderenza alla terapia

Il prof. Claudio Borghi, Ordinario di Medicina Interna al Sant’Orsola Malpighi di Bologna, sottolinea l’importanza dell’aderenza alla terapia e quanto questa sia condizionata dalle caratteristiche del farmaco.

L’aderenza può modificarsi se il paziente non riconosce nel farmaco generico quello con cui ha familiarità, e in questo caso sta al medico spiegarlo al paziente. Quanto più un farmaco si mantiene riconoscibile, tanto più il paziente lo assume con continuità.

Quanto è importante l’aderenza alla terapia?

L’importanza dell’aderenza alla terapia è assolutamente fondamentale. In generale, la prevenzione e il trattamento delle patologie cardiovascolari si basa sull’uso di sostanze efficaci in grado di prevenire lo sviluppo di queste condizioni. È altrettanto vero che la probabilità che un farmaco sia in grado di esercitare questo tipo di prevenzione dipende dall’assunzione costante da parte del paziente. Per cui, quanto è più alta l’aderenza tanto maggiore è la probabilità che quel farmaco eserciti un effetto misurabile e quindi sia in grado di esercitare un grado di prevenzione sostenibile. In pratica, quindi, solo i farmaci che vengono assunti sono in grado di essere efficaci, solo i farmaci con elevata aderenza sono in grado di prevenire le complicanze cardiovascolari.

È fondamentale che il paziente “riconosca” il farmaco? Come assicurare la riconoscibilità?

L’aderenza è condizionata molto spesso dalle caratteristiche del farmaco, quindi dalla sostanza in esso contenuta. Se la sostanza è di buona qualità, l’aderenza è elevata ed il trattamento è efficace, e ciò sia che si tratti di una formulazione brand che di una formulazione generica. Ovviamente alcuni aspetti dell’aderenza alla terapia potrebbero modificarsi, soprattutto perché il paziente potrebbe non riconoscere in un farmaco generico il farmaco con il quale ha familiarità. In questo caso, sta al medico spiegare al suo paziente quale sia la sostanza fondamentale dei farmaci generici e che, se assunti in maniera appropriata, sono ugualmente efficaci.

La maggior parte dei pazienti non è in grado di riconoscere le caratteristiche dei farmaci dal punto di vista chimico, perché si tratta di un aspetto tecnico. Ecco perché li riconosce dal loro aspetto. Molti dei nostri pazienti, quando interrogati, dicono che stanno assumendo una pillola bianca, una pillola gialla, rossa oppure ricordano le caratteristiche della scatola, il colore e il carattere con cui è scritto il nome del farmaco. Quindi, la riconoscibilità del farmaco è in pratica l’elemento nei cui confronti il paziente ha fiducia e quanto più un farmaco si mantiene riconoscibile, tanto più esiste la certezza da parte del paziente di ottenere l’efficacia della terapia con l’assunzione in continuità di un farmaco.

Stante il proliferare incontrollato di farmaci generici, è importante che il paziente sia fidelizzato a farmaci che sono risultati efficaci e la cui affidabilità terapeutica sia certificata dalla appartenenza ad una multinazionale farmaceutica in grado di assicurare una terapeutiche elevata qualità del farmaco. Ad oggi non vi è una legge che verifica la affidabilità dei farmaci generici, pertanto brand certificato e riconoscibile ed efficacia comprovata nel singolo paziente dovrebbero essere gli elementi guida nella scelta di un trattamento farmacologico.

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Il problema di aderenza e persistenza: definizione, come si misurano?

Risponde Francesco Vittorio Costa, cardiologo, professore associato di medicina interna, Presidente ASIAM (Associazione Interdisciplinare Aggiornamento Medico).

Quali sono i fattori condizionanti, l’impatto sull’esito delle terapie?

Il risultato di una terapia, soprattutto di quelle croniche, dipende essenzialmente dal fatto che il paziente le esegua correttamente (aderenza) e le continui per tutto il tempo necessario (persistenza). Aderenza e persistenza a loro volta dipendono da una serie di fattori riconducibili sostanzialmente a tre punti fondamentali: il medico, il paziente, il tipo di trattamento. Un buon rapporto medico-paziente, la consapevolezza da parte di entrambi della necessità della terapia, dei risultati positivi che con essa si potranno ottenere, sono il presupposto indispensabile per il successo. Altrettanto importante è il tipo di trattamento prescritto. Perché il paziente sia aderente e persistente, esso deve essere efficace, ben tollerato e semplice da eseguire.

È così differente l’indice di aderenza tra branded e generici? Perché?

L’aderenza al trattamento, come ricordato, dipende dall’efficacia, dalla tollerabilità e dalla semplicità dello schema terapeutico. I farmaci generici possono associarsi a minori aderenza e persistenza in quanto possono essere, rispetto ai brand, meno efficaci e/o peggio tollerati. Il problema della tollerabilità dei generici è stato frequentemente segnalato in letteratura e dipende soprattutto dal fatto che gli eccipienti possono essere diversi dal brand. Gli eccipienti infatti non sono sostanze inerti, ma possono interagire con le molecole attive e produrre in alcuni pazienti fenomeni di intolleranza e allergia (Journal of Applied Pharmaceutical Science 01 (06); 2011: 66-71). Come detto in precedenza l’aderenza al trattamento dipende da efficacia, tollerabilità del farmaco. Considerando solo gli aspetti clinici, quindi, l’aderenza alla terapia con i farmaci brand potrebbe risultare più alta per le cause viste in precedenza. L’indice di aderenza del brand, nei fatti, può ridursi quando il paziente deve contribuire all’acquisto di un farmaco. La conseguenza è che l’utilizzo del farmaco brand potrebbe essere penalizzata da una questione puramente economica. La conferma che l’eventuale minore aderenza osservata con il branded dipenda da un fattore economico è provato da uno studio condotto negli Stati Uniti (Am J Manag Care. 2009 July; 15(7): 450–) che ha evidenziato che l’aderenza alla terapia ipertensiva sarebbe sensibilmente migliore col brand rispetto al generico, quando il brand viene fornito gratuitamente ai pazienti.

Quali i costi clinici ed economici della non aderenza?

Naturalmente solo livelli elevati di aderenza e persistenza consentono di ottenere tutti i vantaggi ottenibili con la terapia. La letteratura scientifica dimostra inequivocabilmente che al ridursi del livello di aderenza aumenta il rischio di ricoveri in ospedale e come conseguenza diretta di ciò, aumentano i costi sanitari. Nel campo delle malattie croniche quali diabete, ipertensione, ipercolesterolemia, i dati degli studi clinici sono inequivocabili: i pazienti aderenti alle terapie mostrano una riduzione del rischio del 50% circa rispetto ai non aderenti. Dato che una parte preponderante dei costi (oltre il 75%) di queste patologie dipende proprio dalle complicanze, prevenirle con una terapia efficace comporta una riduzione dei costi (oltre agli indubbi vantaggi in salute).

È sicuro passare, durante una terapia, da un farmaco branded ad uno generico? Se no, perché? Può segnalarci casi di fallimento terapeutico? (con fonti relative)

Il passaggio dal branded al generico, è stato oggetto di numerosi editoriali nella letteratura scientifica. È stato, ad esempio, osservato da uno studio eseguito in Canada (Anderman F, Duh MS, Gosselin A, Paradis PE. Compulsory generic switching of antiepileptic drugs: high switchback rates to branded compounds compared with other drug classes. Epilepsia. 2007;48:464-469) che circa il 20% dei pazienti epilettici passati dal branded al generico, ha accusato di nuovo crisi epilettiche. Dati analoghi sono stati segnalati per le malattie psichiatriche: pazienti ben controllati dal branded, presentavano un peggioramento dei sintomi quando passati al generico. Identici fenomeni sono stati segnalati anche per molti antibiotici. Naturalmente, evidenziare gli stessi eventi passando dal brand al generico è semplice quando il paziente presenta immediatamente dei sintomi. Più complesso è il caso di terapie preventive che non agiscono su sintomi (ad es. la terapia dell’ipertensione, del diabete, delle dislipidemie) anche se alcune segnalazioni le possiamo ritrovare in letteratura.

Oltre a questo, esiste anche un problema di diverso aspetto delle compresse e della scatola che, specie in soggetti anziani che da anni assumono gli stessi farmaci, può generare confusione. In Italia, infatti, la legge delega al farmacista la scelta del generico da consegnare al paziente che ogni volta si può trovare ad assumere farmaci di aspetto differente. Esiste anche un altro fattore da evidenziare: la bioequivalenza di ciascun generico viene testata verso il brand, ma i generici non vengono confrontati tra di loro. Potrebbe succedere, quindi, che il paziente si veda somministrare di volta in volta generici non bioequivalenti tra loro con eventuale impatto sull’efficacia e/o tollerabilità del trattamento. Negli USA i medici dispongono di un libro in cui sono indicati i generici tra di loro bioequivalenti, mentre in Italia al momento non esiste nulla di simile.

Esiste anche un altro fattore da evidenziare: la bioequivalenza di ciascun generico viene testata verso il brand, ma i generici non vengono confrontati tra di loro. Potrebbe succedere, quindi, che il paziente si veda somministrare di volta in volta generici non bioequivalenti tra loro con eventuale impatto sull’efficacia e/o tollerabilità del trattamento. Negli USA i medici dispongono di un libro in cui sono indicati i generici tra di loro bioequivalenti, mentre in Italia al momento non esiste nulla di simile.

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