Intervistato il noto artista e performer milanese Gabriele Contini, racconta del suo rapporto con la religione e la Chiesa.
1) Nel 2003 mette in scena Salomè, al Teatro delle Erbe di Milano. Perché ha deciso di fare una performance con una tematica del Vangelo?
Per realizzare la performance ho preso spunto dal dramma teatrale Salomè di Oscar Wilde. Il dramma è ispirato alla figura della principessa giudaica Salomè, figlia di Erodiade, ed alla sua storia, riportata, pur tacendone il nome, nei Vangeli di Marco e Matteo. Per compiacere la sua volontà, infatti, Erode ordinò la decapitazione di Iokanaan. L’opera venne scritta in lingua francese durante un soggiorno di Wilde a Parigi, appositamente per l’attrice Sarah Bernhardt la quale, nonostante le numerose prove, si rifiutò di interpretare il personaggio sulle scene. Il dramma appare solo in parte come una riproposizione della nota vicenda biblica (Matteo, 14,3-11; Marco, 6, 17-28), e, proprio nel suo essere altro dalla storia antica, ne svela la più recondita, metafisica essenza. Il tema principale è la remissione della propria sorte, il destino che si compie inesorabile e che riguarda l’umanità intera.
2) Quanto è importante l’arte cristiana nelle sue opere?
Non ci ho mai pensato! Non la definirei arte cristiana, ma “arte cristica” diretta all’essenza del messaggio recondito di Cristo.
3) E’ credente? Praticante?
Credo in Dio perché, come diceva il drammaturgo Carmelo Bene: “Non esiste un Dio, ma una presenza sovrasensibile”.
4) Cosa ne pensa dell’elezione del nuovo Papa Francesco I?
E’ una brava persona, ma la cosa non mi interessa.
5) Secondo Lei, l’attuale Papa contribuirà ad un riavvicinamento dei cristiani alla Chiesa Cattolica?
Non penso. I cristiani sono tanti e di diverse confessioni.
6) Regalerebbe una Sua opera al Papa?
Si, certo ne sarei onorato.
7) Quale il significato del Crocifisso nelle sue opere?
Il crocefisso ha un significato simbolico esistenziale formidabile è il segno della resa a qualcosa di più grande. Ne faccio uso per decretare la mia volontà di assumere un destino (quello del dolore, della remissione) sopra le mie spalle.