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Regionalizzazione ed economia: Il Regno del Marocco è in crescita continua. Gian Guido Folloni Il Comunicatore Italiano

Il Regno del Marocco è in crescita continua. Evoluzione democratica, stabilità politica ed un trend economico invidiabile lo rendono un partner di grande interesse per l’Italia. Il viaggio, in questa nuova realtà economica, di Gian Guido Folloni, Presidente ISIAMED (Istituto Italiano per l’Asia ed il Mediterraneo) e co-fondatore del blog indipendente Il Comunicatore Italiano.

Casablanca, la moschea Hassan II – Copyright Gian Guido Folloni 2012


Le cifre non sono quelle della Cina o della Turchia, ma per noi europei scossi dalla crisi anche il Regno del Marocco ha un trend economico invidiabile. Dopo il plauso raccolto per la riforma costituzionale varata nel 2011, il Marocco ha incassato il giudizio largamente positivo del Fondo Monetario Internazionale.

Scrive il FMI nel suo recentissimo rapporto: “Le politiche macroeconomiche ispirate alla prudenza avviate dal Marocco nell’ultimo decennio gli hanno permesso di avere margini di manovra sufficienti per affrontare le ultime crisi.”
Il Fondo non manca tuttavia di dare stimoli al governo (quadripartito) uscito dal recente voto di fine 2011. L’invito è volto all’adozione di misure di bilancio rigorose, a migliorare il clima degli affari per garantire alla nazione magrebina “un tasso di crescita duraturo sul medio e lungo periodo”.

Ma le cifre parlano e sono confortanti. Nel 2010 il PIL fuori dall’agricoltura (PIBHA) grazie ai buoni risultati del settore della manifattura è cresciuto del 4,5%. Un buon risultato, rileva il fondo, che compensa il calo registrato nel settore primario. Nel 2011 la crescita complessiva è stimata tra il 4,5 e il 5%.
L’inflazione è “solidamente contenuta”. Per il 2010 il tasso medio si è stabilito all’1%. Nel 2011, i risultati positivi del settore agricolo e i prezzi stabili dei derivati del petrolio e delle derrate alimentari dovrebbero contribuire a contenere l’aumento dell’indice dei prezzi di circa l’1,5%.
Cresce anche il credito, nonostante il calo di liquidità: + 7,4% del 2010 con un leggero calo nel primo semestre 2011, attestandosi nell’anno, su base previsionale, al 6,2%.

Casablanca, davanti alla Moschea – Copyright Gian Guido Folloni 2012

L’attenzione del Fondo si concentra sui dati di bilancio. Il deficit del conto corrente potrebbe accentuarsi per collocarsi sul 5% del PIL circa, alla fine del 2011. Il volume complessivo delle esportazioni, ivi compresi i fosfati e i suoi derivati, nonché gli aumentati proventi del turismo e delle rimesse dei marocchini residenti all’estero non compenseranno l’aumento delle importazioni dovuto al rialzo del prezzo del petrolio e delle derrate alimentari. Le riserve internazionali lorde (2011) dovrebbero registrare un leggero calo.

Un altro aumento del deficit di bilancio è causato dal forte aumento delle spese. Questo deficit potrebbe raggiungere il 5,5-6% del PIL nella scia del rialzo delle spese pari al 3% del PIL.
Secondo il FMI, i risultati economici ottenuti dal Marocco dovrebbero proseguire. La crescita del prodotto interno lordo senza l’agricoltura si dovrebbe aggirare al 5% e contribuire a una crescita del PIL complessivo del 4,5-5% nel 2011. Sul medio termine, il tasso di crescita potrebbe raggiungere il 6%. Le Autorità marocchine – annota il FMI – hanno per obiettivo di riportare il deficit di bilancio sul medio termine a circa il 3% del PIL, riducendo di circa il 50% l’indebitamento del Tesoro.

L’articolo 77 della nuova Costituzione e il disegno di legge organica delle finanze consacrano il principio per preservare gli equilibri delle finanze pubbliche. Ma senza misure correttive, il deficit di bilancio potrebbe raggiungere il 6,5-7,5% del PIL e quindi il livello d’indebitamento pubblico continuerebbe ad aumentare. Per questo l’invito alle Autorità marocchine è ad adottare nel 2012, sulla scia degli sforzi già compiuti nel 2011, le necessarie misure di consolidamento.
Il 2012, peraltro, s’è aperto con il Marocco in esercizio provvisorio. E solo da aprile la nuova legge finanziaria darà seguito a tale azione.

Buone le note riservate alla politica monetaria e di cambio. Grazie ad un tasso di scambio fisso e al controllo parziale dei capitali, la Bank Al Maghrib ha gestito con efficacia le liquidità e mantenuto (dal marzo 2009) il tasso d’interesse vicino al 3,25%. Forte lo sviluppo del settore finanziario (anche se il FMI auspica lo stanziamento di altre risorse). Il settore bancario ha raggiunto una dimensione importante, superando il 120% del PIL, sostenuto dalle rimesse dei marocchini residenti all’estero e dalla creazione di reti bancarie in Africa da parte delle banche marocchine. La borsa di Casablanca è una delle piazze affari più capitalizzate e diversificate in termini settoriali, di tutta l’Africa. Il tasso di solvibilità si aggira al 12,3% a fine 2010, +11,8% sul 2009.

Infine, il FMI apprezza le riforme attuate nell’ultimo decennio in alcuni settori chiave per accrescere la competitività dell’economia e un clima migliore per gli affari. “Politiche sociali coerenti – scrive il FMI – hanno consentito, tra il 2000 e il 2008, un altro calo del 6,5% del tasso di povertà e un miglioramento degli indicatori sociali.” Anche se resta alto (9%) il tasso di disoccupazione, molto alto per giovani e donne e diplomati.

In campo sociale il FMI apprezza in particolare il successo dell’Iniziativa Nazionale per lo Sviluppo Umano e la recente estensione della copertura medica alle popolazioni svantaggiate.
Per l’Italia con la disoccupazione a due cifre e la recessione entro l’uscio di casa, il Regno del Marocco, con la sua evoluzione democratica, la stabilità politica e l’economia che pare aver ben traversato le turbolenze della crisi internazionale, è sull’altra sponda del Mediterraneo, un partner regionale di grande interesse.


FONTE:
 Il Comunicatore Italiano

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Gian Guido Folloni: Marocco, reportage fotografico sul blog Il Comunicatore Italiano

Una popolazione divisa, composta da numerose tribù che “riflettono un patrimonio etnico e culturale misto, che unisce arabi, berberi, e altre influenze, tra neri africani”. Marocco, i volti dei Saharawi visti attraverso l’obiettivo di Gian Guido Folloni, Presidente Isiamed, co-fondatore del think tank blog indipendente Il Comunicatore Italiano.

La popolazione che ha abitato la regione del Sud Sahara prospiciente l’oceano Atlantico è oggi divisa. Un tempo prevalentemente parte dell’impero coloniale spagnolo risiede oggi entro i confini di diverse nazioni: il Marocco, l’Algeria e la Mauritania. Piccole presenze si riscontrano anche in Mali e Niger.

Sono una popolazione composta da numerose tribù. Come con la maggior parte dei popoli del Sahara, le tribù riflettono un patrimonio etnico e culturale molto misto, che unisce arabi, berberi, e altre influenze, tra neri africani. Mentre la parte di popolazione che vive in Marocco si è progressivamente integrata e punta all’autonomia nell’ambito del processo nazionale di regionalizzazione, la minoranza che vive in Algeria ha dato vita al movimento del Polisario e rivendica l’indipendenza.
Queste immagini sono state scattate nella regione marocchina durante l’annuale raduno delle tribù.

Copyright Gian Guido Folloni Marzo 2012
Copyright Gian Guido Folloni Marzo 2012
Copyright Gian Guido Folloni Marzo 2012
Copyright Gian Guido Folloni Marzo 2012


FONTE:
Il Comunicatore Italiano

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Pier Domenico Garrone: Il Comunicatore Italiano incontra il Marocco

Il Comunicatore Italiano incontra il Marocco. Gian Guido Folloni, Presidente di Isiamed-Istituto Asia Mediterraneo e Pier Domenico Garrone, Comunicatore esperto di web reputation ed innovazione, co-fondatori del think-tank blog indipendente Il Comunicatore Italiano, incontrano l’Ambasciatore del Regno del Marocco in Italia, S.E. Hassan Abouyoub nella sede dell’Ambasciata in Roma

Gian Guido Folloni e Pier Domenico Garrone hanno incontrato l’Ambasciatore del Regno del Marocco in Italia, S.E. Hassan Abouyoub nella sede dell’Ambasciata in Roma. L’incontro è stato volto a presentare all’Ambasciatore Il Comunicatore Italiano, mettendo in evidenza le sue finalità tese a dare dimensione etica ed istituzionale alla comunicazione. Particolare attenzione è stata riservata all’azione orientata verso la regione mediterranea, nell’ambito della focalizzazione in questa zona delle azioni di comunicazione.

A tal proposito vanno ricordati i dati economici positivi della crescita del Regno del Marocco ed il fatto che è lo Stato che ha riformato la propria Costituzione con una innovazione fondamentale nella ridistribuzione democratica e devoluzione dei poteri al Governo unita alla valorizzazione del ruolo della Donna in Politica e alla tutela delle religioni monoteiste. L’Ambasciatore ha manifestato il suo pieno interesse. Si sono anche valutati progetti di comunicazione utili ad una migliore comprensione del Marocco in Italia e dell’Italia in Marocco.

Proprio in quest’ottica avrà luogo la prima visita ufficiale de Il Comunicatore Italiano all’ottava edizione del Moussem di Tan Tan, dal 23 al 25 marzo 2012, organizzata sotto il Patrocinio di Sua Maestà il Re Mohamed VI.

L’argomento del confronto sarà: Regionalizzazione: modello Italia.

La delegazione sarà composta da:

Pier Domenico Garrone, Il Comunicatore Italiano;
Gian Guido Folloni, Isiamed, Istituto Italiano per l’Asia e il Mediterraneo;
Domenico Naccari, Roma Capitale

La delegazione sarà accompagnata dal Sig. Sidi Mohamed Fadel Dadi, Ministro Plenipotenziario dell’Ambasciata del Regno del Marocco.

FONTE: Il Comunicatore Italiano

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Il Comunicatore Italiano: Gian Guido Folloni “I Soldi e la Fede”

“Dare a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio è questione antica quanto il Vangelo”.
Sul settimanale Panorama Economy un’analisi sulla fede, in chiave economica, di Gian Guido Folloni, Presidente di Isiamed-Istituto Asia Mediterraneo e co-fondatore del blog indipendente Il Comunicatore Italiano.

Dare a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio è questione antica quanto il Vangelo. E’ non è mai stata cosa semplice. Altrimenti la capziosa domanda posta dai Farisei non sarebbe nemmeno stata formulata. Nei secoli il confine non ha cessato di riproporre il dilemma. Cosa fare di quel soldo? Come usarlo? Inquietante il fatto che la cassa degli Apostoli la tenesse Giuda. Ma anche che Pilato, che riscuoteva per conto di Cesare, alla fine se ne lavò le mani, consegnando a coloro che avevano fatto la domanda colui che aveva dato la risposta: crocefisso. Anche oggi la confusione è tanta. Il criterio dato allora non è poi così male: “di chi è l’effige”? A patto di non fare come Pilato e ignorare che la missione della Chiesa non merita di essere crocefissa. Capire di cosa si parla è il punto di partenza.

Intanto, per stare all’Italia, è opportuno distinguere tra le due sponde del Tevere. Una cosa è il Vaticano, Stato estero ancorché entro il territorio italiano, altra cosa sono le opere facenti capo ai Vescovi italiani.
Andiamo con ordine, partendo dalla Santa Sede.
Lo IOR (Istituto Opere di Religione): ha sede in Vaticano e da lì opera in tutto il mondo. Non fa prestiti. Non emette assegni propri. Il suo scopo è far fruttare i patrimoni di tutto il mondo raccolti e provenienti da diocesi, parrocchie, ordini, enti e privati con finalità religiose. Una parte delle rendite è devoluta al Papa. Fu pietra dello scandalo ai tempi di Sindona e Marcinkus. Riorganizzato da Angelo Caloia investe soprattutto in obbligazioni.
L’Obolo di san Pietro è l’aiuto economico offerto dai fedeli direttamente al Papa. In passato si raccoglieva nelle chiese durante la festa dei santi Pietro e Paolo. Oggi può essere versato tutto l’anno, anche da casa con carta di credito.

PSA (Amministrazione Patrimonio Sede Apostolica). L’ufficio è retto da un cardinale (Domenico Calcagno). Amministra i beni (immobili e no) della Santa Sede e fornisce i fondi necessari al funzionamento della Curia romana. Svolge anche la funzione di banca centrale della Santa Sede anche se tanti questo ruolo lo assegnano erroneamente allo IOR.
Governatorato dello Stato Città del Vaticano. Si occupa del governo della Città del Vaticano (potere esecutivo). E’ presieduto da un cardinale (Giuseppe Bertello). Sovrintende all’amministrazione ed alla maggior parte delle funzioni pubbliche della Città del Vaticano. Rappresenta lo Stato in vece del Papa.

In Italia si deve fare riferimento all’Istituto italiano per il sostentamento del Clero. Ente ecclesiastico, è dotato di personalità giuridica canonica e civile. Fu istituito nel maggio 1985 in base all’accordo di revisione del Concordato del 1929 intervenuto tra la Santa Sede e la Repubblica italiana nel 1984. La revisione abolì la Congrua, lo stipendio che lo Stato italiano pagava ai sacerdoti a riconoscimento delle funzioni di culto svolte ed a compensazione degli espropri di molti beni dello Stato Pontificio fatti con l’unificazione dell’Italia. Oggi ai sacerdoti l’Istituto per il sostentamento del Clero versa un’integrazione di quanto ricevuto dalle parrocchie e dagli enti da cui dipendono. L’Istituto è liberamente finanziato dai cittadini italiani attraverso 2 canali: la devoluzione proporzionale dell’8% della massa IRPEF( per scopi d’interesse sociale e umanitario); le oblazioni (fiscalmente detraibili) versate direttamente dai cittadini all’Istituto.
L’Istituto centrale collega, coordina e controlla 226 istituti diocesani.

Ci sono, poi, gli Ordini religiosi (maschili e femminili). Hanno autonomia patrimoniale, secondo gli statuti dei fondatori. Il loro patrimonio è normalmente orientato al no profit.
Il patrimonio che sta in Italia è vasto e fa capo tanto al Vaticano quanto a Vescovi e Congregazioni: Chiese, conventi, seminari, edifici abitativi, case generalizie e d’accoglienza, residenze di prelati, case parrocchiali, oratori. Ecco esplodere le polemiche su esenzione ICI , su fiscalità agevolata e l’attività commerciale che intreccia quelle propriamente religiose, esentate proprio alla stipula dei Patti concordatari.
E se si fa business? E giusto pagare il tributo allo Stato. Certo, ma esenzioni e fiscalità agevolate sono previste per soggetti ed enti non solo religiosi.

Ci sono preti e frati che vanno fuori dal seminato? Monti si muove per fare chiarezza. La norma è l’”Atto Senato 3110”: dal 2013 si sciolgono le ambiguità. Entro 60 giorni arriverà il decreto attuativo. Bene che la Chiesa, di qua e di la dal Tevere, collabori.
Cosa dare a Cesare oggi del denaro che opera sotto l’azione di prelati, chierici, frati, monache e padri missionari? Il criterio riconosciuto in tutto il mondo è l’esenzione dal tributo delle attività no profit, per le finalità d’interesse sociale e umanitario. Comprendono sia l’azione pastorale che quella assistenziale e caritativa. Riconosco il servizio reso ai credenti, ma anche quelli resi in generale ai cittadini: le Caritas per esempio. Servizi di cui altrimenti dovrebbe farsi carico lo Stato.

“Quante divisioni ha il Papa?”, si chiedeva irridente Stalin. Non ignorava che milioni di preti, frati e monache erano un esercito, ma sapeva che erano schierati per una missione diversa dalla guerra. Quanti soldi muove la fede? Per quale finalità sono spesi? Ecco il confine di oggi di quella vecchia domanda di duemila anni fa. Ci sono fedifraghi e malandrini? Probabile. Ci sono sempre stati e ci sono in tutte le famiglie. Poi, anche oggi ci sono farisei, mangiapreti e scopritori di presunti misteri, vaticanleaks e corvi. Non mancano mai.

FONTE: Il Comunicatore Italiano

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