A cavallo tra gli ultimi due secoli, il Salento ha vissuto la propria personalissima renaissance, puntando con decisione su quelle che sono le sue peculiarità identitarie. Dalla musica alla tradizione gastronomica, dai monumenti artistici alle spiagge, tutte le eccellenze locali hanno trovato il giusto modo di essere valorizzate, concorrendo alla realizzazione di un nuovo, dinamico modello di marketing territoriale. A ciò è corrisposto l’incremento di diversi tipi di turismo, così che oggi non appare strano ciò che fino a pochi anni fa sembrava irraggiungibile: un hotel a Lecce sorge accanto a un b&b, un hotel di lusso di fronte a un pub giovanile, un ristorante di classe insieme a una trattoria tipica, emblemi di una località capace di diversificare la propria offerta turistica.
Quello salentino degli anni ’90 si configurava come un turismo definito “di prossimità” e legato quasi esclusivamente alla stagione estiva: visitatori occasionali provenienti in massima parte dal resto della Puglia si trattenevano per brevi periodi sul territorio leccese, approfittando delle suggestioni della sua costa per poi andare via quasi subito. Il litorale non trovava una giusta valorizzazione, carente nelle strutture e nei servizi e le attività ricettive vivevano di una clientela occasionale a cui risultava difficile dare seguito e continuità.
I movimenti di globalizzazione, lo sviluppo di una sovra cultura mondiale omologatrice e nemica delle diversità ha trovato un po’ in tutto il globo controtendenze di opposizione, la matrice identitaria del posto è stata difesa da associazioni e cittadini che si sono battuti per la tutela dei propri tratti caratteristici. Nello specifico salentino, tali movimenti si sono orientati su diversi settori: le masserie tipiche del posto hanno attraversato una fase di riscoperta che oggi si incentiva ulteriormente, ristrutturate e riadattate ad agriturismi, sono oggi il fulcro di un turismo green che, soprattutto dal nord Europa, diventa attività sempre più ambita e richiesta. La musica popolare del posto, la pizzica, si è svincolata dalle accezioni negative che si portava dietro da secoli (la musica del dolore, l’inno dell’arretratezza contadina) trasformandosi in esaltazione, gioia e incontro tra modernità e passato, tanto che la pizzica diventa oggi ulteriore motivo di interesse, capace da sola – soprattutto grazie alla Notte della Taranta – di intensificare il flusso turistico specialmente nell’ultima parte dell’estate. Il dialetto viene riscoperto come risorsa, l’artigianato si lega al mercato dei souvenir, l’indotto turistico assume una mole gigantesca, in quella che è la folgorante renaissance salentina.