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Finanza, i mercati emergenti pagano la “sporgenza di posizionamento”

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  • 12 Aprile 2019

Se parole come inflazione e spread sono ormai delle presenze assidue dei nostri discorsi (chi non le ha sentite ai TG di recente?), ci sono concetti del mondo economico che rimangono strettamente confinati nell’ambito della finanza specialistica. Uno di questi è la “sporgenza di posizionamento”.

La finanza specialistica e il fenomeno della sporgenza

finanza emergentiCon essa si descrive quella situazione nella quale i gestori dei patrimoni hanno già fatto scorta sufficiente di un certo asset finanziario, per cui anche se la sua appetibilità cresce, non si assiste ad un aumento della domanda. In sostanza i gestori dell’alta finanza hanno già accumulato volumi notevoli di quell’asset mentre il loro prezzo aumentava, per cui adesso non hanno più interesse a comprare. Questa situazione si è presentata nel caso concreto nei Paesi emergenti.

Nonostante la situazione economica complessiva di questi paesi sia migliorata molto da inizio anno, le loro valute non sono diventati degli asset finanziari molto appetitosi. Non si sta assistendo a una crescita del loro valore. Malgrado ci sia stata una forte virata in chiave più morbida da parte della Fed, il dollaro americano ha mantenuto la sua forza rispetto al paniere di valute dei mercati emergenti (lo evidenzia un indice che si chiama MSCI EM Currency Index, oppure il CCI commodity channel index è stabile). Anzi, ad essere precisi il cambio del dollaro contro molte di queste valute è cresciuto.

Le ragioni della sporgenza di posizionamento

Ma perché alla complessiva ripresa dei mercati azionari dei Paesi emergenti, non ha fatto seguito anche una crescita delle valute nazionali? Secondo uno degli istituti più importanti del mondo della finanza, l’Institute of International Finance, è proprio qui che entra in gioco il fenomeno di “sporgenza di posizionamento”. I gestori avrebbero già fatto scorta sufficiente delle monete dei Paesi emergenti durante i vari anni caratterizzati dalle politiche monetarie espansive delle banche centrali dei Paesi avanzati. Per questo, si sostiene, ogni nuova virata dovish da parte della Fed ha avuto effetti meno pronunciati nel dare slancio al cambio delle valute nazionali EM. Se questo è il motivo principale, accanto ci sono anche altre ragioni che possono variare da paese a paese. Ad esempio gli investimenti diretti in molti casi sono stagnanti, e chi sa come fare trading sul forex sa benissimo che ciò incide sull’andamento dei cambi. In particolare maggiore resilienza è stata osservata fra le monete dei Paesi e asiatici e dal rublo russo.

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Mercati, ecco i fattori che potrebbero condizionare il 2018

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  • 1 Dicembre 2017

Il mondo finanziario presenta tantissime connessioni tra fattori e attori. Difficile fare previsioni accurate, ma nel prossimo anno sembrano esserci 4 elementi che più di altri potrebbero incidere sull’andamento dei mercati. Si tratta degli investimenti in conto capitale, il quantitative exit, l’indebitamento privato cinese e i millennials.

I futuri driver dell’economia

Le politiche espansive portate avanti da quasi tutte le banche centrali hanno generato un fiume di liquidità disponibile sui mercati a tassi ancora abbordabili. Questo dovrebbe favorire quella voce di spesa in conto capitale (così detti “capex”). Proprio per questo motivo essa potrebbe essere un importante driver della crescita economica nel 2018.

Ed a proposito di banche centrali, proprio il 2018 dovrebbe essere l’anno in cui anche le ultime roccaforti della politica espansiva potrebbero cadere (prima fra tutte la BCE). Il quantitative exit, ovvero il graduale abbandono delle politiche monetarie ultraespansive, potrebbe modificare gli scenari economici globali. Inoltre potrebbe generare delle sacche di volatilità sui mercati valutari, ma anche su quelli azionari e del credito. Occhio quindi a monitorare sempre l’indicatore Commodity channel index CCI.

Altri fattori incidenti

Altro elemento chiave sarà al Cina. L’indebitamento delle aziende cinesi ha spinto le autorità di Pechino ad intervenire per contenere il credito, ma ciò comporta anche qualche rischio per i valori degli asset. Infine, un altro elemento che potrebbe fungere da driver per l’economia globale sono i millennials, ovvero la generazione tra 18-38 anni. Sono loro a determinare una forte influenza in tutti gli ambiti della vita, sia economica che sociale. I loro bisogni daranno nuove opportunità agli investitori, e metteranno anche alla prova i settori tradizionali dell’economia.

Conoscendo i driver del prossimo futuro, quali sono le aree d’investimento corrispondenti? Secondo Credit Suisse sono cinque, a cominciare dai mercati emergenti, il cui indicatore relative vigor index RVI ha evidenziato grande forza. Passando per l’Eurozona e gli investimenti aziendali, fino a chiudere con i supertrend azionari e il reddito fisso.

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