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“Ma quanto parli?”. Quattro storie contate che sfuggono all’occhio e al cuore

Pubblicati i racconti di Valerio Droga, una breve rassegna di persone sole, inascoltate, a cui l’autore cerca di dare voce. Offerta lancio a €2,99 acquistabile online.

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Quattro stili diversi ma un unico filo conduttore, la solitudine dei personaggi. Si va dalla sperimentazione dialettale di Passeggiata, in cui i dialoghi sono tutt’uno con la narrazione, alla storia che dà il titolo alla raccolta e ne è l’anima, in cui il racconto, in prima persona, è affidato direttamente al protagonista benché la sua visione sia alterata. C’è poi Il messaggero, dove l’autore si confronta con il racconto di genere per eccellenza, il giallo che, in alcuni momenti, cede al thriller con risvolti noir, ma anche in questo caso il protagonista è un uomo solo, con un lavoro improbabile, un po’ fuori dal mondo, come del resto sola lo è la coprotagonista, che vive in compagnia di un cane su cui ha proiettato l’immagine e perfino il nome del marito. Chiude la raccolta un brevissimo reportage scritto parecchi anni fa, sulla scorta delle regole del New Journalism, che racconta lo “show” di un barbone trovato a dormire, una notte, sul ciglio di una strada.

“Peggio dell’incomunicabilità – afferma Valerio Droga – è quella che il sociologo Paolo Jedlowski chiama inaudibilità, l’altra faccia della medaglia, ovvero l’incapacità di ascoltare. È il termometro dell’indifferenza della società, che spesso non è disposta ad ammettere le proprie contraddizioni e così, per evitarne l’imbarazzo, preferisce guardare altrove”.

Sono appena quattro storie, “quattro storie contate“, che in lingua siciliana vuole accentuare il senso di scarsità, ma ‘cuntari significa anche raccontare e richiama così i ‘cunti, ovvero i racconti, di solito quelli orali dei cantastorie popolari. Qui di popolari ci sono i protagonisti, persone cioè anonime. Poche storie, dunque, ma anche storie “da poco”, che raccontano quelle vite che sfuggono spesso all’occhio e al cuore, pure quando ci passano accanto. Storie di persone sole anche se non necessariamente solitarie.

La copertina è un altro elemento fondamentale del libro, ideata e disegnata dallo stesso autore, che ha riprodotto la classica scena di Aspettando Godot. Come nel set originario c’è l’albero secco, la luna sullo sfondo che ne proietta l’ombra e i due protagonisti in perenne attesa, con la differenza che qui sono fluttuanti, senza una direzione, un obiettivo, e senza gravità, mancano di peso sociale. Sono anche privi di ombra, quindi privi di consistenza, evanescenti come dei fantasmi, di cui nessuno si accorge, proprio come i protagonisti dei racconti. Come questi, anche loro non parlano o parlano poco, per timore di non essere ascoltati. In realtà non si attendono nulla dalla vita, come suggerisce il titolo del disegno, Aspettando, manca cioè l’oggetto stesso dell’attesa. Forse aspettano solo qualcuno che dia loro una voce ed è ciò che l’autore ha provato a fare con questi quattro racconti.

Il libro, stampato da Ilmiolibro per la Viddì edizioni (57 pagine, €7,50 in cartaceo, €4,49 in ebook), in offerta lancio a soli €2,99, è acquistabile o anche solo leggibile gratuitamente online all’indirizzo: ilmiolibro.kataweb.it/schedalibro.asp?id=1063494.

Ma quanto parli? è anche presente su Facebook all’indirizzo www.facebook.com/maquantoparli.

Valerio Droga nasce a Palermo nel 1980, è giornalista professionista e dirige la testata telematica “Oggi Salute”. Tra i vari hobby coltiva quello per la scrittura, intesa come sfogo interiore ma anche forma di impegno sociale. Per Ilmiolibro ha già pubblicato lo studio sociologico e semiotico “Nor Arax, enclave armena in territorio italiano”, sul genocidio armeno e le forme possibili di integrazione sociale, e il romanzo demenziale e psicologico “Il sentiero dei funghi di bosco”.

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Dea Orh Art Gallery di Praga: Intervista al rinomato artista Braco Dimitrijević in occasione del vernissage della sua mostra

Intervistato Braco Dimitrijević, uno dei più importanti e premiati artisti a livello internazionale, nonché pioniere dell’Arte Concettuale, originario di Sarajevo. Le sue opere sono state presentate nei contesti delle gallerie e dei musei più influenti del mondo, come la Sperone Westwater di New York, la Tate Gallery di Londra, il Museo Ludwig di Colonia, l’Israel Museum di Gerusalemme. L’artista, cha ha partecipato ben sette volte alla Biennale di Venezia e tre volte alla Documenta di Kassel, inaugurerà la mostra personale Giovedì 24 Ottobre 2013, presso la rinomata Dea Orh Art Gallery di Praga. Dea Orh Gallery e una delle più importanti e prestigiose gallerie private della Repubblica Ceca, l’unica ad aver creato una piattaforma teorica e pratica per gli studi di potenzialità, tecniche, tecnologie e filosofie relative al medium della pittura nella produzione artistica contemporanea. Nel processo di continua ricerca, la parte teorica si trasforma in pratica, tramite la realizzazione di straordinarie mostre d’arte in loco, nonché la partecipazione ad esposizioni e fiere internazionali, come la Biennale d’Arte di Venezia e la Art Basel. L’obiettivo principale è quello di valorizzare e dar spazio soprattutto agli artisti del panorama ceco, ma non solo. Come Braco Dimitrijević, la Dea Orh supporta anche artisti dall’estero, al fine di dar loro il giusto valore e merito.

 

Di seguito l’intervista all’artista.

1- Si considera un artista ispirato dall’arte informale o da una particolare corrente/movimento artistico?

Diciamo che sono ispirato da un’attività culturale. L’artista contemporaneo è obbligato a riferirsi all’eredità culturale che ha ricevuto.

2- Quando e come è iniziata la sua carriera artistica?

Ho tenuto la mia prima mostra all’età di 10 anni, durante la quale ho esposto 40 oli su tela. Successivamente ho continuato, ma mi rendevo conto che la pittura non riusciva ad esprimere la complessità del mio pensiero. Ho dunque smesso e mi sono dedicato alle competizioni di sci alpino, che per me, a quei tempi, rappresentava la possibilità di potermi esprimere nello spazio. Negli anni ’67 e ’68 ho incominciato con gli interventi nello spazio urbano con mio lavoro “passanti casuali”.

3- Lei parla del suo famoso  progetto denominato “Casual Passer-By”; da cosa è stato ispirato e come lo ha realizzato?

Ho iniziato pensando ai geni dei tempi passati, precursori dei tempi, come El Greco, Kafka e molti altri. Geni riconosciuti solo in seguito per l’importanza ed il valore della loro opera, ma incompresi ai loro tempi. Mi sono ispirato al fatto che c’è molta gente, anche ai nostri giorni, non in sintonia con il loro periodo storico, che quindi resta incompresa; gente che magari è geniale, ma che resta sconosciuta, nascosta nell’ombra. Ritengo che ogni persona possa essere geniale, fino a prova contraria. Il mio desiderio è proprio quello di dare visibilità a queste persone, promuoverle, per cui nelle mie installazioni inserisco soggetti sconosciuti, partendo proprio dal presupposto che ognuno di noi possa esser geniale.

4- La grandiosa mostra allo zoo di Parigi nel 1998 e il progetto di connessione tra animali e opere d’arte;

Parto dalla relazione cosmica tra l’essere vivente in generale e l’arte. Gli animali sono esseri viventi e io ho voluto e voglio tuttora mostrare e far capire come gli animali e la loro psicologia non sia molto diversa da quella degli umani, anzi. Nell’installazione delle gabbie di gatti selvatici  a Parigi erano state inserite opere d’arte. all’interno della gabbia dei leoni. Io ho fatto ricostruzione della mostra Degenerate Art della Monaco di Baviera del anno 1936, in gabbia dei leoni, quali  non le avevano distrutte. Mentre l’essere umano distruggeva, l’animale aveva un atteggiamento più civile rispetto all’uomo di quel periodo. In queste installazioni si mettono a confronto gli animali, gli oggetti o le opere d’arte. Vengono messi a confronto due modelli culturali: quello del mondo occidentale e quello del mondo animale che vive in armonia con la natura. Dopotutto, se qualcuno guarda la terra dalla Luna, non vi è alcuna distanza tra il Louvre e lo zoo!

5- Il lavoro di installazioni denominato “Triptychos Post Historicus”? Quanti esemplari sono stati prodotti?

Ho fatto 500 installazioni in vari musei del mondo, come al Tate Gallery, Guggenheim Museum di New York, Louvre, Musee Orsay o Musee National d Art Moderne Centre Georges Pompidou. Trattasi di trittici: la prima parte del trittico è rappresentata da un quadro storico che rappresenta un valore spirituale e storico, la seconda parte da un oggetto del quotidiano, la terza parte dalla frutta, che esiste senza convenzioni culturali perché appartiene alla natura e quindi esiste indipendentemente dall’uomo. Il trittico rappresenta il Cosmo in piccolo, la trinità di valori diversi che coesistono.

6- Quali sono le sue prossime mostre e che opere verranno esposte?

Esporrò a Praga dal 25 Ottobre al 20 Novembre 2013 e poi a Parigi. A Praga, alla Dea Orh Art Gallery, esporrò quadri e sculture recenti, tra i quali un trittico: una citazione di Brâncuşi, affiancata ad un trombone, per quanto riguarda l’oggetto quotidiano e, come frutto, una noce di cocco.

7- Come concepisce l’arte?

Vedo l’arte come una passeggiata, una lunga passeggiata durante la quale l’artista migliora il mondo.

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