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La normativa di riferimento per i farmaci off-label

L’Avv. Andrea Castelnuovo fa chiarezza su quale sia la normativa che disciplina i farmaci off label.

Essenzialmente l’off label è disciplinato da tre fonti normative: la Legge 8/4/1998 n. 94, la Legge 23/12/1996 n. 648 e il Decreto Ministeriale 8/5/2003.

L’art. 3 della Legge 94, meglio nota come “legge Di Bella”, (rubricato “Osservanza delle indicazioni terapeutiche autorizzate”) stabilisce le seguenti regole:
A) il medico, nel prescrivere un medicinale prodotto industrialmente, si attiene alle indicazioni terapeutiche, alle vie e alle modalità di somministrazione previste dall’autorizzazione all’immissione in commercio;
B) in singoli casi il medico – sotto la sua diretta responsabilità – può impiegare un medicinale prodotto industrialmente per un’indicazione o una via di somministrazione o una modalità di somministrazione o di utilizzazione diversa da quella autorizzata (oppure riconosciuta agli effetti della 648 del 1996, di cui diremo), alle seguenti condizioni:
1. previa informazione del paziente,
2. previa acquisizione del consenso del paziente,
3. se il medico ritenga, in base a dati documentabili, che il paziente non possa essere utilmente trattato con medicinali on-label, ossia per i quali sia già approvata quella indicazione terapeutica o quella via o modalità di somministrazione,
4. purché tale impiego sia noto e conforme a lavori apparsi su pubblicazioni scientifiche accreditate in campo internazionale.
La legge dispone che in nessun caso il ricorso (anche improprio) del medico alla facoltà di curare con farmaci off label può costituire riconoscimento del diritto del paziente alla erogazione dei medicinali a carico del SSN, al di fuori dell’ipotesi disciplinata dalla legge 23 dicembre 1996, n. 648.
Il quinto comma dell’articolo 3 prevede che la violazione, da parte del medico, di queste disposizioni sia oggetto di procedimento disciplinare, e che in caso di violazione la sanzione minima irrogabile sia la sospensione dall’esercizio dell’attività professionale.

La legge 23/12/1996 n. 648 stabilisce che, qualora non esista valida alternativa terapeutica, sono erogabili a totale carico del Servizio sanitario nazionale:
1. i medicinali innovativi la cui commercializzazione è autorizzata in altri Stati ma non sul territorio nazionale,
2. i medicinali non ancora autorizzati ma sottoposti a sperimentazione clinica
3. i medicinali da impiegare per un’indicazione terapeutica diversa da quella autorizzata (off label, cioè), inseriti in apposito elenco predisposto e periodicamente aggiornato dall’AIFA

Il D.M. 8/5/2003 regolamenta l’uso compassionevole del farmaco assicurando ai pazienti l’accesso a terapie farmacologiche sperimentali con oneri a carico delle imprese produttrici, cui il medico può chiedere il farmaco.
L’autorizzazione è rilasciata – quando non esista valida alternativa terapeutica al trattamento di patologie gravi, o di malattie rare o di condizioni di malattia che pongono il paziente in pericolo di vita – se:
a) il medicinale sia già oggetto, nella medesima specifica indicazione terapeutica, di studi clinici sperimentali, in corso o conclusi, di fase terza o, in casi particolari di condizioni di malattia che pongano il paziente in pericolo di vita, di studi clinici già conclusi di fase seconda;
b) i dati disponibili sulle sperimentazioni di cui alla lettera a) siano sufficienti per formulare un favorevole giudizio sull’efficacia e la tollerabilità del medicinale richiesto.

Su questa normativa di base, sono intervenute due norme contenute nelle leggi finanziarie per il 2007 ed il 2008. Iniziamo da quest’ultima.
L’art 1 comma 349 della Legge Finanziaria 2008 (Legge 24 Dicembre 2007, n. 244) pone un parametro importante alla discrezionalità della valutazione con cui l’AIFA inserisce i farmaci nell’elenco di cui alla legge 648 (farmaci off label a totale rimborso): la Commissione tecnico-scientifica dell’AIFA valuta, oltre ai profili di sicurezza, la presumibile efficacia del medicinale, sulla base dei dati disponibili delle sperimentazioni cliniche già concluse, almeno di fase seconda.

L’art. 1 comma 796 lettera Z, della Legge 296/2006 (Finanziaria 2007) ha sostanzialmente vietato l’off label sistematico in sede ospedaliera a spese del SSN: la facoltà di fare off label secondo la legge 94 “non è applicabile al ricorso a terapie farmacologiche a carico del Servizio sanitario nazionale, che, nell’ambito dei presìdi ospedalieri o di altre strutture e interventi sanitari, assuma carattere diffuso e sistematico e si configuri, al di fuori delle condizioni di autorizzazione all’immissione in commercio, quale alternativa terapeutica rivolta a pazienti portatori di patologie per le quali risultino autorizzati farmaci recanti specifica indicazione al trattamento. Il ricorso a tali terapie è consentito solo nell’ambito delle sperimentazioni cliniche dei medicinali.
C’è da dire che l’AIFA ha aggiornato con Determinazioni 29/5/2007 e 16/10/07 l’elenco dei farmaci di cui alla legge 648/96 ponendo particolare riguardo ai settori dell’oncologia e della pediatria, i quali maggiormente avrebbero risentito di un’interpretazione restrittiva della norma contenuta nella Legge Finanziaria.

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L’OFF LABEL e la responsabilità nella prescrizione del farmaco

L’Avv. Andrea Castelnuovo parla delle questioni giuridiche sulla responsabilità nella prescrizione del farmaco con un focus sull’off label.

Di norma il medico deve utilizzare e prescrivere i farmaci secondo le indicazioni terapeutiche per le quali è stata autorizzata la sua immissione in commercio.
Esiste però la possibilità di farne uso per trattare patologie diverse o con modalità di somministrazione o posologia differenti (in questo si sostanzia l’off label), ma dobbiamo sapere che per esercitare legittimamente questa pratica – che si ispira alla teorica della libertà di cura – la legge stabilisce precisi paletti.

Questi paletti vennero posti dal legislatore, colmando il precedente vuoto normativo, quando si trattò di disciplinare la sperimentazione ufficiale del c.d. Multitrattamento Di Bella.

Negli anni ‘90 accadde che numerosi malati terminali di cancro, pazienti trattati secondo il “protocollo” del M.D.B., ricorsero ai Pretori (oggi il Pretore non esiste più, in quanto le funzione di quel giudice sono state attribuite alla competenza del Tribunale), chiedendo al giudice di ordinare alla ASL di somministrare loro gratuitamente la somatostatina. Come noto, quel farmaco era gratuitamente prescrivibile in fascia A per alcune malattie quali l’acromegalia ma non per i tumori, ed era reperibile solo con difficoltà nelle farmacie italiane al costo di £ 500.000 circa a dose. Le ASL sostenevano che sarebbe stato anomalo porre a carico del SSN l’impiego sistematico di farmaci per indicazioni diverse da quelle approvate con il rilascio dell’autorizzazione all’immissione in commercio. Ebbene, molti Pretori stabilirono che la richiesta dovesse essere accolta in quanto volta alla tutela del diritto alla salute sancito dall’art. 32 della Costituzione, quindi ordinarono in via d’urgenza alle ASL di somministrare gratuitamente il farmaco allorché, in presenza di sindromi di particolare gravità, esso apparisse l’unico potenzialmente efficace in assenza di ogni altra valida alternativa terapeutica.

Come sappiamo, la sperimentazione ufficiale sul M.D.B. diede esito negativo, ma il decreto legge n° 23 del 1998 (convertito nella Legge 94) che introdusse la sperimentazione, è rimasto a dare una disciplina dell’off label. Infatti, pur riguardando precipuamente le sperimentazioni cliniche in campo oncologico, introduce «altre misure in materia sanitaria», e nel preambolo si fa certo riferimento al «multitrattamento Di Bella», ma anche, in via generale, all’impiego di medicinali per indicazioni terapeutiche non autorizzate. Ne consegue che, pur trovando la propria essenziale ragion d’essere nell’esigenza di «disciplinare, in via eccezionale, la sperimentazione clinica del multitrattamento Di Bella» e di dare risposta ai problemi correlati, il predetto decreto-legge non si limita a tale vicenda, per cui non vi è discriminazione oggettiva a danno dei farmaci che compongono detta terapia.

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Farmaco generico e questioni di carattere medico legale: gli eccipienti

L’Avv. Andrea Castelnuovo parla delle questioni giuridiche sulla responsabilità nella prescrizione del farmaco generico con focus sul tema degli eccipienti.

Il primo tema quando si parla di questioni giuridiche sulla responsabilità nella prescrizione del farmaco è quello degli eccipienti, in quanto il farmaco generico può contenerne di diversi rispetto all’originatore. Si tratta di un portato della norma contenuta nell’articolo 10 del codice dei medicinali.

La normativa che si è succeduta nel tempo ha tenuto conto della possibilità che gli eccipienti contengano allergeni o comunque sostanze non adatte al singolo paziente, con la possibilità di escludere con la clausola di non sostituibilità determinate formulazioni che contengano determinati eccipienti per determinati pazienti. Il vero problema, che angoscia la classe medica e che dovrebbe angosciare anche la platea dei pazienti, e che è molto difficile per il medico avere un panorama completo e dettagliato di tutta la pletora di farmaci generici che entrano in commercio e della loro composizione per quanto attiene agli eccipienti.
Se il farmaco avesse tra gli eccipienti zucchero, glutine oppure olio di soia ed il paziente fosse diabetico, celiaco o allergico alla soia? Probabilmente, se quel paziente assumerà il farmaco per un tempo e con dosi sufficienti a far insorgere la reazione allergica, potrebbe sospettarsi un profilo di responsabilità del medico per non aver controllato che il medicinale assunto dal paziente non fosse immune da effetti collaterali dannosi prevedibili ed evitabili.
Esiste, sul tema, una certa casistica in letteratura.

Le indicazioni terapeutiche

A norma della legge 94/1998 (legge “Di Bella” sull-off label) il rispetto delle indicazioni terapeutiche contenuti della scheda tecnica fondamentale per il medico, posto che una prescrizione off label è legittima solo se rispetta determinati parametri scientifici e legali: per quanto qui ci interessa, uno di questi parametri è che non esista un’alternativa on label.

Ora, accade molto spesso che vi siano differenze nel numero delle indicazioni terapeutiche tra il farmaco originator e i suoi generici: perché, posto che contengono la stessa quantità e qualità di principio attivo ?
Se contengono la stessa quantità e qualità di principio, se sono bioequivalenti, se sono stati approvati dall’autorità regolatoria (Aifa o Ema), non si vede come mai il farmaco A debba avere in ipotesi cinque indicazioni terapeutiche e il farmaco B che è il suo generico ne possa avere due o tre o anche solo una.
La ragione è fondamentalmente di carattere burocratico: si tratta di farmaci vecchi, che originariamente erano approvati in un singolo Stato e non con la procedura accentrata come oggi succede quasi sempre presso EMA. Quando il produttore di farmaci generici richiede l’autorizzazione all’immissione in commercio, il generico in questione porterà con sé tutte le caratteristiche del dossier del farmaco originale dal quale era stato “copiato”, ivi comprese le indicazioni terapeutiche. Può capitare che queste indicazioni nello stato di origine fossero diverse rispetto a quelle del medesimo principio attivo e del medesimo farmaco approvato in Italia, e quindi può accadere che un generico di un farmaco che in Italia ha 7-8 indicazioni terapeutiche, si porti soltanto quelle due o tre che nell’altro paese europeo erano sue proprie.

Qual è il problema dal punto di vista medico legale?
Poniamo che il medico prescriva un farmaco X senza apporre la clausola di non-sostituibilità, e poniamo che il farmacista (con l’accordo del paziente, che non ha alcuno strumento scientifico per dire la sua) sostituisca il farmaco X con il generico Y, che però non ha tra le indicazioni terapeutiche proprio quella patologia di cui soffre il paziente. Si tratterebbe, ovviamente, di una sorta di off-label implicito, al di fuori di ogni possibilità per il medico di applicare i parametri stabiliti dalla legge Di Bella. Abbiamo visto con quanta severità i giudici puniscono il medico che cagioni danno ad un paziente in violazione della normativa sull’off-label.

Purtroppo in Italia non esiste uno strumento conoscitivo analogo all’Orange Book statunitense, sicché il povero medico italiano nella pratica quotidiana ha enormi difficoltà a conoscere la scheda tecnica di tutti i farmaci generici in commercio se non addirittura, come credo, annega in una sostanziale impossibilità: tuttavia dobbiamo sapere che è illusorio pretendere di architettare una difesa efficace limitandosi a rilevare la difficoltà di conoscere le eventuali differenze di indicazione terapeutica tra originatori e generici e tra generici e generici.
Idem per quanto riguarda le differenze di eccipienti tra gli uni e gli altri, il che lascia intendere che il medico possa trovarsi privo di serie prospettive difensive da una accusa di malpractice del genere.

Ora, la questione è stata sottoposta all’Aifa che, in risposta al quesito, ha formulato un parere (AIFA prot. STD4/191.P del 16.02.2011), nel quale afferma che: “Le differenze di indicazioni di Plavix e suoi generici sono il semplice risultato del fatto che molti dei generici di Plavix provengono da procedure europee di MRP/DC (Mutuo riconoscimento); essi hanno avuto come riferimento il Plavix registrato da uno Stato membro diverso dall’Italia e possono essere a utorizzati con indicazioni formulate in maniera diversa da quelle del prodotto italiano. Il Plavix e i suoi generici non sono un’eccezione in quanto la differenza delle indicazioni terapeutiche è piuttosto la norma nelle procedure europee diverse dalla centralizzata. In questo contesto è possibile rassicurare tutti che la prescrizione di un medicinale al posto di un altro non costituisce una prescrizione off-label perché la sostituibilità di un originator (esempio con un suo generico) si basa sulla documentazione di bioequivalenza e non sull’esecuzione di studi preclinicici e clinici.”
Se il concetto può anche essere condivisibile perché è vero che l’autorizzazione all’immissione in commercio di un farmaco generico non si basa su studi preclinici e clinici ma semplicemente sulla bioequivalenza, è anche vero che la legge Di Bella non consente con tutta tranquillità una argomentazione così netta.

Se la legge Di Bella stabilisce che uno dei requisiti di legittimità e legalità di una prescrizione off label sia l’inesistenza di un’alternativa on label, e se questa norma è ancora in vigore (lo è senz’altro) essa vale per disciplinare ogni tipo di rapporto tra farmaci, anche quello tra il farmaco originator e i suoi generici.
Il valore della nota-parere dell’autorità regolatoria è certamente importante posto che, dovendo difendere un medico eventualmente accusato di aver violato la legge Di Bella non gestendo il fatto che il paziente assumesse (in luogo dell’originator o di un generico approvato per quella specifica indicazione) un generico senza la specifica indicazione terapeutica relativa alla patologia della quale affetto, una fondamentale carta da giocare sarebbe questo documento ufficiale. Lo dice l’Aifa, non è un off label.
Nella prospettiva inversa, cioè dovendo sostenere la tesi opposta, si potrebbe anche affermare che quel parere non tiene conto del dettato testuale della legge Di Bella e che, in quanto emesso da un’autorità regolatoria, sarebbe stato meglio se avesse avuto le caratteristiche di un atto normativo di estensione delle indicazioni terapeutiche dell’originator a tutti quanti i suoi generici, d’ufficio e una volta per tutte.
Quel che spiace e che l’occasione di far chiarezza sul punto sembra essere stata sprecata, e che probabilmente una vicenda come quella che stiamo esaminando troverebbe difficilmente una soluzione netta, visto l’ingarbugliamento nel quale ci si trova.

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