“Grandi opere e crescita: tre cose da fare subito”, Luigi Roth, presidente di Terna, interviene su Corriere Economia. In Europa sono previsti 105 miliardi d’investimenti nelle reti elettriche, l’Italia deve esserci. In questi anni Terna ha fatto la sua parte con 7 miliardi di euro già investiti e altri 8 nei prossimi dieci anni, 200 cantieri aperti, 750 ditte impiegate e 4.000 persone che lavorano per potenziare la rete elettrica nazionale.
Di Luigi Roth, presidente Terna
Tre numeri sono passati sotto traccia nel dibattito in corso su come far ripartire l’economia: gli oltre 100 miliardi di euro previsti nel Piano di sviluppo delle reti elettriche europee, i 5,2 miliardi per opere infrastrutturali del comparto energetico, di recente approvati dalla Commissione industria del Parlamento europeo, e i 474 miliardi di euro che la collettività si troverebbe a sborsare per la mancata realizzazione di opere strategiche da qui al 2027, come emerge dall’ ultimo Osservatorio sui «Costi del Non Fare».
E’ vero che questioni complesse (scarsa crescita, mancanza di lavoro, enorme pressione fiscale, burocrazia lenta, ecc.) richiedono risposte complesse, ma questo non deve scoraggiarci a ricercare possibili soluzioni. Anche perché II tempo sta scadendo: dobbiamo mettere in campo in fretta tutte le azioni capaci di dare una spinta propulsiva alla filiera dei grandi progetti infrastrutturali delle imprese committenti e di quelle fornitrici che, solo per fare un esempio, nel comparto elettrotecnico di Anie ammontano a circa 1.200.
In questi anni, Terna ha fatto la sua parte (7 miliardi di euro già investiti e altri 8 nei prossimi dieci anni; 200 cantieri aperti, 750 ditte impiegate e 4.000 persone che lavorano per potenziare la rete elettrica nazionale), ma molte altre aziende italiane potrebbero investire più velocemente se si facessero subito due o tre cose che il governo, per altro, ha già in agenda, e sulle quali serve tuttavia uno sforzo corale.
La prima è procedere con la modifica del Titolo V della Costituzione, per riportare allo Stato la competenza esclusiva in materia elettrica ed energetica. La seconda consiste nell’individuare e semplificare i passaggi autorizzativi e regolamentari che ostacolano l’iter procedurale delle opere infrastrutturali, grandi e piccole. La terza è trovare una soluzione definitiva e certa alla gestione dei conflitti locali innescati dal comitato ambientalista di turno o dalla stessa amministrazione comunale o da interessi particolari e che, complice anche un federalismo spesso miope, bloccano o ritardano opere di interesse nazionale, privando in tal modo cittadini e imprese dei benefici ad esse connessi: minori costi, più efficienza e qualità dei servizi.
Questi tre punti non devono poi diventare materia di un dibattito sterile (ahimè troppo spesso classico copione), ma devono tradursi in una road map operativa che indichi in modo puntuale tempi e cose da fare. Un vero, solido e puntuale progetto, realistico e sfidante. Misure che, tra l’altro, avrebbero il pregio di essere a costo zero per la collettività, e di non aver bisogno di stanziamenti a fondo perduto dello Stato.
L’Europa e il mondo vedono ancora l’Italia come un soggetto in grado di ribaltare la non facile situazione che sta vivendo. Dipende solo da noi. E da una politica del fare che, partendo anche da visioni diverse, con misure concrete sappia dare un impulso agli investimenti infrastrutturali, e così al lavoro e alla crescita.
Ma bisogna accelerare e agire anche a costo di scelte impopolari che forse penalizzerebbero i meno virtuosi, ma avvantaggerebbero i più capaci ed efficienti. Non potremmo mai perdonarci scelte miopi con conseguenze gravissime non solo sull’intero tessuto industriale del Paese ma, quel che è più grave, sulle future generazioni.
FONTE: Terna