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Mercati emergenti e Cina, due mondi così diversi da tenerli distinti

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  • 28 Gennaio 2022

La maggior parte degli investitori quando pensa ai mercati emergenti, è portato ad includere anche la Cina. Sebbene come impostazione concettuale sia corretta, la realtà dei fatti evidenzia che il paese del Dragone sia un mondo diverso rispetto agli altri emergenti. Sarebbe quindi più utile, almeno sotto il profilo finanziario, tenerli distinti.

La Cina e gli altri mercati emergenti

mercati emergentiAnche se la Cina è ben lontana dall’essere considerato un mercato sviluppato, non ha più neppure delle caratteristiche tali da poterlo assimilare ai mercati emergenti.
Le sue dimensioni, il suo potere economico e anche il grado di maturità della sua economia, sono fattori che non si riscontrano negli altri Paesi di questa categoria.

Proprio il ruolo sempre più importante che la Cina sta avendo nell’ambito commerciale internazionale, ha fatto sì che fungesse da motore per il resto dell’economia emergente. In tal modo ha dato un importante beneficio anche agli altri, perché li ha portati sotto i riflettori.
Lo dimostra il fatto che il numero di paesi che vengono inclusi nella categoria sia in crescita costante. Negli ultimi tre decenni è passato da 30 membri a 75 membri. Parallelamente, è cresciuto anche il mercato del loro debito, nonché la quota di debito globale riferito alle economie emergenti.

Il peso della Cina: giusto o eccessivo?

Tuttavia la Cina continua ad avere un peso molto differente. Benché le obbligazioni cinesi rappresentino soltanto il 10% dell’indice obbligazionario dei mercati emergenti, Pechino riesce ad attirare capitali da tutto il mondo. Sorge così il dubbiose tale “potere” non finirà per togliere spazio agli altri mercati emergenti. La Cina potrebbe cioè agire da market to limit.
Inoltre per le sue caratteristiche, il debito sovrano cinese non è correlato ad altre attività rischiose cinesi. Ha quindi già in sé delle caratteristiche di diversificazione per i portafogli obbligazionari.

Fondamentali

A livello di prospettive, la Cina comunque rimarrà un motore dell’economia globale, e questo giustifica il tenerla distinta dalle altre economie emergenti.
Va però precisato che i fondamentali economici e sociali degli altri paesi emergenti, fanno sperare che in futuro possano crescere. Di vista tecnico si parla di dragonfly doji.
Diciamo che la loro posizione è la stessa in cui si trovava la Cina tre decenni fa. Anche se non è lecito aspettarsi una crescita allo stesso ritmo impetuoso che ha avuto la Cina, possono comunque contare su una solida base.

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Finanza, i mercati emergenti pagano la “sporgenza di posizionamento”

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  • 12 Aprile 2019

Se parole come inflazione e spread sono ormai delle presenze assidue dei nostri discorsi (chi non le ha sentite ai TG di recente?), ci sono concetti del mondo economico che rimangono strettamente confinati nell’ambito della finanza specialistica. Uno di questi è la “sporgenza di posizionamento”.

La finanza specialistica e il fenomeno della sporgenza

finanza emergentiCon essa si descrive quella situazione nella quale i gestori dei patrimoni hanno già fatto scorta sufficiente di un certo asset finanziario, per cui anche se la sua appetibilità cresce, non si assiste ad un aumento della domanda. In sostanza i gestori dell’alta finanza hanno già accumulato volumi notevoli di quell’asset mentre il loro prezzo aumentava, per cui adesso non hanno più interesse a comprare. Questa situazione si è presentata nel caso concreto nei Paesi emergenti.

Nonostante la situazione economica complessiva di questi paesi sia migliorata molto da inizio anno, le loro valute non sono diventati degli asset finanziari molto appetitosi. Non si sta assistendo a una crescita del loro valore. Malgrado ci sia stata una forte virata in chiave più morbida da parte della Fed, il dollaro americano ha mantenuto la sua forza rispetto al paniere di valute dei mercati emergenti (lo evidenzia un indice che si chiama MSCI EM Currency Index, oppure il CCI commodity channel index è stabile). Anzi, ad essere precisi il cambio del dollaro contro molte di queste valute è cresciuto.

Le ragioni della sporgenza di posizionamento

Ma perché alla complessiva ripresa dei mercati azionari dei Paesi emergenti, non ha fatto seguito anche una crescita delle valute nazionali? Secondo uno degli istituti più importanti del mondo della finanza, l’Institute of International Finance, è proprio qui che entra in gioco il fenomeno di “sporgenza di posizionamento”. I gestori avrebbero già fatto scorta sufficiente delle monete dei Paesi emergenti durante i vari anni caratterizzati dalle politiche monetarie espansive delle banche centrali dei Paesi avanzati. Per questo, si sostiene, ogni nuova virata dovish da parte della Fed ha avuto effetti meno pronunciati nel dare slancio al cambio delle valute nazionali EM. Se questo è il motivo principale, accanto ci sono anche altre ragioni che possono variare da paese a paese. Ad esempio gli investimenti diretti in molti casi sono stagnanti, e chi sa come fare trading sul forex sa benissimo che ciò incide sull’andamento dei cambi. In particolare maggiore resilienza è stata osservata fra le monete dei Paesi e asiatici e dal rublo russo.

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Mercati emergenti, il 2019 presenta molti rischi ma anche opportunità

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  • 21 Dicembre 2018

Quando si arriva a fine dicembre, assieme ai bilanci dell’anno che sta finendo gli investitori sono chiamati anche a ipotizzare gli scenari di mercato per l’anno che sta arrivando. L’outlook sugli emergenti per il 2019 presenta molti spunti di riflessione.

Il focus per i mercati emergenti

mercati emergentiIl tema più caldo senza dubbio è la tensione commerciale tra Stati Uniti e Cina, e l’impatto che essa avrà sui mercati. Nei giorni immediatamente successivi al G20 di Buenos Aires, c’era stata una certa euforia grazie alla tregua sancita dai due presidenti. Ma quell’entusiasmo dei mercati si è esaurito in fretta. S’è infatti capito che malgrado le dichiarazioni molto concilianti, le posizioni di USA e Cina rimangono distanti su temi cruciali. Questo significa che una riduzione dei dazi esistenti è improbabile, mentre resta più concreto il rischio che i negoziati falliscano e che i dazi aumentino ulteriormente nel 2019. L’unico aspetto positivo è che l’impatto economico di questa guerra dovrebbe essere gestibile, almeno per il primo periodo, dal momento che i Paesi hanno economie che dipendono molto di più dalla domanda interna che da quella esterna.

Gli effetti sui mercati emergenti potrebbero essere bidirezionali. Se la tensione infatti in generale li penalizza, alcuni di essi potrebbero avere dei piccoli benefici. La riduzione delle importazioni dalla Cina, ad esempio, potrebbe spingere in aumento invece quelle da altri paesi (ad esempio il Vietnam), creando quindi una conseguenza negativa. Un altro fattore positivo potrebbe essere il probabile deprezzamento del dollaro, che in questo periodo sta formando pattern homing pigeon e descending hawk. La valuta USA nel corso del 2018 è andata in costante rialzo, ma ormai la crescita degli Stati Uniti ha raggiunto il picco e ci si aspetta ora un rallentamento, che andrà a ridurre anche l’appeal del dollaro.

Le opportunità

Ecco perché in generale ci si attende una crescita dei Mercati Emergenti su livelli simili al 2018, ovvero attorno al 4,7%. Forse ad alcuni andrà anche meglio. Paesi come Brasile, Argentina e Turchia hanno registrato una contrazione economica negli ultimi 12-18 mesi, per cui il potenziale di crescita potrebbe essere più grande. Il discorso vale soprattutto per il Brasile, dove il Presidente neoeletto si propone di adottare politiche economiche ortodosse e può contare su una squadra di economisti relativamente solida. Non a caso secondo molti analisti le previsioni andamento real brasiliano dollaro puntano al rialzo della valuta. Anche l’Argentina e l’Egitto hanno un’arma preziosa, ovvero il supporto di programmi del Fondo Monetario Internazionale. Ulteriori opportunità sono offerte dal Medio Oriente, ma anche l’Asia (specie Indonesia e India).

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