Una conferenza del prof. Paolo Legrenzi sulla finanza comportamentale
Il segreto del successo del Family Banker? Applicare da sempre i princìpi di una disciplina relativamente giovane, la finanza comportamentale, una scienza nata ufficialmente una trentina di anni fa come branca della psicologia cognitiva e poi diventata specialità nell’integrazione con l’economia classica. Quell’economia che nel tempo ha sviluppato modelli matematici pressoché perfetti. O meglio: che sarebbero perfetti se noi, uomini e donne del ventunesimo secolo, fossimo robot totalmente razionali, immuni da sentimenti e emozioni. Fossimo insomma numeri, sempre universalmente uguali a noi stessi.
Ma così non siamo, e le depressioni e le euforie dei mercati ne sono la prova e la conseguenza. “La finanza comportamentale si basa sulla comprensione del rapporto tra i modi di pensare da economisti e il funzionamento della mente umana” spiega Paolo Legrenzi, docente di psicologia cognitiva all’IUAV, l’università che dell’Istituto universitario di architettura di Venezia fondato nel 1926 ha mantenuto il nome, ma allargato le competenze. In una lezione durata una mattina e un pomeriggio il professore ha parlato di finanza comportamentale a un pubblico eterogeneo composto anche di Family Banker, nell’ambito del ciclo “Mediolanum Corporate University Incontra l’Eccellenza”.
Apparentemente “la finanza comportamentale è una cosa semplice” ha esordito il professore, già docente in Svizzera, Gran Bretagna e a Princeton (la cosiddetta “università dei premi Nobel”) perché si occupa della gente comune, dei suoi comportamenti nei confronti del denaro e del risparmio. È una scienza sperimentale” che come tale a priori non fornisce modelli né enuncia princìpi, ma trae deduzioni dall’osservazione del comportamento del risparmiatore medio.
E cosa ci dice questa osservazione?
“L’osservazione ci mostra che il risparmiatore è un individuo ben più complesso da come se lo immagina la finanza tradizionale “dice il professore. “Per esempio: soffriamo per una perdita più di quanto riusciamo a gioire per un guadagno equivalente. Si chiama effetto dotazione: una cosa vale di più se la perdiamo. Di qui la nostra preferenza per gli investimenti che ci fanno guadagnare di meno, ma anche perder di meno”.
Altro elemento: “Siamo portati a scegliere ciò che conosciamo, anche se questo limita molto la nostra possibilità di guadagno”. Per esempio: uno dei cardini della finanza è l’investimento diversificato, meno rischioso di quello correlato. Ma diversificare significa investire anche in mercati che non conosciamo personalmente, e questo cozza contro la nostra educazione. “Siamo stati educati a decidere dopo aver conosciuto e ponderato le alternative. Fin da piccoli ci insegnano che la saggezza non si concilia con la sperimentazione di nuove vie, nuove soluzioni”. Un paradosso, ma tant’è.
Terzo elemento: “Prendiamo decisioni che riguardano il futuro in base alla nostra esperienza del passato” osserva lo studioso “ma possiamo rappresentarci il passato in tanti modi differenti”. Per valutare correttamente un evento, dovremmo aver presente l’intera serie storica in cui esso si inserisce “ma questo in finanza è praticamente impossibile, perché la nostra vita è sempre troppo corta per inquadrare quell’evento, per capire per esempio se si tratta di un fatto normale o di un fatto eccezionale”.
Tutto ciò s’inquadra nella nostra riluttanza ad affrontare il rischio: “Non siamo fatti per rischiare. Il mondo è diventato più complesso di quanto la nostra mente sia in grado di controllarlo, è evoluto più in fretta di noi”.
Una riprova? “Più diventiamo colti, meno ci accorgiamo della nostra ignoranza. Più conosciamo un pericolo, tanto più lo sottostimiamo”, con tutti i rischi, anche economici, che ciò comporta. Un’arroganza che può costar cara, una superficialità che il mondo della finanza non perdona. Sembra un controsenso, ma per affrontare complessità e insidie moderne (anche) finanziarie, in mancanza di un’intelligenza sovrumana, dovremmo ricorrere al “so di non sapere” degli antichi greci. E, affidarsi a chi, come un Family Banker, di mercati, borse, indici sa tutto quanto è necessario. E la finanza comportamentale, come ha riconosciuto il prof. Legrenzi, la pratica empiricamente da sempre.