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Valute digitali, l’ennesimo scivolone rinfresca la memoria sulla componente speculativa

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  • 30 Settembre 2019

Come se fosse innestato un promemoria periodico, il mercato delle valute digitali ci ricorda la sua natura fortemente speculativa di tanto in tanto, con improvvisi crolli che scatenano il panico. Anche verso la fine di settembre ce n’è stato uno, che ha riportato tutti quelli che fantasticavano su presunte correlazioni tra beni rifugio e Bitcoin, con i piedi per terra.

I crolli periodici delle valute digitali

valute digitaliPartiamo da alcuni dati, focalizzandoci sul Bitcoin solo perché è la valuta digitale più famosa. Se ne prendessimo un’altra a caso, il discorso cambierebbe poco. Nel pomeriggio del 24 settembre, nel giro di appena 30 minuti, i prezzi sono scesi sotto gli 8.000 dollari perdendo il 12%. Altro che Forchetta di Andrews (il pitchforks), qui il forcone è quello del Diavolo. Nel giro di un giorno il mercato ha perso circa 30 miliardi di dollari. Basterebbero solo questi dati per smentire categoricamente chiunque voglia assimilare le cryptocurrencies ad altri asset classici, valute reali o beni rifugio che siano. Dollaro, Euro e oro possono impiegare settimane – negativissime – per accumulare un calo del 12%. Bitcoin ci è riuscito in poche ore.

Quanto accaduto lo scorso 24 settembre è soltanto l’ennesima di una lunga storia di quotazioni sull’ottovolante (perché il discorso vale tanto in discesa quanto in salita). Il più fragoroso avvenne nel 2017, quando dopo aver toccato il massimo a 19.345 dollari il 16 dicembre, appena due settimane dopo le quotazioni erano crollate di oltre il 30% chiudendo a 13.444 dollari. Ma mica finì qui, perché in due sedute il prezzo risalì a 17.174 dollari, per poi crollare del 60% il mese successivo.

Domina la componente speculativa

Questi eventi fanno capire che nonostante la volontà di trattare le valute digitali come un altro qualsiasi asset, la componente speculativa rimane ancora dominante e imprevedibile. Si tratta di situazioni pericolosissime per gli investitori, che spesso si espongono a dei rischi che neppure si rendono conto. Si illudono di fare guadagni facili, aprono le loro piattaforme di trading online e comprano, a prescindere da tutto comprano. Fanno cioè tutto ciò che non ha nulla a che vedere con un investimento finanziario, bensì scommettono.

Anche per questo il 23 settembre è partita la nuova piattaforma per contratti future Bakkt, il cui scopo è proprio scoprire il reale valore di mercato dei Bitcoin. Ma basterà solo questo per evitare altri crolli e ondate di panico?

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Petrolio, l’OPEC deve intervenire per evitare un nuovo tracollo

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  • 16 Novembre 2018

Le settimane trasversali tra ottobre e novembre saranno ricordate come il periodo più nero della storia recente del petrolio. Durante questo lasso di tempo la quotazione dell’oro nero è scesa del 20%, schiacciata dal timore di una nuova e incontrastabile eccedenza di offerta rispetto alla domanda.

La nuova crisi del petrolio

petrolioLa boccata di ossigeno è giunta lunedì 12 novembre, dopo l’intervento dell’OPEC. Il cartello – per bocca del ministro per l’energia dell’Arabia Saudita – ha preannunciato un possibile taglio alla produzione di greggio. Anche l’altro big del mercato, la Russia, acconsentirà a rallentare la produzione. Questo nuovo assetto dovrebbe essere sancito quando i paesi produttori si incontreranno il prossimo mese. Dovrebbe quindi ripetersi quella stessa alleanza che procedette al taglio della produzione da gennaio 2017, e che ha consentito alla quotazione del petrolio di risalire fino ad oltre gli 80 dollari al barile.

Quell’intesa però non è bastata a far sì che il mercato si reggesse in equilibrio sulle sue sole gambe. Da ottobre in poi i futures del greggio sono calati bruscamente. Adesso gli investitori non cercano neppure più segnali di inversione del trend, ma le figure di continuazione trading perché considerano un nuovo trend (stavolta ribassista) già in corso.

La botta definitiva agli equilibri di mercato l’hanno data due fattori. L’incremento dell’offerta generato dall’aumento delle forniture di petrolio dagli Stati Uniti, dall’OPEC e dalla Russia. Dal lato l’indebolimento della domanda.

Quotazioni in discesa verticale

Se un mese fa il clima totalmente diverso che si respirava aveva portato la quotazione ai massimi di quattro anni, adesso lo scenario è del tutto diverso. Basta una qualsiasi piattaforma di trading online gratuita per vedere i dati: il greggio Brent è attorno quota 70 dollari, dopo che era arrivato anche a 84. Il greggio intermedio del West Texas è sui 60 dollari, dopo essere giunto a 75. Peraltro a inizio novembre il WTI ha registrato la sua più lunga serie di sconfitte in oltre 34 anni, scendendo per 10 giorni consecutivi.

Questi fattori hanno spinto l’OPEC e la Russia a incaricare un comitato di monitorare il mercato. Le conclusioni sono che le forniture di petrolio stanno crescendo più velocemente della domanda, minacciando di lasciare il mercato in eccesso. Da qui la necessità di un nuovo accordo sui tagli. Presumibilmente servirà una sforbiciata di circa un milione di barili. Almeno per ora.

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