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La pizzica salentina: evocazione in musica del passato

Tra b&b a Gallipoli, hotel a Lecce, case vacanza a Torre Vado, il Salento, ogni estate, si accende e attrae a sé migliaia di visitatori. Gran parte di essi è attirato verso il Tacco dalle suggestioni balneari e da un contesto notturno decisamente propositivo, amato soprattutto dal target dei giovani e dei giovanissimi.

Una volta giunti in Salento, però, i turisti si lasciano ammaliare dalla cultura della taranta e dalla pizzica pizzica, la danza tipica del posto che fa da inno e narrazione in musica della coscienza storica locale.

Le origini della pizzica

Nei secoli XVI – XVII, il Salento aveva già assunto una connotazione prettamente agricola. La sussistenza della popolazione era garantita soprattutto dai lavori dei campi, la carne scarseggiava, gli allevamenti anche, e solo la pesca offriva parziali alternative a un’alimentazione fortemente incentrata sulle verdure.

Erano anni, decenni, secoli di povertà, di stenti, generati da una società feudale e priva di reali alternative. Le donne erano schiacciate da una visione patriarcale, che la vedeva succube dell’uomo e oppressa dal senso del pudore. Le pulsioni erano condannate, viste come peccati da estirpare e le dure giornate nelle piantagioni di tabacco non facevano altro che esacerbare lo stato di salute psichica delle giovani.

Secondo le ricostruzioni mitiche, le donne di allora venivano spesso morse da un ragno che si annidava tra le piante; il veleno dell’aracnide induceva nella vittima uno stato di trance durante il quale ella prendeva a muoversi secondo una progressione ritmica dettata dalla stessa taranta. Ballare era l’unico modo di liberarsi dal veleno del ragno; un veleno salvifico, che permetteva alla donna morsa di abbandonarsi agli istinti e a ballare in modo sensuale e forsennato, al riparo dalla riprovazione sociale. La pizzica era catarsi, liberazione, adorcismo.

La cristianizzazione del culto

La pizzica nacque così come culto pagano. Durante il processo di cristianizzazione delle istanze politeiste, la chiesa cercò di estirpare il culto della pizzica. Fallì, allora scelse di accoglierlo nelle sue dottrine: così, fu scelto San Paolo come simbolo del fenomeno, San Paolo di Galatina, San Paolo delle Tarante… Il culto mutò nella forma ma conservò i tratti tipici che lo avevano generato, vicini al culto di Bacco e a una liturgia laica ben distante dai precetti cattolici.

Il culto, lentamente, si è perso; quindi è stato riattualizzato nelle vesti della tipicità, della mondanità e del recupero delle radici. Recuperato in toto e trasformato in attrattiva, mantenendo le proprie contraddizioni e un codice simbolico che non cessa di sedurre e di invogliare a ballare fino allo sfinimento.

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La tradizione salentina attraverso al sua musica popolare

Oggi si parla del Salento come di un brand turistico, uno dei più riconoscibili e seducenti del Belpaese. Eppure, sono passati meno di 15 anni da quando il tacco d’Italia brancolava in un buio di manchevolezze e inadeguatezza strutturale, amministrativa e gestionale. Se oggi ogni hotel, b&b, residence Salento segna il tutto esaurito per almeno tre settimane l’anno, il merito è soprattutto di tutti quei fattori che hanno permesso la rivalutazione della tradizione del posto.

La gastronomia, il barocco, le spiagge sono tra le eccellenze del posto, ma non possiamo dimenticarci della pizzica, la musica e danza tipica salentina che, da anni, viene insegnata e raccontata anche al di là dei confini italiani, apprezzata per le sue suggestioni e per tutto ciò che evoca.

La storia della pizzica

La nascita della pizzica non è facilmente databile. C’è di certo che risale a un periodo antecedente la cristianizzazione dei costumi locali; attinge in parte dalla tradizione rurale e in parte dalle pulsioni incanalate nella figura del dio Bacco. il riferimento è a un territorio che, oltre 500 anni fa, viveva di agricoltura e poco più, in cui la stragrande maggioranza della popolazione si guadagnava da vivere nei campi, le donne, in particolare, nelle piantagioni di tabacco.

La storia della pizzica è storia della donna del Salento, in una società patriarcale che le vedeva come proprietà del marito, costrette a reprimere ogni pulsione, a fuggire i rischi della disapprovazione pubblica riducendo i propri istinti in isterie mute. La pizzica fa la sua roboante comparsa nella tradizione contadina, elemento di rottura degli schemi che verte sulla figura della taranta, il ragno della campagna che, secondo le narrazioni, mordeva le donna, costringendole a danzare al ritmo imposto dall’aracnide fino a liberarsi dal veleno. Un veleno vivifico, però, che legava donna e ragno in un rapporto di adorcismo, che è l’esatto opposto dell’esorcismo, vive sulla simbiosi, l’accordo e l’armonia. La donna ballava e, ballando, espelleva le tossine di un sistema retrogrado e sessista; ballava senza il rischio di incorrere nella condanna sociale, ballava di gioia e di passione.

Col tempo, la tradizione musicale è sopravvissuta nelle accademie, è diventata materia di studio e, solo in un secondo momento, grazie anche alla Notte della Taranta, di divertimento. Da circa due decenni la pizzica risuona prepotentemente tra le piazze e le strade di qualunque città del Salento, è diventata inno territoriale, felicità, sfrenatezza, si è spogliata di quel velo di ansia e frustrazioni per vestire gli abiti dell’attrattiva turistica, ma le orecchie più allenate, o semplicemente quelle pronte ad ascoltare, possono scrutare in ogni colpo di tamburo i dolori che generarono le ballate che ancora oggi, secoli dopo, assecondiamo con ogni parte del nostro corpo.

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