Nel nostro paese, oggi, accendere un mutuo e/o accedere a prestiti personali è divenuto un fatto straordinariamente consueto. Per poter aprire le pratiche tuttavia i proprietari cercano, sempre più di frequente, di tutelarsi da qualsiasi sorpresa. Il tipo di garanzia che gli istituti esigono, nel caso in cui non si tratti di erogare prestiti a dipendenti, è la firma di un fideiussore. Questo genere di fidejussione implica una presa di responsabilità da parte del firmatario che, apponendo la propria firma, impegnerà il proprio patrimonio per un tempo determinato per coprire il pagamento del cittadino che decide di accendere il mutuo qualora quest’ultimo si trovasse in difficoltà tali da non consentirgli di saldare il debito. Questo meccanismo è diventato dunque una prassi, e funziona a tutti gli effetti secondo le regole del prestito: somiglia cioè, a un qualsiasi prestito di denaro verso il debitore. Il vantaggio sotteso a questo genere di accordi, investe sia i proprietari dell’immobile in vendita sia il soggetto che avvia un procedimento. I primi beneficiano di una maggiore sicurezza per quanto riguarda il saldo della cifra pattuita, il secondo invece ha la possibilità di scaricare una parte del peso di un impegno gravoso come il mutuo potendo contare su un capitale che lo mette al sicuro da possibili derive inattese. Questa doppia fruibilità, caratteristica della polizza fideiussoria, sta prendendo decisamente piede nel mercato immobiliare. Ora però la domanda è: da cosa si riconosce un buon fideiussore? Indubbiamente contano in modo rilevante il suo reddito e il suo patrimonio, ma è essenziale conoscerne anche la storia personale. La banca inoltre valuta l’età del garante: la fideiussione non deve scadere più tardi del raggiungimento degli ottant’anni. Infine, la banca valuterà, per quanto riguarda il fideiussore, anche tutti i beni in suo possesso, calcolandone la reversibilità in denaro.