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Scaroni Shale Gas intervento al Council on Foreign Relations di New York

Così l’amministratore delegato di Eni Paolo Scaroni durante il suo intervento al Council on Foreign Relations di New York. “La Russia? Potrebbe essere il nostro Texas. Dobbiamo far partire in Europa la rivoluzione dello shale gas come è successo negli Stati Uniti. Vediamo cosa succede in Regno Unito, un paese molto pragmatico”.

Shale gas

Se non lo abbiamo all’interno dopo aver fratturato possiamo pensare alla Russia che diventerà il nostro nuovo Texas. Da sempre Europa e Russia hanno una storia che li unisce e la Russia ha risorse illimitate”. Lo ha detto Paolo Scaroni, amministratore delegato di Eni, nel suo intervento al Council on Foreing Relations a New York in cui ha parlato del futuro dell’energia in Europa e nel mondo. Scaroni ha continuato ricordando l’importanza dello shale gas e dello shale oil per gli Stati Uniti, aggungendo per l’Europa: “La produzione è appena cominciata e non ci sono ancora numeri significativi ma la produzione è molto cara e se va oltre i 70-80 dollari non è competitiva”. Mentre sullo shale gas l’a.d. di Eni ha ricordato: “Due cose sullo shale gas: ha creato molte conseguinze ma mentre parliamo in Europa i prezzi del gas sono tre volte più alti rispetto all’America e l’elettricità due volte di più, un problema sia per i produttori che per i consumatori”.

Se potesse investire un miliardo di dollari? “Se volessi fare un investimento molto rischio sarebbe sulle batterie rinnovabili, se invece volessi farne uno meno rischioso punterei sul passaggio dei trasporti dal petrolio al gas”, ha continuato sostenendo che per far decollare il settore devono essere create delle batterie capaci di conservare la produzione: “Noi crediamo che le energie rinnovabili che abbiamo oggi sono intermittenti e danno energia quando vogliono, creano problemi e non soluzioni. Dobbiamo avere batterie per immagazzinarle”.

Per quanto riguarda la situazione internazionale ha detto. “L’Africa per noi è più facile per noi visto che siamo sul territorio da molti anni. In Russia la nostra presenza è nuova e dobbiamo imparare, ma noi possiamo fare bene in ogni luogo”. L’a.d. Eni ha continuato: “L’Algeria per ora funziona, non abbiamo perso un barile di produzione. Sull’Egitto non abbiamo mai perso un barile di produzione anche in questo periodo di instabilità”. Poi Scaroni ha aggiunto: “La Libia invece è il grande problema, arriva da 40 anni di dittatura e Gheddafi ha distrutto tutte le istituzioni. Prima che la Libia riesca a ricostruire credo ci voglia tempo. Ma i libici sono molto pacifici e troveranno il modo per sfruttare le loro risorse. Infine parlando di Theran ha ricordato. “L’Iran produce e manda in Cina e in India il suo greggio e senza l’embargo potrebbe produrre molto di più, fino a 4-5 milioni. Anche l’Iraq potrebbe produrre molto di più”.

FONTE: america24.com

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Scaroni Atlantic Council: l’Europa deve puntare sui giacimenti di shale gas

L’ad di Eni Scaroni all’Atlantic Council: l’Europa deve puntare sui giacimenti di shale gas
Un new deal energetico a base di efficienza, miglior sfruttamento degli idrocarburi convenzionali, ma, soprattutto, shale gas. E’ questa la ricetta dell’amministratore delegato di Eni, Paolo Scaroni, per combattere il caro energia che impedisce alle imprese italiane ed europee di spiccare il volo verso la ripresa economica…

PaoloScaroni

Un new deal energetico a base di efficienza, miglior sfruttamento degli idrocarburi convenzionali, ma, soprattutto, shale gas. E’ questa la ricetta dell’amministratore delegato di Eni, Paolo Scaroni, per combattere il caro energia che impedisce alle imprese italiane ed europee di spiccare il volo verso la ripresa economica.

Ricetta che l’ad del cane a sei zampe ha illustrato mercoledì a Washington in undiscorso davanti alla platea internazionale del think tank americano Atlantic Council, aprendo i lavori sui nuovi scenari mondiali dell’energia.

Scaroni ha indicato due strade ben precise: lo sviluppo delle fonti non convenzionali e la valorizzazione di nuove partnership strategiche.

Lo sviluppo dei giacimenti di shale gas come opportunità – Per quanto riguarda la prima priorità, l’esempio viene, non a caso, d’Oltreoceano, dove la rivoluzione dello shale gas ha stravolto gli equilibri del mercato dell’energia. Un meccanismo che sta favorendo gli Stati Uniti i quali “possono contare su tutta l’energia di cui hanno bisogno a prezzi imbattibili”, ma che sta pesantemente penalizzando l’Europa. Dove, spiega Scaroni, “un’industria già mortificata dal calo della domanda e da un mercato del lavoro ancora troppo rigido, deve ora competere con l’industria americana che paga il gas un terzo di quella europea e l’elettricità meno della metà”. E i numeri parlano chiaro: “rispetto al 2008, la domanda di gas in Europa è diminuita del 15 %”, a causa del caro energia, in un momento storico in cui invece “le nostre imprese hanno bisogno di poter contare su gas a prezzi competitivi per sopravvivere”. Come sciogliere il nodo? Lo sfruttamento dei giacimenti di shale gas, sul modello americano, è un’opportunità da cogliere, ma, sottolinea Scaroni, “vanno prima creati i presupposti politici”. Presupposti che, per il momento, non ci sono.

Intensificare i rapporti con Russia e Nord Africa come priorità – Occorre dunque adottare una strategia di mercato mirata: “l’Europa potrebbe rafforzare i legami politici con i suoi tradizionali fornitori di gas: Algeria, Libia e soprattutto Russia”. I cui “interessi di lungo periodo coincidono con quelli europei”. La Russia perché “ha tutto l’interesse ad avere un’Europa industriale forte e in crescita essendo il mercato di sbocco naturale dei suoi idrocarburi” e il Nord Africa perché, nonostante i disordini in corso, “smentirà i pessimisti” e diventerà una regione forte e florida su cui puntare.

Le dichiarazioni di Scaroni hanno raccolto il consenso di molti big del settore, a partire dalpresidente di Confindustria Energia, Pasquale De Vita, di Lucio Caracciolo, dell’economista Alberto Quadrio Curzio e, in particolare, del presidente di Nomisma Energia Davide Tabarelli: “se negli Usa il gas costa un terzo che da noi è perché i costi di produzione dello shale gas sono bassi, ma sono superiori ai costi di produzione di quello convenzionale in Nord Africa e Russia. Abbiamo delle potenzialità vicino a casa e dobbiamo lavorare con questi Paesi per comprare gas da loro a prezzi più vicini ai loro costi. E per fare questo dobbiamo continuare sulla strada difficilissima che Eni, così come l’Agip negli anni ‘30, ha intrapreso e che è inevitabile”.

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