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Le future sinagoghe cristiane all’insegna del timore di Dio

Il presente lavoro nasce dalla constatazione che, in diverse chiese cristiane, i fedeli hanno affievolito la pratica cultuale del timore di Dio, perchè non lo vivono in piena consonanza a quella che è la volontà del Padre celeste.

Molto spesso i fedeli ricorrono a Dio per paura che Dio li castighi, nel senso che, se essi non compiono ciò che Dio vuole, egli li castiga.

Il timore di Dio è avvertito in tal modo come un comando e non come una disposizione del loro cuore ad aprirsi a Dio nella fiducia di averlo come un amico, certi che Dio li aiuta e che è dalla loro parte in qualunque circostanza si trovino.

Il secondo senso corrisponde a quello positivo del timore di Dio, il quale purtroppo scarseggia nelle nostre chiese cristiane, perchè Dio non viene considerato come un amico che aiuta l’uomo, ma come colui che ha bisogno sempre di preghiere per suscitare la simpatia e la fiducia nei suoi confronti, con lo scompenso di “manipolare” la volontà di Dio a nostro piacimento, al fine di soddisfare i nostri desideri.

A partire da tale quadro, in questo contributo cercheremo di dare delle piste di soluzione a tale problematica, ricollegandoci ad alcuni passi del vangelo che sono al fondamento di una vera e propria rinascita del vero senso da dare al timore di Dio nei nostri luoghi di culto.
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La sinagoga luogo di insegnamento e di guarigione

La sinagoga luogo di “insegnamento” del timore di Dio

Durante il suo ministero pubblico in Galilea Gesù, dopo aver attraversato il “mare di Galilea”, giunse, insieme ai suoi quattro primi discepoli, a Cafarnao ed entrò proprio di sabato nella sinagoga: “Andarono a Cafarnao e, entrato proprio di sabato nella sinagoga, Gesù si mise ad insegnare” (Mc 1,21).

Gesù entrò proprio di sabato nella sinagoga, perchè il giorno di sabato, all’inizio della creazione, fu consacrato da Dio per essere giorno di riposo (Gen 1,1-2,3), mentre nella tradizione ebraica viene ad essere il giorno in cui si commemora la liberazione degli ebrei dalla schiavitù degli egiziani:

L’osservanza del sabato nella narrazione biblica comincia durante il cammino nel deserto e si collega al dono della manna (Es 16), che non dev’essere raccolta nel settimo giorno: infatti il sesto Dio garantisce una doppia razione. Per questo la celebrazione del sabato porta con sé la memoria della liberazione dall’Egitto e della prova del deserto.
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Il giorno di sabato viene ricordato non solo perchè è il giorno di riposo da tutte le cose, ma anche perchè Dio ha dato il comandamento di santificare il giorno di sabato: La maggiore differenza tra Esodo e Deuteronomio si trova nel motivo del comandamento: da una parte la creazione, dall’altra la liberazione dall’Egitto”.

Sia nel primo caso come nel secondo “si tratta ancora di una imitazione di Dio: come Dio ha santificato il settimo giorno, così chi osserva il comandamento.

Sotto questo profilo il sabato “è memoria e imitazione dell’opera di Dio per la salvezza”, perchè da una parte il fedele riposa da tutte le opere mondane rinfrancando lo Spirito e liberando le energie spirituali per onorare il creatore e, dall’altra, per ricordarsi che Dio è amico del suo popolo, in quanto lo ha liberato dagli egiziani.

Il sabato quindi per gli ebrei è il giorno in cui si commemorano le gesta salvifiche di Dio; da una parte Dio ha dato la vita alla creazione preservandola dalle tenebre e, dall’altra, Dio ha dato all’ebreo la possibilità di liberarlo dal male, dai nemici.

A partire da tale quadro l’ebreo imita il riposo di Dio, rivivendo il comandamento dell’amore verso Dio. Egli identifica la Torah col comandamento dell’amore.

Insieme, le due tavole ci insegnano cosa vuol dire il duplice comandamento dell’amore: ama Dio con tutte le tue forze e ama il prossimo tuo come te stesso.
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L’ebreo ama Dio con tutte le forze per tutto ciò che egli ha creato e per quanto ha fatto per salvarci dalle potenze nemiche.

Amando Dio al di sopra di ogni cosa l’ebreo vive la pratica cultuale del timore di Dio, perchè ripone la sua fiducia in lui per tutto quello che ha fatto per la sua salvezza.

Pertanto Gesù entra proprio di sabato nella sinagoga per onorare il Padre celeste in questo giorno, insegnando le cose che il Padre gli ha comandato di dire.

Gesù, secondo la testimonianza di Marco in 1,22, insegnava come colui che possiede autorità perchè in lui risplende la sapienza del Padre, in quanto compie e dice tutto quello che il Padre gli comanda di dire e di fare, diversamente dagli scribi, la cui sapienza proviene loro non da Dio ma dalle accademie rabbiniche: “Ed erano stupiti del suo insegnamento, perchè insegnava loro come uno che ha autorità e non come gli scribi” (Mc 1,22).

Di nuovo Gesù venuto il sabato, incominciò a insegnare nella sinagoga. E molti ascoltandolo rimanevano stupiti e dicevano: «Donde gli vengono queste cose? E che sapienza è mai questa che gli è stata data? E questi prodigi compiuti dalle sue mani? Non è costui il carpentiere, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle non stanno qui da noi?». E si scandalizzavano di lui.

Ma Gesù disse loro: “Un profeta non è disprezzato che nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua (Mc 6,1-4).
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La sinagoga è il luogo che accoglie la sapienza del Padre che si manifesta nel Figlio, perchè solo al Figlio il Padre ha dato questo privilegio, essendo fin dall’eternità unito al Padre.

Egli palesa questa sua filiale forma di attaccamento al Padre nel timore di Dio, dal momento che soltanto lui possedeva la sapienza del Padre ancora prima della creazione nel sabato primordiale.

Sotto questo profilo il sabato temporale, cioè il settimo giorno, che corrisponde al periodo in cui Gesù entra nella sinagoga, è tempo in cui diviene tangibile nella storia il vero timore di Dio che si estrinseca nell’insegnamento del Figlio.

Il sabato storico è tempo storico del primordiale timore di Dio che il Figlio viveva nei confronti del Padre nel sabato protologico e viceversa.

Come la sapienza del Padre si è manifestata nel settimo giorno alle origini della creazione, quando il Padre creò e ordinò tutte le cose che sono nel mondo secondo un suo sapiente disegno, – disegno che era stato progettato dal Padre insieme al Figlio che era sapienza del Padre ab aeterno- così nel sabato soteriologico , che è il nuovo tempo storico della salvezza originatosi con la venuta di Cristo, la sapienza del Padre si ri-manifesta nel Figlio nella sinagoga, luogo in cui si estrinseca il pieno attaccamento al Padre del Figlio (timore di Dio) attraverso il suo sapiente insegnamento.

Sotto questo profilo la sinagoga diviene luogo concreto della realizzazione storica del sabato protologico nel sabato soteriologico, dove la sapienza ab aeterna del Figlio, in unione stretta con quella del Padre, si rende presente storicamente nella sua attività didattica proprio all’interno della sinagoga.
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La sinagoga luogo di guarigione: segno tangibile della realizzazione del timore di Dio in Cristo Gesù viveva la pratica cultuale del timore di Dio perchè sapienza incarnata del Padre.

Gesù mostrava la sua divina autorità anche allo spirito immondo che aveva preso dimora in un uomo:

Allora un uomo che era nella sinagoga, posseduto da uno spirito immondo, si mise a gridare: «Che c’entri con noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci! Io so chi tu sei: il santo di Dio». E Gesù lo sgridò: «Taci! Esci da quell’uomo». (Mc 1,23-25).

Egli comandava con autorità su questo spirito immondo e gli ubbidiva perchè Gesù era la personificazione vivente del timore di Dio, in quanto in lui era vivo e permanente il suo amore filiale verso il Padre.

Infatti lo spirito immondo che era in quell’uomo, all’udire il comando di Gesù di uscire da quell’uomo, uscì: “E lo spirito immondo, straziandolo e gridando forte, uscì da lui” (Mc 1,26).

Il miracolo della guarigione dell’indemoniato avviene all’interno della sinagoga, luogo in cui si manifesta l’intimo attaccamento del Figlio verso il Padre e viceversa (timore di Dio), in quanto la sinagoga e, insieme a lei anche coloro che erano presenti, sono i diretti testimoni oculari del timore di Dio vissuto intimamente dal Figlio verso il Padre e realizzatosi nella guarigione dell’indemoniato.

Grazie al timore di Dio, che il Figlio viveva in unione stretta con il Padre, divenne possibile a Cristo di scacciare lo spirito immondo dall’indemoniato, suscitando così negli astanti timore e meraviglia:

Tutti furono presi da timore, tanto che si chiedevano a vicenda: «Che è mai questo? Una dottrina nuova insegnata con autorità. Comanda persino agli spiriti immondi e gli obbediscono!» (Mc 1,27).
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Quando Gesù entrò prossimamente in giorno di sabato nella sinagoga manifestò di nuovo il suo fervente attaccamento al Padre, nel compiere la guarigione ad un uomo dalla mano inaridita: “Entrò di nuovo nella sinagoga. C’era un uomo che aveva una mano inaridita, e lo osservavano per vedere se lo guariva in giorno di sabato per poi accusarlo” (Mc 3,1-2).

Per l’amore e per la salvezza di quell’uomo egli guarisce la sua mano inaridita proprio in giorno di sabato, anteponendo il precetto dell’amore al di sopra della casistica sabbatica, che proibiva di fare alcunchè nel giorno di sabato.

Anteponendo l’amore per la vita al di sopra dello stesso precetto sabbatico, Gesù mostra ai presenti, compresi i farisei induriti nel loro cuore, di essere il vero timorato di Dio.

In lui si rispecchia l’amore di Dio verso l’uomo bisognoso di aiuto e di salvezza, non solo coniugando al precetto sabbatico l’amore per la vita, ma anche esplicando tale amore proprio nel giorno di riposo da tutte le occupazioni mondane, perchè egli ha realizzato la volontà di Dio che vuole il bene di tutti.

Egli disse all’uomo che aveva la mano inaridita: «Mettiti nel mezzo!». Poi domandò loro: «È lecito in giorno di sabato fare il bene o il male, salvare una vita o toglierla?».

Ma essi tacevano. E guardandoli tutt’intorno con indignazione, rattristato per la durezza dei loro cuori, disse a quell’uomo: «Stendi la mano!». La stese e la sua mano fu risanata. (Mc 3,3-5).
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Di nuovo Gesù sempre di sabato insegnava nella sinagoga, sbalordendo tutti quelli che l’ascoltavano in quanto la sua sapienza non gli proveniva dalla perizia dei suoi ragionamenti, ma da Dio.

Alla parola insegnata e predicata nella sinagoga conseguivano i fatti miracolosi, nei quali la Parola si incarnava.

Gesù manifestava così nel connubio della parola predicata con i fatti miracolosi il suo profondo timore verso Dio (Mc 6,1-6).

All’azione faceva precedere la parola, per cui la professione della Parola di Dio si compiva nella prassi di vita del Figlio, segno concreto ed evidente del suo filiale timore verso Dio, esternato dapprima nella predicazione e poi nell’azione guaritrice del Figlio.

Secondo la testimonianza di Luca in 4,16-20 Gesù, entrando di sabato nella sinagoga a Nazareth di Galilea, manifesta a tutti che egli è l’inviato di Dio perchè il Padre ha posto il suo spirito su di lui per portare a compimento il suo disegno di salvezza verso l’uomo; egli è venuto nel mondo per annunziare il lieto messaggio di salvezza e per compiere la salvezza con le opere, facendo capire ai presenti che egli è chiamato dal Padre a personificare la pratica del timore di Dio, in quanto tutta la sua vita è orientata a rendere onore al Padre con le parole e con i fatti quotidianamente.

Venne a Nazaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto: “Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annunzio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi, a proclamare l’anno di grazia del Signore (Lc 4,16-19).
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Tornando a Cafarnao Gesù guarisce nella sinagoga un uomo posseduto da uno spirito immondo, per cui la sinagoga diviene luogo del compimento del timore di Dio in Cristo, perchè in lui la parola di Dio diviene gesto concreto di salvezza (Lc 4,33-36).

Ancora una volta Gesù nella sinagoga esprime il suo vitale attaccamento al Padre e quindi il suo perfetto timore di Dio, guarendo una donna curva in giorno di sabato; in tal modo egli adempie il precetto dell’amore per Dio con la guarigione fisica di questa donna.

Stava insegnando in una sinagoga in giorno di sabato. C’era là una donna che uno spirito teneva inferma da diciotto anni; era curva e non riusciva in alcun modo a stare diritta. Gesù la vide, la chiamò a sé e le disse: «Donna, sei liberata dalla tua malattia». Impose le mani su di lei e subito quella si raddrizzò e glorificava Dio (Lc 13,10-17).

Attraverso l’insegnamento e le guarigioni di Gesù si espleta nella sinagoga il sabato soteriologico; copia vivente e tangibile del sabato protologico, dove il Figlio, essendo tutto dedito al Padre e viceversa, consumava ab aeterno il suo vero timore verso il Padre.

Cinzia Randazzo

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