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In a Plastic World: dalle Barbie al bando dei sacchetti, gloria e misfatti della plastica

Chi non si ricorda la canzone degli Aqua, Barbie girl e i primi versi: I am a Barbie girl in a Barbie world, Life in plastic, it’s fantastic … Eppure il mondo è diventato di plastica molto prima dell’arriva degli Aqua: ad essere precisi la trasformazione è avvenuta negli anni ’50. Proprio in questo decennio la produzione materie plastiche acquista peso nelle economie dei Paesi industrializzati. Il mondo di plastica degli anni ’50 è fantastico. Tutti ne vanno pazzi. L’euforia dura all’incirca fino a fine secolo. È nel duemila, infatti, che l’impegno contro lo spreco di plastica e a favore del suo riciclo ottiene conquiste importanti, almeno per quanto riguarda le buste della spesa.

Un supermercato dopo l’altro sta adottando la politica dei sacchetti biodegradabili e la vecchia busta di plastica giunge alla pensione dopo aver maturato tutti i suoi anni di età.

Nonostante questo avvenimento storico, l’addio alle buste di plastica non equivale affatto all’addio alla plastica, materiale che è un sempreverde del nostro mondo industriale o post industriale che dir si voglia. E’ inutile girarci intorno: la plastica serve e ci serve; è parte integrante del nostro mondo e della nostra vita quotidiana, dunque risparmiamo pure sui sacchetti per la spesa, ma apriamo gli occhi: non siamo barbie, ma il mondo è di plastica, e con la plastica dobbiamo fare i conti.

Ma cosa vuol dire: plastica?

Essere plastici o allo stato plastico significa poter essere modellati in qualsiasi forma. Plastica è un nome generico per indicare un vasto insieme di materiali artificiali caratterizzati da una struttura macromolecolare che, in determinate condizioni di temperatura e pressione, subisce variazioni permanenti di forma. Per questo vengono utilizzati gli stampi per plastica che servono a conferire la foggia desiderata al materiale e, così, a produrre oggetti che soddisfino le nostre necessità e desideri. La lavorazione materie plastiche è molto varia, ma il metodo più usato è lo stampaggio ad iniezione: i granuli di materia plastica subiscono un processo di fusione e successivamente vengono iniettati ad alta velocità e pressione negli stampi, dove il polimero, nel corso del suo raffreddamento assume la forma voluta. L’iniezione plastica permette la produzione di oggetti in serie, come sono generalmente i prodotti in plastica.

Gli esseri umani hanno sempre cercato di modellare la materia con le proprie mani. Prima di inventare la plastica hanno plasmato l’argilla e la creta, entrambi materiali che, una volta raffreddatisi, mantengono la forma che viene loro impressa. Questa qualità è definita plasticità e non appartiene quindi soltanto alla plastica intesa come materiale sintetico. Pertanto, plastici possono essere definiti anche la cera, la plastilina, il fil di ferro, il rame e molti altri materiali che dopo essere stati plasmati mantengono la nuova forma in maniera stabile. Anche le resine naturali posseggono questa caratteristica: parliamo, per esempio, della gomma arabica e del caucciù.

Gli antenati della plastica come la conosciamo oggi sono vari. Un primo tentativo di realizzare un materiale sintetico con la caratteristica della plasticità risale al 1869 quando il tipografo John Hyat inventa la celluloide. Questo materiale presentava però un grave inconveniente: l’alta infiammabilità. Nel 1909 un chimico belga sintetizza la bachelite, una materia plastica termoindurente e sintetica, cioè fatta senza composti chimici naturali, tuttora utilizzata in svariati campi (interruttori, prese di corrente, manici di pentole, parti di automobili …). Da allora, lo sviluppo delle lavorazioni materie plastiche
si è rivelato inarrestabile ed è stato segnato da tappe storiche. Negli anni Venti iniziano gli esperimenti sui derivati del petrolio e poi, negli anni Trenta e Quaranta, in Germania, Inghilterra e Stati Uniti vengono sintetizzati uno dopo l’altro il plexiglas, il PVC (cloruro di polivinile), i poliuretani, il polietilene e il nylon.

Lo stampaggio plastiche ha ormai una storia centenaria, piena di svolte e di sperimentazioni, di momenti di gloria (le barbie) e di battute d’arresto (il bando delle buste di plastica). Ma una cosa è certa, la storia continua ancora. Come dicono gli americani: to be continued.

Sara Barausse – Prima Posizione Srl – investire promozione

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Internet: un buon investimento per le officine meccaniche

Con i tempi di crisi internet può essere un buon trampolino di lancio per farsi conoscere e trovare nuovi sbocchi di mercato

Il settore delle lavorazioni meccaniche è stato uno dei settori più colpiti dall’attuale crisi, la necessità è di non farsi sfuggire le opportunità che si possono presentare, se in condizioni di mercato normali è dettata dalla voglia di incrementare gli utili, in tempi di crollo del mercato come questi è una questione di sopravvivenza. Grazie alle dimensioni del mercato delle officine meccaniche pre-crisi, le officine meccaniche hanno normalmente avuto un bacino di business principalmente locale, con una bassa componente nazionale, e se non in rari casi nessuna componente internazionale, ad eccezione di settori di nicchia come lavorazioni meccaniche di precisione, trattamenti superficiali specifici o lavorazione dell’acciaio.

Invertire questa tendenza è l’unico modo per sopravvivere ed essere pronti nel momento in cui l’economia comincerà a riprendersi. I contratti vanno cercati su tutto il mercato, con questo non si vuole indirizzare le piccole e medie officine meccaniche verso il mercato mondiale delle lavorazioni meccaniche, ma semplicemente a prendere in considerazione tutto il mercato nazionale delle lavorazioni meccaniche, un passo alla volta fino a potersi spostare sul mercato europeo se necessario, e solo quando pronti ed “armati” in maniera adeguata affacciarsi alle opportunità del mercato mondiale. I normali canali di aggressione del mercato, come la pubblicità cartacea su riviste meccaniche specializzate, la continua presenza alle fiere del settore delle lavorazioni, sono metodologie superate, costose, con un risposta lenta ed un basso ROI.

Per non perdere le opportunità vi sono nuove metodologie come le carpenteria metallica e stampaggio materie plastiche che permettono di essere al posto giusto al momento giusto, quando cioè un potenziale cliente ha una necessità e cerca una soluzione. Internet è la più potente finestra sul mercato, ma a differenza di quanto si può concludere in prima battuta, non si sta facendo riferimento alle normali pagine web, anche queste superate e con un basso ROI. L’utilizzo del web è diventato talmente complesso che la semplice pagina web di un’azienda meccanica non è sufficiente, per poter implementare un’adeguata strategia di mercato è necessaria una ricerca accurata che tenga conto sia del mercato in questione che dei metodi di web-marketing anche per un’officina meccanica o una torneria, sia di piccole, che medie o grandi dimensioni.

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Lavorazione plastiche e possibilità di riciclo

In Italia le uniche plastiche ad essere riciclate sono quelle degli imballaggi,solo i loro produttori, infatti, pagano per la raccolta differenziata. Così il resto va al rogo.
Innanzitutto, plastica è un termine generico che raccoglie materiali diversi, a seconda della lavorazione e dello stampaggio plastica. Quelle che vengono riciclate sono solo plastiche da imballaggio (bottiglie, flaconi, sacchetti della spesa…). Tutto il resto, come i giocattoli per esempio, non viene preso in considerazione. Semplicemente per motivi economici: nessuno paga per raccoglierlo. I produttori di imballaggi, infatti, versano una quota per ogni tonnellata di materiale immesso sul mercato. Con questi soldi il CoRePla (Consorzio nazionale per la raccolta, il riciclaggio e il recupero dei rifiuti di imballaggi in plastica) compra ai Comuni la plastica della raccolta differenziata. Visto che il prezzo cresce con l’aumentare della quantità e della qualità della plastica, i soldi non basterebbero per pagare tutto.

Alcune plastiche, a seconda della lavorazione cui sono sottoposte e dei produttori materie plastiche, sono raccolte solo per il loro valore calorifero e destinate al termovalorizzatore, perché riciclarle non è economicamente vantaggioso. Si riciclano invece i polimeri utilizzati negli imballaggi e cioè il Pet (la plastica trasparente delle bottiglie e dei contenitori alimentari), il polietilene ad alta densità (Hdpe, quello dei flaconi) e a bassa densità (Ldpe, shopper e film di imballaggio della carta igienica o dello scottex), il polipropilene. L’importante è che ciò che si introduce sia pulito, cioè che non sia rimasto cibo o altro residuo organico al suo interno.

Vediamo però qualche numero. Nel 2008 sono stati immesse sul mercato circa 2.205.000 tonnellate di imballaggi. 673.000 sono state avviate al riciclo, mentre altre 554.000 sono state inviate al termovalorizzatore. Del recupero, circa 370.000 tonnellate sono imballaggi industriali, il resto invece arriva dai rifiuti urbani.

Ecco cosa accade. I comuni fanno la raccolta – ognuno a modo suo – e la plastica viene spedita a uno dei 39 impianti di selezione che lavorano per CoRePla. Prima di essere avviate al riciclo infatti, le plastiche devono essere sia separate da sostanze contaminanti (metallo o carta) sia divise a seconda della composizione chimica e delle caratteristiche. Ogni materiale ha un processo di lavorazione diverso. L’80 per cento del lavoro di selezione è automatizzato. Una volta selezionato, il materiale viene venduto dal consorzio agli impianti di riciclo a livello europeo attraverso aste telematiche.

Le applicazioni dei materiali riciclati sono innumerevoli: il Pet diventa maglioni, imbottitura o moquette; il polietilene, invece, viene impiegato per realizzare tappi, sacchi della spazzatura o manufatti per l’industria edile.
L’impiego di materie plastiche riciclate comporta un notevole risparmio economico, energetico e di emissioni. Basti pensare che per la produzione di un chilogrammo di plastica vergine servono due chilogrammi di petrolio. Rispetto alla produzione di materia prima vergine, rigenerare il Pet consente un taglio dei consumi energetici fino al 90 per cento, e delle emissioni di gas serra fino al 95 per cento.

Aspettando tecnologie che ci permettano di aumentare l’efficienza del sistema, si può agire per migliorare la qualità e la quantità della raccolta. Secondo CoRePla, il metodo porta a porta è il migliore, ma solo se condotto correttamente, per esempio prevedendo turni di raccolta frequenti.

Attualmente la raccolta differenziata è stata attivata in quasi 7.300 comuni e raggiunge più del 90 per cento della popolazione. La quantità di materiale raccolto varia però significativamente a seconda dell’area geografica: la raccolta procapite al Nord è pari a 13,2 chili, al Centro (Abruzzo Toscana, Lazio, e Molise) di 6,5 e al Sud 4,9.

A cura di Martina Meneghetti

Prima Posizione Srl – Esperto Web Marketing

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