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Ricavi e investimenti, le Utility italiane nel 2022 sono le migliori d’Europa

Non c’è dubbio che il 2022 è stato un anno estremamente complicato per le aziende del settore energetico, le cosiddette Utility. Problemi di costi, problemi sui ricavi, problemi nel portare avanti i programmi di investimento.
Tuttavia l’Italia può essere contenta per come si sono comportate le sue imprese che operano in questo settore.

I dati sulle Utility: ricavi e investimenti

utilityA fotografare la situazione ci ha pensato un rapporto realizzato da AGICI con Intesa San Paolo. Da esso emerge che i ricavi e gli investimenti delle utility italiane sono cresciuti nel 2022.
E questo nonostante il settore sia stato flagellato da una crisi profonda. Lo scoppio della guerra in Ucraina ha infatti innescato un calo degli approvvigionamenti ed un conseguente balzo vertiginoso dei prezzi del gas e dell’elettricità, che hanno vissuto un doppio supertrend rialzista. Tutto ciò ha provocato una crisi energetica globale, dalla quale stiamo lentamente faticosamente uscendo.

In un simile contesto le utility di tutta Europa hanno sofferto notevolmente per riuscire a garantire il minore impatto possibile sulle forniture tanto ai privati quanto alle aziende. In sostanza non hanno scaricato l’intera price action dei costi sui clienti.
Quanto possa essere stato difficile lo scenario in cui hanno operato si può comprendere pensando al caso del colosso tedesco UNIPER, che lo stato federale ha dovuto salvare da una sicura bancarotta.

Come hanno reagito le aziende italiane

In Italia invece le cose sono andate diversamente. In alcuni casi l’integrazione verticale tra produzione e vendita è stata salvifica, in altri casi lo è stata la struttura di costi parzialmente influenzata dalle dinamiche delle commodity.
Il bilancio finale dei ricavi e investimenti per le utility italiani racconta che il margine operativo lordo aggregato è cresciuto del 5,3%. Per le multiutility l’EBITDA è salita del 3,8%. Sono diminuiti gli utili del 7%, ma pensiamo alle difficoltà di pagamento di molti clienti ed alla tassazione degli extra profitti.
La cosa importante è che, malgrado la crisi, le utility italiane nel 2022 hanno continuato ad investire. Addirittura i progetti realizzati sono stati pari a 15 miliardi di euro, tre in più rispetto al 2021.

Le prospettive del settore

E’ altresì incoraggiante guardare al futuro. Nel triennio 2022-2025 i ricavi e gli investimenti degli operatori italiani dovrebbero crescere ancora. Addirittura gli investimenti dovrebbero aumentare di 17 miliardi l’anno. Al contrario ricavi investimenti degli operatori europei sono previsti in lieve discesa (i primi) oppure solo in lieve crescita (i secondi). Inutile dire che le priorità rimangono decarbonizzazione e sviluppo delle rinnovabili.

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Investire nell’economia Green: non basta dirlo, occorre creare le condizioni giuste

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  • 3 Novembre 2022

Ormai è chiaro a tutti che è l’economia globale ha bisogno di una decisa svolta green. Tuttavia non bastano i semplici proclami per aumentare la propensione ad investire nelle rinnovabili. Bisogna creare un ambiente istituzionale ed economico che sia favorevole.

La differenza tra Stati Uniti e UE

ECONOMIA GREENQuello che sta emergendo, soprattutto in tempi recenti, è una netta differenza nell’approccio adottato dagli Stati Uniti e dall’Unione Europea.
In particolar modo gli USA vedranno cambiare lo scenario grazie alla Inflation Reduction Act (IRA). Questa legge favorisce chi intende investire nelle tecnologie rinnovabili, grazie al meccanismo dei crediti di imposta. Si applicheranno al settore eolico, a quello solare, all’idrogeno ed anche allo stoccaggio del carbonio.
Questa legge introdurrà un modo diverso di monetizzare gli asset fiscali, consentendo alle imprese di creare infrastrutture per le rinnovabili senza dover ricorrere al finanziamento tramite capitale fiscale.

Gli USA scattano avanti

Non c’è dubbio che questi finanziamenti e incentivi promossi dagli Stati Uniti saranno superiori a quelli disponibili nell’Unione Europea.

Questo cosa significa? Che senza dubbio che le imprese decideranno di investire là dove saranno disponibili i migliori finanziamenti e incentivi, nonché i migliori rendimenti.
Per fare un esempio, secondo alcune stime, l’IRA vuole innescare un supertrend riguardo ai veicoli elettrici, raddoppiando il tasso di penetrazione per il 2025 dal 10% al 20%.

Il problema delle autorizzazioni

Uno dei maggiori ostacoli che viene lamentato dalle industrie delle rinnovabili è il meccanismo di autorizzazioni, che soprattutto in Europa rimane molto complesso. Dal momento che la transizione energetica imporrà di investire in modo cospicuo, è richiesta una maggiore agilità normativa. Dovrebbero creare supporti e non resistenze, ma invece accade l’opposto.
Le autorità di regolamentazione in buona sostanza non stanno al passo con l’avanzamento dell’Industria, e anzi ne rappresentano uno dei freni principali.
Cosa peggiore, in alcuni casi sembrano non apprezzare l’importanza di questa sfida.

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Inflazione alta, la BCE è sempre più stretta all’angolo

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  • 3 Dicembre 2021

La crescita dell’inflazione aumenta la pressione dei falchi all’interno della BCE. Per chi non lo sapesse, i falchi sono i sostenitori di una politica monetaria più aggressiva. Questo si traduce in minori stimoli e tassi di interesse più alti.
A loro si contrappongono le colombe, ossia coloro che chiedono un sostegno forte per continuare il percorso di uscita dalla crisi Covid.

La gestione complicata dell’inflazione

L’ago della bilancia tra queste due anime contrastanti è rappresentato dall’inflazione. Fin quando continuava a viaggiare sotto il livello ritenuto accettabile dalla BCE, ossia il 2%, la posizione delle colombe era solidissima. Negli ultimi mesi però lo scenario ha cominciato a cambiare.

Gli ultimi dati

inflazioneLa ripresa post Covid ha acuito la pressione sui prezzi delle materie prime e dell’energia. Il gas naturale e il petrolio sono arrivati a livelli altissimi, seguendo un doppio supertrend (ossia sul breve e sul medio periodo), prima di ripiegare solo leggermente.
Questo ha spinto verso l’alto l’inflazione al consumo. Secondo l’ultima stima pubblicata da Eurostat, nei Paesi dell’Eurozona il tasso di crescita è più del doppio rispetto all’obiettivo dichiarato della Bce. Per la precisione 4,9%, con un ulteriore aumento rispetto al 4,1% di ottobre.
Un record mai registrato dall’inizio delle serie statistiche di Eurostat nel 1997.

Non è più temporanea

Finora la banca centrale si era allineata ala FED americana, sostenendo che l’inflazione alta fosse un fenomeno temporaneo. Una scusa che ha cominciato a vacillare da tempo, e adesso perde anche la spalla della FED. Nei giorni scorsi infatti Powell ha chiarito: “è ora di smettere di paralre di inflazione temporanea“.
La naturale conseguenza è che adesso i falchi dell’Eurozona premono per una stretta.

Conto alla rovescia per la BCE

La Bce per adesso resiste, affermando che l’inflazione ha raggiunto il picco proprio questo mese, e da ora in poi dovrebbe calare. Per questo si arrocca per difendere i tassi di interesse bassi. Come seguendo una strategia martingala, la BCE raddoppia ogni volta la posta della sua credibilità.
Ma è una posizione che si sta sgretolando, e già da gennaio potrebbe imporre un cambiamento.

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