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Moulage, l’Arte di realizzare un abito

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  • 25 Aprile 2013

 

Per la prima volta a Roma, da Giugno 2013, presso la Scuola di ricamo Alta moda, si terrà il Corso: “Tecnica del “Moulage.”

Otto giornate formative per imparare un metodo progettuale immediato che permette di realizzare un cartamodello tridimensionale.

Il Moulage, conosciuto anche con il termine di drappeggio, è una tecnica di origine francese molto usata in Haute Couture. Madeleine Vionnet è stata la fondatrice e icona del Moulage negli anni ’20.

Il modello è realizzato usando il “muslin,” un tessuto grezzo di cotone di colore panna o bianco, che viene modellato sul manichino sartoriale, mediante l’aiuto degli spilli che lo reggono nella sua forma.

In tutte le fasi di modellatura, il progettista può avere la libertà di fantasia ed immaginazione bizzarra. In qualsiasi momento può  cambiare o ricostruire il modello prima di passare alla fase successiva di trasferimento del modello su carta. Con il Moulage si possono creare volumi particolari, tagli e drappeggi che in carta sarebbero impossibili da realizzare.

Tutto questo rende ancora più preziosa questa tecnica soprattutto per designer e modellisti.

Questo corso è unico nel suo genere, completa e unisce una tecnica manuale con la creatività e l’istinto del progettista.

In poche ore consente di avere una prima idea della sua creazione.

Questo corso basico è rivolto a tutti colori che sono appassionati di moda, gli addetti e professionisti del settore e che desiderano  migliorare le proprie conoscenze, rendendo la loro professionalità più completa.

Per ulteriori info:

www.scuoladiricamoaltamoda.it

 

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Proteste sui tagli alle spese per il personale: propaganda strumentale da parte dei sindacati

La manifestazione indetta oggi dai sindacati contro le nostre proposte di riduzione della spesa per il personale regionale è (volontariamente?) basata su errati presupposti. Grazie al nostro emendamento la Regione e tutti gli enti ad essa collegata potranno risparmiare oltre 100 milioni di euro senza togliere un posto di lavoro.

Delle due l’una: o i sindacati fanno finta oppure non capiscono davvero, in ogni caso è evidente che dalla nostra proposta di riduzione del costo del personale regionale stanno traendo errate conclusioni.

La nostra proposta prevede: la riduzione entro il 31 dicembre 2013, delle dotazioni organiche di tutti gli enti della Regione (Giunta e Consiglio Regionale, agenzie ed entri strumentali)  in misura non inferiore al 20 per cento per il personale dirigenziale e del 15 per cento per il personale in organico. Le diminuzioni, da cui verranno esclusi i ricercatori, i tecnologi e il personale sanitario,  dovranno garantire una riduzione del costo di personale di almeno il 15% di quello sostenuto nel 2012. Si propone inoltre  il divieto di assunzione di nuovo personale a tempo determinato o indeterminato e la graduale riduzione, nel prossimo triennio, dello stipendio del 10% per i direttori e per i dirigenti regionali e del 30% del budget regionale destinato alle posizioni organizzative oggi in essere.

Se sulla carta le nostre proposte appaiono come tagli indiscriminati nella realtà gli esuberi andranno o in pensione, attraverso l’applicazione dell’attuale normativa o di quella ante – Fornero, oppure verranno, attraverso la mobilità guidata, semplicemente ricollocati in altri enti regionali in altri Enti pubblici (previo accordo con gli stessi), aventi vacanze in organico.

Questo significa che non si toglierà nemmeno un posto di lavoro ma si otterranno risparmi di oltre 100 milioni di euro per la Regione e per tutti gli enti ad essa collegata.

Per quanto riguarda invece la riduzione dei salari per direttori, dirigenti e posizioni organizzative la Regione, come qualsiasi altra azienda, ora si trova di fronte a una scelta: o taglia le spese oppure,  rischiando di non pagare neppure lo stipendio ai dipendenti, non sarà in grado di avere nel 2013 le risorse per la futura Legge Finanziaria.

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Presentato emendamento per blocco assunzioni e riduzione spese per il personale

Proposta una riduzione delle dotazioni organiche di Regione, agenzie territoriali, enti strumentali e di ricerca regionali (esclusi i ricercatori, i tecnologi e il personale sanitario assunto nelle ASL) . Previsto un taglio di almeno il 20% del personale dirigenziale, del 15% di quello non dirigenziale e del 30% delle posizioni organizzative e di alta professionalità. I dipendenti in esubero saranno collocati in pensione, anche in deroga alla disciplina Fornero. Oltre 100 milioni di euro il risparmio previsto.

Il gruppo di Progett’Azione ha presentato oggi  un emendamento di “riduzione delle dotazioni organiche  e  del costo del personale della Regione” alla delibera n. 218 (“Interventi urgenti per la razionalizzazione delle spese regionali”) oggi in discussione in Consiglio Regionale.

Nel documento si propone la riduzione, entro il 31 dicembre 2012, delle dotazioni organiche di tutti gli enti della Regione (Giunta e Consiglio Regionale, agenzie ed entri strumentali)  in misura non inferiore al 20 per cento per il personale dirigenziale e del 10 per cento per il personale in organico. Le diminuzioni, da cui verranno esclusi i ricercatori, i tecnologi e il personale sanitario,  dovranno garantire una riduzione del costo di personale di almeno il 15% di quello sostenuto nel 2012. Si propone inoltre  il divieto di assunzione di nuovo personale a tempo determinato o indeterminato.

Il testo introduce inoltre la graduale riduzione, nel prossimo triennio, dello stipendio del 10% per i direttori e per i dirigenti regionali e del 30% del budget regionale destinato alle posizioni organizzative oggi in essere.

Per il personale in esubero le amministrazioni potranno procedere o al pensionamento applicando la disciplina vigente ante Fornero o all’attivazione della mobilità guidata, ovvero la ricollocazione del personale, anche attraverso forme di incentivazione finanziaria da parte della Regione (fino al 50% del costo complessivo del salario per un solo triennio per le amministrazioni che assumeranno i dipendenti in esubero) presso altri uffici.

Oggi la Regione Piemonte conta 2600 dipendenti per una spesa totale di €. 171.974.230,42, di cui € 7.343.088 per il personale assunto a tempo determinato. Di questi, solo in Regione 520 sono i posti vacanti e 219 i possibili pensionamenti con legge post e ante-Fornero.

Questo significa che, se verranno approvate le proposte di Progett’Azione di riduzione dei dipendenti in Giunta, Consiglio ed Enti, si otterranno risparmi di oltre 100 milioni di euro per la Regione e per tutti gli enti, senza togliere nemmeno un posto di lavoro ai dipendenti.

“ Oggi – spiega il presidente del gruppo di Progett’Azione, Angelo Burzi – la Regione e in generale gli enti regionali, a causa del livello di indebitamento raggiunto sono di fronte a un bivio: o si assicura un assetto razionale ed efficiente della spesa, anche attraverso la riduzione del costo del personale e degli esuberi, oppure si rischia il default finanziario, compromettendo in questo modo non solo il pagamento degli stipendi ma di tutti i fornitori regionali”.

“Attraverso la presentazione di questo emendamento – spiegano i consiglieri di Progett’Azione Gian Luca Vignale, Roberto Boniperti, Roberto Tentoni e Rosanna Valle –  si punta al risanamento del bilancio regionale chiedendo un costo sociale zero. In sintesi nella nostra proposta non vi sono lacrime né sangue ma solo recupero dell’efficienza della macchina burocratica e ottimizzazione dell’allocazione delle risorse umane”.

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La sfida continua di Villa Maria

E’ nato nel cuore della Romagna il più grande network privato d’Italia che ora opera anche all’estero. La storia di un sogno realizzato e le aspettative per il futuro.

Intervista apparsa su la Voce di Romagna al Presidente del Gruppo Villa Maria Ettore Sansavini

Non fa tempo a mettere piede dentro un traguardo, che già vede un altro orizzonte più avanti. I suoi collaboratori faticano a stargli dietro: “A volte il mio direttore amministrativo mi sgrida”. Sorride Ettore Sansavini, che con Villa Maria è al timone del primo gruppo sanitario privato per strutture accreditate, con più di trenta cliniche e poliambulatori, tra Italia, Francia, Polonia, Albania e Romania. Una saga imprenditoriale da self made man romagnolo. Perito chimico e diplomato ragioniere alle serali di Forlì, è partito negli anni ‘60 come impiegato in una clinica privata, costruendo negli anni una holding che fattura 500 milioni l’anno e occupa oltre 5mila persone, impegnata anche in società di servizi, nelle cure termali, nell’alimentare e nel biomedicale.

“Faccio l’imprenditore con lo spirito di quando mio nonno, agricoltore, mi portava per i campi a vedere il grano crescere. Ecco: io non amo il rischio del gioco, non mi sono mai seduto al tavolo della roulette. Ma ho il desiderio di costruire. Non si fa impresa per il denaro. Perché i soldi, quando si lavora e si lavora bene, arrivano da soli. E servono per costruire ancora, per far crescere qualcosa”. Un ragazzo di 68 anni, Sansavini, che nel 1973, a 28 anni, fu chiamato a dirigere la clinica Villa Maria di Cotignola ancora in costruzione, investendo poi tutto quanto aveva – i 2 milioni di lire della liquidazione del lavoro precedente – e che da lì ha creato il primo polo sanitario privato italiano. “Avevamo 600milioni di capitale e 600 milioni di debiti. Ho corso un rischio; e ancora ne corro”. La scelta di allora gli ha dato ragione. E adesso, in tempi di crisi e recessione, investe ancora: 25milioni di euro per costruire due piani ulteriori nella clinica di Cotignola sono solo un esempio.

Sansavini, è singolare che la sua avventura nella sanità privata si sia giocata proprio nella Bassa Romagna di allora, che certo mirava ad altri modelli di assistenza…
Villa Maria nacque dal desiderio di un medico, Ilio Barcaroli. Voleva costruire la clinica a Lugo, tra la ferrovia e via Felisio. Non gli diedero i permessi. Allora la fece a Cotignola, ma su un terreno di confine, rivolta a Lugo. Lì ci sono arrivato nel ‘73, come direttore amministrativo. La clinica era ancora in costruzione, l’abbiamo inaugurata il 24 ottobre. Subito ci siamo accreditati con le mutue, poi è arrivato il sistema sanitario nazionale. Il distretto di Lugo fu scelto come uno dei quattro progetti pilota in Italia per sperimentare il nuovo sistema. E noi, unici in Italia, fummo sconvenzionati.

Diciamo che le amministrazioni non vi favorivano…
Per anni hanno cercato di farci chiudere. L’allora presidente del Consorzio socio sanitario voleva fare della clinica la sede dell’ente. Ma abbiamo resistito, lavorando. Avevamo bisogno di pazienti, di clienti. I soci cominciavano a dubitare del progetto Villa Maria. Io presi a comprare le azioni di chi temeva il futuro, per tenere alto il livello e sostenere il progetto. Mi sono indebitato fin sopra i capelli. Poi ci siamo inventati
l’odontoiatria: la gente andava in Olanda con pullman organizzati per farsi curare, noi abbiamo portato i dentisti a Cotignola. Quindi è arrivata la cardiologia e la cardiochirugia. Insomma: abbiamo portato quelle attività che in regione e in Italia erano più carenti. E ci hanno salvato anche i libici.

Prego?
Avevamo bisogno di lavorare, e negli anni ‘70 c’era questo movimento di pazienti che venivano a farsi curare in Italia.
Ottenni, tramite l’ambasciata, una convenzione: dal ‘75 al ‘79 abbiamo avuto un centinaio di pazienti libici a Cotignola. Venivano anche perché avevamo portato a Villa Maria il professor Boccanera, un ortopedico molto conosciuto.

Si puntava all’alta specialità…
Sempre, come abbiamo poi sempre fatto: mai duplicare i servizi sanitari presenti sul territorio, ma offrire prestazioni di eccellenza lì dove ce n’è bisogno. Rispondendo alle esigenze: dal
1979 abbiamo creato il primo polo cardiochirurgico privato italiano.
La gente andava negli Stati Uniti o in Svizzera, noi abbiamo portato i medici qui. E’ arrivata la notorietà, il 12% della cardiochirugia italiana a Cotignola. Da lì è nata la rete degli ospedali del gruppo.

E finalmente il servizio pubblico si accorge di voi…
Fino al 1996 abbiamo lavorato in maniera sostanzialmente autonoma, con contratti di rimborso per i pazienti curati da noi che venivano da altre regioni. Poi è arrivato l’accreditamento con il servizio sanitario, perché avevamo un sistema di alta specialità importante.

Villa Maria ha cliniche dal nord al sud. In regioni amministrate da forze politiche diverse. Come cambiano i rapporti?
Sono diversi approcci, ma il rapporto è sostanzialmente buono con tutti. Ci siamo sempre proposti di fare quello di cui il pubblico aveva bisogno, o di investire in settori che non erano nemmeno stati considerati.

In Puglia ora le condizioni sono più tese.
Lì abbiamo lavorato molto, la Regione non ci ha riconosciuto quanto riteniamo ci spetti, ed è nato un contenzioso, che in parte ha dato ragione a noi, in parte alla Puglia. Abbiamo ancora della difficoltà a riscuotere i nostri crediti, e ora ci stiamo riorganizzando. Vede, ogni struttura ha una sua autonomia finanziaria, il gruppo finanzia l’avvio, ma poi ogni clinica deve avere la sua autonomia economica.

I tagli della spending review non risparmiano la sanità. Cosa cambierà?
Le Regioni dovranno ridurre la loro spesa sanitaria, vedremo in che direzione. Auspichiamo che non si tocchi il privato, perché noi costiamo solo per quello che facciamo: ad ogni prestazione corrisponde una tariffa, se lavoriamo siamo pagati, altrimenti no.
Oltretutto, se sforiamo il budget che ci viene assegnato a inizio anno, per l’extra non vediamo un centesimo. Difatti ogni anno lasciamo diversi milioni sul piatto.

Chi ve lo fa fare?
Se ci sono delle emergenze non possiamo non intervenire. All’estero a volte è diverso. In Polonia quell’extra ce lo riconoscono, e il lavoro in più viene considerato per accrescere il budget l’anno successivo.

Il servizio sanitario nazionale compie 34 anni. E’ un modello da ripensare?
Tutti ci auguriamo che possa continuare, perché è una conquista fondamentale dal punto di vista sociale. Il problema è come viene amministrato. Il pubblico deve garantire che le prestazioni siano al meglio e al minor costo, ma non è detto che sia lui a erogare il servizio. Dovrebbe rimanere indifferente: l’importante è la qualità.

Un altro sistema è possibile?
Non credo: solo con la presenza del pubblico si rischierebbe di non essere competitivi sui costi e di appiattire la qualità. Solo privato si tradurrebbe in solo mercato, riducendo la qualità per un maggior profitto dell’imprenditore.

La direzione indicata dai tagli è l’ingresso delle assicurazioni?
In senso esclusivo non è un’ipotesi percorribile, perché, ad esempio, se un paziente ha malattie croniche o è molto anziano, non trova chi l’assicuri; scomparirebbe un livello di assistenza. Occorre una rivisitazione del sistema assicurativo, verso una copertura totale. Interessante per ridurre la spesa pubblica sono invece i fondi integrativi di chi lavora, come previsto da diversi contratti nazionali. Oggi viene ideologicamente interpretato come un privilegio, invece va proprio a vantaggio di chi è più in difficoltà:
si accorciano le liste di attesa, e chi lavora paga un po’ di più, sì, ma garantisce alti livelli di assistenza per tutti.

Sansavini, la sanità è spesso nel mirino delle inchieste giudiziarie, specie in Lombardia…
Non credo a quelle accuse. Ma va detto che in Italia operano sette/ottocento cliniche private. Non tutti sono uguali; un privato non deve essere compromesso con la politica. La selezione si fa sui requisiti di qualità delle prestazioni, e sono criteri molto severi per chi opera nel privato. Sarebbe auspicabile un terzo organo di controllo anche per il pubblico. E da anni chiediamo che le Ausl si diano un bilancio civilistico, per evitare di scoprire dopo troppo tempo buchi importanti nelle spese.

Anche lei è stato sfiorato da inchieste giudiziarie, indagato…
Anche processi, ma mai una condanna in tanti anni di attività.

Che impegni ha il suo gruppo per il futuro?
Dobbiamo consolidare quel che abbiamo, anche accorpando le strutture più piccole, come faremo in Puglia, Sicilia e Toscana. Il gruppo prosegue poi nel campo industriale del biomedicale. Il 9 agosto (oggi, ndr), riapriremo la nostra azienda per la produzione di dispositivi medici di Medolla, nel modenese. Il capannone era stato danneggiato dal terremoto. Ripartiamo, con maggiori potenzialità, in uno stabilimento poco distante dal primo.
Forte è l’impegno nel campo alimentare e termale. In sanità puntiamo a una crescita in Polonia, e nel giro di tre anni vogliamo aprire una clinica in Tunisia.

C’è crisi e recessione, lei continua a investire…
Proprio adesso lo facciamo di più. Nella ricerca, nell’innovazione. Un esempio: a Villa Maria avevamo già un laboratorio di elettrofisiologia, ma abbiamo fatto una proiezione sulla ricerca, per introdurre nuove metodiche, come quelle portate avanti dal professor Carlo Pappone. Oggi ci rimettiamo soldi, ma stiamo investendo per il futuro, offriamo un patrimonio di attività e conoscenze per tutto il gruppo.

Sansavini, vede un’uscita dalla crisi?
Ho fiducia negli italiani, dal nord al sud, ciascuno con le sue differenze. Il paese si riprenderà.


Fonte: LA VOCE DI ROMAGNA
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Intervento di Ettore Sansavini membro Comitato Esecutivo AIOP Nazionale e Presidente di GVM Care & Research

L’esigenza di provvedere con urgenza ad una revisione della spesa pubblica ha portato il Governo ad anticipare alcuni provvedimenti che, mentre da un lato andranno ad incidere sui costi delle Istituzioni, dall’altro mireranno alla riduzione della spesa per i servizi pubblici.

Consapevoli della necessità di mettere mano ai costi sostenuti dall’intero apparato, quello che stona nei cosiddetti “tagli” alla spesa sanitaria è la paventata riduzione del 2% del fondo sanitario destinato agli erogatori privati accreditati, i quali rappresentano gli unici costi certi, misurabili e verificabili da parte di chiunque.

E’ bene chiarire all’opinione pubblica che le strutture ospedaliere private accreditate vengono remunerate dalle Asl sulla base di tariffe stabilite dalla stessa P.A., il più delle volte a valori ulteriormente scontati e solo per le prestazioni effettivamente erogate.

Basti considerare che, sul totale delle prestazioni erogate dal servizio sanitario, il 25% è stato fornito da ospedali privati accreditati e che il costo sostenuto dallo stato per tali prestazioni è pari solo al 15% della spesa sanitaria complessiva (dati 2010). In altre parole spendendo il 15% si sono curati il 25% di tutti i malati.

Inoltre, le stesse aziende ospedaliere private hanno i loro bilanci pubblicati (cosa che non vale per l’ospedalità pubblica) e sono chiamate sia a soddisfare i requisiti tipici del concessionario di pubblico servizio sia ad operare secondo le logiche del mercato, ossia salvaguardando la redditività e riducendo le inefficienze.

Per questa ragione, una indiscriminata riduzione del fondo sanitario già contrattualizzato con gli erogatori privati accreditati, non farà altro che ridurre la loro capacità di fornire prestazioni sanitarie a favore di tutti i cittadini, quantificabili in 56.000 ricoveri ospedalieri annui in meno per patologie oncologiche, neurochirurgiche, cardiologiche, ortopediche, per la dialisi, ecc., difficilmente assorbibili dalla capacità del sistema pubblico.

Inoltre la spesa ospedaliera pubblica aumenterebbe immediatamente dello 0,6% di ciò che oggi spende lo Stato.

Una manovra è giusta ed equa se mostra di incidere sulle inefficienze e sui costi ingiustificabili e fuori controllo.

Spesso si crede erroneamente che gli ospedali privati “sottraggano” pazienti al sistema pubblico. Al contrario, gli ospedali privati accreditati rappresentano un elemento di complementarietà rispetto al Sistema Sanitario Nazionale, rispondendo in modo efficace ed efficiente a specifiche esigenze dell’utenza e di fatto permettendo uno snellimento del flusso dei pazienti che accedono ai servizi sanitari.

Gli ospedali privati accreditati sono l’unica voce certa nelle spese della sanità pubblica. Questa riduzione decisa dal Governo produrrebbe l’unico effetto di privare significativamente i cittadini del loro fondamentale diritto alla tutela della salute.

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La bellezza del riccio, anche nei capelli!!

I capelli ricci sono sicuramente fonte di grandi gioie e dolori per tutte le donne. Per le donne dai capelli lisci conquistare un po’ di movimento a volte diventa un’ardua impresa mentre per le donne che madre natura ha dotato di ricci naturali acquisire ordine e gestire la chioma a volte diventa una cosa quasi impossibile.
Nonostante il capello riccio abbia bisogno di più “manutenzione” è innegabile che le onde abbiano sempre il loro fascino cosa per cui, con poche ma continuative attenzioni sarà possibile ottenere degli ottimi risultati anche nei capelli apparentemente più difficili da gestire.

Innanzitutto bisogna considerare che i capelli ricci hanno la tendenza a diventare secchi e sfibrati più facilmente di quelli lisci o mossi, indi per cui l’idratazione attraverso balsami e maschere deve essere se non quotidiana, almeno bisettimanale. In poche settimane, con prodotti di qualità che si possono acquistare anche presso saloni e parrucchiere monza e in molte altre città, anche il più secco dei capelli riacquisterà lucentezza e robustezza permettendoci così di poter giocare con i capelli sperimentando nuovi stili e nuovi look.

Importantissimo è anche il taglio che decidiamo di fare: sia esso lungo o corto, in base ai nostri gusti e ai preziosi consigli del nostro parrucchiere di fiducia, l’importante è l’attenzione e la cura. Non bastano alcune sforbiciate nemmeno alle chiome lunghe: i ciuffi devono essere ben definititi e avere una conformazione regolare, quindi sono totalmente aboliti i tagli casalinghi al grido di “tanto sono ricci e non si vede” perché in realtà si vede eccome!

Sicuramente per quanto riguarda i ricci particolarmente voluminosi i consigli di tutti i migliori hair stylist tendono verso un taglio lungo, che diminuisce l’eccessiva voluminosità grazie alla pesantezza, e scalato che da un movimento bello da vedere e ordinato all’intera chioma.

Non bisogna però incorrere nell’errore che capello riccio sia equivalente a capello lungo: belli e innovativi sono infatti i tagli corti che donano un’aria sbarazzina e giovanile a chiunque purché gestiti adeguatamente e curati in ogni dettaglio.

Molto di moda è poi tornato nell’ultimo periodo l’intramontabile caschetto, mosso e scalato a dovere basterà un po’ di spuma per capelli per personalizzarlo e adattarlo a qualsiasi occasione. Piccola accortezza però: il caschetto penalizza notevolmente nasi importanti o menti pronunciati, quindi meglio fare attenzione e ascoltare il nostro parrucchiere di fiducia anche in questo caso. Sarà poi nostra cura e piacere giocare con forcine, spuma e gel o altri prodotti professionali per capelli e creare acconciature adatte ad ogni occasione e stile.

Anche nel caso degli uomini le opportunità sono numerose sia per valorizzare la struttura dei capelli, sia per rendere ordinata una chioma folta e riccia come potranno confermare anche i più noti parrucchieri uomo. I capelli ricci corti potranno essere domati con un taglio leggermente scalato che non penalizzi la chioma mentre per i capelli un po’ più lunghi potremo giocare su ciuffi e boccoli che si formano naturalmente. Per chi volesse osare un po’ di più inoltre sta tornando di moda il taglio dandy ribelle che prevede folte chiome indomate, dall’aria spettinata e incurata.Non lasciamoci però trarre in inganno i capelli devono essere curati e idratati abitualmente anche per questo particolare look!

A cura di Martina Celegato

Prima Posizione srl

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