Quando si parla di vitivinicoltura calabrese viene “naturalmente” in mente ai più (…forse anche ai meno esperti in materia!!) il Cirò, senza dubbio il vino più noto della regione!!!
Si tratta di un prodotto conosciuto e prelibato che ha origini in secoli passati, ma non pochi…bensì tanti, tanti, tanti da non averne idea: diciamo pressappoco nell’VIII secolo a.C, allorquando giunsero nell’area Jonica calabrese di Punta Alice coloni dalla Grecia, fondando Krimisa. Forti della loro esperienza in materia, e comunque meravigliati dalla particolare fertilità dei terreni “conquistati”, iniziarono la coltivazione in zona dei vigneti e vitigni; la zona del cirotano, infatti, è tradizionalmente carezzata da venti di scirocco e tramontana, con clima secco ed al tempo stesso ventilato: terreni sabbiosi e profondi che consentono di ottenere un vino di grande struttura ed eleganza. Non da meno è la originale collocazione della zona, tra il mare e le montagne della Sila, che conosce escursioni termiche tra il giorno e la notte non indifferenti: in tal modo i grappoli maturano lentamente, con un indiscutibile equilibrio di aroma e gusto. Fatto è che i greci seppero dare un grande valore a questi vigneti, al punto tale che un appezzamento di terra coltivata a vite valeva per sei volte un campo di cereali.
Condizioni come detto ideali, visto che hanno consentito di ottenere un “nettare degli dei” preferito dal muscoloso Milone, discepolo di Pitagora e vincitore di sei olimpiadi; e la tradizione si è ripetuta, dato che è stata riportata in auge anche in occasione delle Olimpiadi del 1968, in Messico, allorquando tutti gli atleti partecipanti hanno gustato (nei limiti del lecito) il Cirò come vino ufficiale: chiamiamola una prima forma di sponsorizzazione di un evento sportivo…….di decenni ormai passati !!
Fatto è che anche ai giorni nostri il Cirò gode della fama di riservare intrinsecamente virtù terapeutiche, visto che (…tra il serio ed il faceto!!) diversi medici lo consigliano a chi vuole recuperare le forze dopo una lunga malattia, sottolineandone i poteri tipici di un eccezionale cordiale; comunque un “tonico opulento e maestoso per la vecchiaia umana che vuole coronarsi di verde ancora per anni”. Vero è che Hugh Johnson, autore di un ben noto atlante dei vini, lo pregia quale “Barolo del mezzogiorno italiano”.
Il vino Cirò rappresenta senza dubbio alcuno una vera occasione di riscatto per una regione che stenta a decollare nell’economia, e che dovrebbe invece cercare di “affrancarsi” facendo leva proprio sulla gastronomia, oltre che sul turismo e sulla natura. Passi comunque importanti sono sicuramente rappresentati, in tal senso, dalla Denominazione di Origine Controllata (Doc) ottenuta nel 1969, con relativo disciplinare di produzione; e del consequenziale Consorzio di tutela Vini Cirò DOC che ne ha racchiuso il comprensorio di produzione, garantendo la “vera & originale” produzione; e comunque dall’impegno di una imprenditoria vitivinicola della zona, che annovera cultori del buon vino e delle tradizioni della zona, per raggiungere mercati nazionali sempre nuovi e diversi, comunque preservando l’affascinante legame tra l’uomo, la terra e la sua storia.
Le tipologie proposte ovviamente passano da un Rosso di colore rubino ed odore gradevole, delicato ed intensamente vinoso; dal sapore secco, caldo ed armonico, corposo in quanto a gradazione alcoolica (12.5%) ottenuto dalla vinificazione di Gaglioppo (95%) Trebbiano Toscano e Greco Bianco (5%); accompagna alla perfezione ogni tipo di carne, in particolare gli arrosti. Un Rosato più o meno intenso, dall’odore delicato e dal sapore secco ma fresco, comunque armonico e gradevole; anche stavolta di buona corposità (12.5%) ottenuto da Gaglioppo (95%), Trebbiano Toscano e Greco Bianco (5%); si abbina alla perfezione con carni in umido, salumi e formaggi in genere. Per finire un Bianco dal colore giallo paglierino, di odore vinoso gradevole, sapore armonico delicato e vivace ed un più contenuto grado alcoolico (11%); viene ottenuto da Greco Bianco (90%) e Trebbiano Toscano (10%). Accompagna ottimamente primi, grigliate e piatti di pesce.
Come previsto dal disciplinare di produzione il vino Cirò Doc deve avere un invecchiamento obbligatorio di 9 mesi. E’ Cirò classico quello prodotto esclusivamente nei comuni di Cirò e Cirò Marina, mentre il Cirò riserva è quello invecchiato almeno tre anni e con gradazione alcolica di 13,5°.
Concludendo, un vino che viene da “mooooooolto lontano, nel tempo”……e che è riuscito a far breccia in numerosi estimatori del gusto, tra cui il critico del New York Time Eric Asimovche lo annovera tra le migliori 20 bottiglie di “vini inesplorati” al mondo sotto i 20 dollari.
E noi che lo abbiamo praticamente dietro l’angolo….perché non dovremmo apprezzarlo magari ricorrendo alla vendita sul web, preferendo invece perdere questo diVino piacere calabrese????