Internet ha stravolto il nostro modo di comunicare e acquisire informazioni, ma ogni volta che scarichiamo un documento, un film, un brano musicale non ci rendiamo conto di tutto quello che si muove dietro. Greenpeace analizza, per il secondo anno, consumi e risorse energetiche impiegate dalle 14 compagnie IT che costituiscono quella che ormai tutti chiamiamo Nuvola digitale.
Internet ha stravolto il nostro modo di comunicare e acquisire informazioni. Non potremmo più farne a meno. Ogni volta che scarichiamo un documento, un film, un brano musicale non ci rendiamo conto di tutto quello che si muove dietro ad un ormai semplice gesto che ripetiamo migliaia di volte l’anno.
L’eminenza grigia sono i data center, tanto utili quanto energivori.
Greenpeace ha analizzato nuovamente, l’aveva già fatto nel 2010, consumi e risorse energetiche impiegate dalle 14 compagnie IT che costituiscono quella che ormai tutti chiamiamo Nuvola digitale.
“I Data center – scrive Greenpeace nel Rapporto – non sono né piccoli né assolutamente innocui. Alcuni sono così grandi che possono essere visibili dallo spazio. Altri consumano come 180 mila case. Tutto questo sta crescendo e purtroppo, nonostante l’innovazione sia uno degli elementi centrali tanto del processo produttivo quanto della concorrenza tra le imprese IT, le grandi compagnie spesso rifiutano di affrontare con decisione e innovazione tecnologica (il potenziale di supporto a fonti energetiche pulite della nuvola è enorme) l’impatto delle proprie scelte energetiche sulla società”.
Per analizzare il rapporto tra consumi e scelte energetiche Greenpeace ha elaborato il Clean Energy Index (CEI), calcolato sulla base della domanda elettrica (in megawatt) degli impianti (considerando un campione rappresentativo degli investimenti infrastrutturali negli ultimi cinque anni) e della percentuale di energia rinnovabile utilizzata dai data center. Più alta è la percentuale migliore è la performance ecosostenibile.
Questa è la classifica:
1. Yahoo! (56,4%)
2. Dell (56,3%)
3. Google (39,4%)
4. Facebook (36,4%)
5. Rackspace (23,6%)
6. Twitter (21,3%)
7. HP (19,4%)
8. Apple (15,3%)
9. Microsoft (13,9%)
10. Amazon Web Services (13,5%)
11. IBM (12,1%)
12. Oracle (7,1%)
13. Salesforce (4,0%)
In classifica non c’è Akamai, network globale che utilizza server delocalizzati, per il quale Greenpeace non ha potuto applicare il CEI.
“Se il comparto del cloud computing non farà passi avanti verso politiche energetiche pulite e sostenibili – dice Greenpeace – le conseguenze per il clima potrebbero essere catastrofiche. Se la nuvola digitale fosse uno Stato, la sua domanda di energia elettrica sarebbe la quinta al mondo, dato che triplicherà entro il 2020”.
FONTE: Facebook Terna
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