Se si considera che le prime manifestazioni artistiche della storia sono stati dei segni tracciati sulle pareti su una grotta, si può dire che i manifesti pubblicitari sono la più consolidata forma di promozione.
Quei fogli di carta, affissi sui muri delle città per convincerci a comprare questo o andare al concerto di quello, hanno oramai delle misure standardizzate per minimizzare i problemi di logistica.
La misura più comune dei manifesti pubblicitari è quella da 70 centimetri per un metro. Il 70×100 è quel rettangolo che costituisce praticamente la carta da parati delle città. Ma non è l’unico. E’ però il formato standard, e gli altri sono sostanzialmente dei multipli (o, più rari, dei sottomultipli). Per chi segue gli standard internazionali, si tratta di un B1 (nel formato carta Iso).
Come grandezza-limite c’è il famoso 6×3, il manifesto gigante che ci costringe a considerare l’importanza di ciò che promuove.
In realtà la misura esatta è 6 metri per 2,8. E’ un formato che valorizza l’orizzontalità (mentre il 70×100 è verticale). Il 6×3 non è un unico immenso foglio ma un collage di dodici fogli diversi, detti anche teli, ognuno dei quali misura un metro per un metro e quaranta centimetri. Ci sono tipografie che li suddividono in otto teli, o addirittura tre teli da 2 metri per 3.
Una variante del 6×3 è la cosiddetta “vela”, grande pannello montato sul cassone di un camion che gira per la città. Il pannello della vela – che ha forma convessa verso la base e di solito misura 4 metri per 3 – ha come vantaggio quello di riportare il manifesto su entrambi i suoi lati.
In mezzo, fra il 70×100 e il 6×3, ci sono sostanzialmente altri tre formati, espressi in centimetri: 100×140, 140×200, 200×140. Da segnalare – come formati invece piccoli – alcune strane misure come il 30×84 o il 42×120. Più comune il 50×70. Rari – ma esistenti – i formati su misura.
Le locandine cinematografiche, genere a sé, hanno di solito la misura di 1×1,4.
La stampa dei manifesti è realizzata con macchine apposite ad alta precisione. Si chiamano plotter, e derivano da una macchina inizialmente progettata per la stampa di lavori grafici. Si potrebbero anche utilizzare comuni stampanti offset, ma solo se i colori non superano i due.
Si trovano buoni plotter che costano alcune centinaia di euro, ma esistono in commercio modelli che ne costano alcune migliaia.
Le immagini utilizzate devono essere ovviamente ad alta definizione: con certe misure si rischia di “pixellare” eccessivamente le figure.
Per quanto riguarda l’affissione, c’è chi ancora lavora all’antica e non acquista i collanti in commercio come quelli alla cellulosa metilica: prende un secchio e vi mescola farina, acqua e soda caustica. Pare venga fuori una colla coi fiocchi.
Ma attenti a non metterci il piede sopra quando passate su quelle grosse chiazze che rimangono dopo che gli addetti hanno finito di incollare il manifesto con i loro lunghi pennelli: in quel caso più che una colla sembrerà la buccia di una banana.
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