Il Belgio può essere considerato un paradiso per gli amanti della birra grazie a più di 1500 birre originali, molte delle quali si bevono in un bicchiere speciale, unico per quella specifica birra. La forma di ogni bicchiere è pensata per migliorare l’esperienza di degustazione della birra a cui fa riferimento il bicchiere stesso. Questa attenzione maniacale che hanno i belgi nei confronti dei diversi tipi di birra ricorda la raffinata ossessione degli amanti del vino: infatti, quando si parla di birra, i belgi sono molto seri.
Dal 2016 la Cultura della Birra Belga è stata iscritta nell’elenco del Patrimonio Immateriale dell’UNESCO. I motivi? Fare e amare la birra fa parte della cultura belga, che ricopre un ruolo significativo nella vita quotidiana e nelle occasioni festive, il numero di varietà, la lunga storia e il fatto che le competenze vengono tramandate dai maestri birrai.
Gli intenditori preferiscono la birra belga per la sua unicità, la varietà, il suo sapore e la corposità. In Belgio sono tantissime le birre tra cui scegliere, si possono assaggiare quelle al sapore di lampone o ciliegia, le birre bianche, le fiamminghe “oud” rosse e scure, le birre trappiste e quelle provenienti da abbazie oltre alle due tipologie forse più famose: la lambic e la geuze.
Quello che ha reso il Belgio famoso per le sue birre eccezionali, dalla corposità unica e prodotte con metodi assolutamente innovativi, è la combinazione che unisce la tradizione che risale a secoli fa e la passione che ancora oggi i produttori di birra mettono nella ricerca della perfezione. Non c’è quindi da sorprendersi se i mastri birrai belgi vengono regolarmente premiati nei più importanti concorsi internazionali dedicati alla birra.
Tutto ha inizio grazie alle donne
L’arte della fabbricazione della birra risale all’inizio stesso della civiltà ed ebbe origine in Mesopotamia nel 9000 a.C. Nel corso dei secoli, la birra arrivò in Gallia attraverso l’Egitto e l’Impero Romano. Dal momento che la fabbricazione della birra veniva fatta inizialmente in casa, i primi mastri birrai furono le donne.
Abbazie e monaci
Nel Medioevo le abbazie divennero centri di sapere per quanto riguardava agricoltura, allevamento e alcuni lavori artigianali fra cui, appunto, la fabbricazione della birra. Ai monaci era consentito berne piccole quantità data la scarsa salubrità dell’acqua. Nell’Europa meridionale si beveva quotidianamente vino, per questa ragione i monaci di queste regioni si concentrarono sulla coltivazione della vite e sulla produzione del vino. Nelle Fiandre, non essendoci un clima favorevole, i monaci si dedicarono alla produzione birra. Grazie a loro, la produzione della birra passò da un’attività domestica ad una vera e propria attività artigianale.
Erbe e luppolo
È proprio durante il Medioevo che le birre furono aromatizzate per la prima volta con una mistura vegetale chiamata “gruit”. I birrai dovevano acquistare la mistura direttamente presso le “gruithuis” (vedi la Gruuthuuse a Bruges) ma le abbazie, che erano esentate da questo obbligo, decisero di passare all’utilizzo di un altro ingrediente, il luppolo, che aiutava a preservare la birra garantendone una durata maggiore. Nell’XI secolo, l’Abbazia Benedettina di Affligem ebbe un ruolo rilevante nell’introduzione e diffusione della coltivazione del luppolo nelle Fiandre.
Nel 1364, l’Imperatore Carlo IV promulgò il decreto il “Novus Modus Fermentandi Cerevisiam”, nel tentativo di migliorare la qualità della birra con il suo “nuovo” metodo di fabbricazione che obbligava i birrai ad usare i coni essiccati del luppolo. Il decreto doveva essere rispettato in tutto il Sacro Romano Impero della Nazione Germanica a cui appartenevano il Brabante e le Fiandre Imperiali (Rijks-Vlaanderen), la regione ad est della Schelda. Nelle Fiandre, la regione ad ovest della Schelda, il diritto d’uso del “gruit” fu ritirato. Questa divisione portò ad una diversificazione della cultura della birra belga. I birrai delle Fiandre Imperiali e del Brabante producevano birre luppolate, che duravano più a lungo, mentre nel resto delle Fiandre continuò l’uso del “gruit” , perciò i birrai acidificavano la birra per conservarla più a lungo. Questo portò allo sviluppo delle birre bruno-rossastre.
Verso la qualità e l’esportazione
Nei secoli XVI e XVII furono introdotte sempre più regole per garantire la qualità delle birre. In Germania, il decreto “Reinheitsgebot” (1516) imponeva che la birra fosse prodotta esclusivamente con orzo, luppolo ed acqua mentre nel Brabante fiammingo, in un conto della città di Halle del 1559 si fa chiaramente riferimento al mosto per la produzione della birra “lambic”. A partire dal XII secolo, iniziò la produzione di birre regionali come la “gerstenbier” (birra d’orzo) di Anversa, la “Leuvense witte” (birra bianca di Lovanio), le birre brune di Diest e Oudenaarde, e le “caves” (birre invecchiate in cantina) di Lier. A poco a poco, i birrai iniziarono ad esportare le birre al di fuori della loro regione.
Alla fine del XVIII secolo decaddero i privilegi delle abbazie, ovvero quando nel 1783 l’Imperatore Giuseppe II le fece chiudere perché usurpavano i diritti dei birrai. Diverse abbazie con i loro birrifici furono distrutte durante la Rivoluzione Francese.
Il XIX secolo vide l’inizio di un nuovo capitolo della storia della birra con l’introduzione della pilsner ceca nel 1839, un successo immediato nel mondo delle birre scure velate. Durante la Rivoluzione Industriale, gli studiosi approfondirono il processo di fabbricazione della birra mediante fermentazione e la coltura dei lieviti in generale.
La produzione di birra in tempo di guerra
La Prima Guerra Mondiale inferse il colpo finale a numerosi birrifici belgi poiché qui le forze di occupazione tedesche confiscarono tini di rame, attrezzatura e veicoli. Solo metà dei quasi 3.200 birrifici sopravvisse. In seguito ai birrifici rimasti che lentamente si erano ripresi, la crisi economica degli anni ’30 e gli effetti della Seconda Guerra Mondiale inflissero un nuovo e duro colpo. Nel 1946 si contavano solo 775 birrifici sopravvissuti.
Nei decenni successivi numerosi microbirrifici chiusero a causa della forte concorrenza e dell’alto costo dell’investimento necessario per nuovi impianti, mentre i grandi birrifici consolidavano il mercato nazionale con acquisizioni.
Birre speciali
In seguito al movimento dei Figli dei Fiori alla fine degli anni ’60, furono riscoperte le birre speciali belghe, in particolare nel 1977, il guru della birra inglese Michael Jackson (1942-2007) accese le luci della ribalta sulla birra belga. Questo portò ad un riconoscimento generale della cultura della birra belga nei decenni a seguire.
Fra il 1985 e il 2000 iniziarono ad emergere birrifici di medie e grandi dimensioni e furono aperti microbirrifici locali soprattutto per la produzione di birra destinata all’esportazione, in alcuni casi su richiesta di importatori stranieri alla ricerca di birre belghe esclusive.
Dalla fine del secolo scorso, l’interesse per le birre speciali autentiche non ha cessato di crescere. L’industria della birra belga vanta ora alcune delle marche più conosciute e popolari. Le birre trappiste diventano sempre più esclusive per la produzione limitata dei monasteri e le particolari birre speciali di birrifici locali e a conduzione familiare sono largamente apprezzate. In un primo momento questa tendenza ha interessato le birre lambic ma si sta oggi diffondendo fino ad includere le birre fiamminghe bruno-rossastre, le birre brune, le bionde forti e le birre ben luppolate.
Negli ultimi anni, birrai amatoriali hanno iniziato a condividere sempre di più le loro birre con il pubblico, vendendole direttamente a clienti o a ristoranti e pub locali.