A Tavola vi porta nel mese di settembre alla scoperta dell’Italia del grano, tema tanto attuale quanto dibattuto, dal Piemonte alla Campania, dove generazioni di famiglie di mugnai propongono varietà di cereali autoctone e antiche differenti a seconda del territorio.
“La nostra scelta – ci spiega Mattea Guantieri direttore di A Tavola – è ben precisa. Andare a vedere le varietà di cereali antiche, prodotte con le macine di pietra. I nuovi mulini tornano al passato per entrare nelle cucine dei migliori ristoranti e conquistare i laboratori di panificatori e pastai. Infatti oggi, secondo un affascinante quanto suggestivo processo inverso, è nuovamente la pietra a tornare in auge per la sua caratteristica di frantumare il chicco senza scaldarlo troppo, mantenendone così inalterate le proprietà organolettiche. Al frumento si sono affiancate moltissime varietà di cereali autoctone e antiche, che erano rimaste nascoste nelle pieghe della storia nelle differenti zone d’Italia. Per rendercene conto pensiamo semplicemente che il 90% delle oltre 400 varietà di grano diffuse fino a prima della Seconda Guerra mondiale è andato perduto. Varietà e storie, quelle che raccontiamo, che nel tempo della globalizzazione e dell’appiattimento alimentare ci ricordano come sia fondamentale difendere e valorizzare le differenze”.
Ecco perché A tavola ha scelto di lanciare su facebook, una discussione, cui vi invitiamo a partecipare, riguardante la recente vicenda legata al raid ambientalista ad opera delle tute bianche e dei centri sociali avvenuta il 9 agosto nel campo transgenico di Vivaro nel pordenonese.
Da nord a sud Italia A Tavola propone una dettagliata mappa dei mulini e delle qualità dei cereali. Siamo andati ad approfondire l’attività dei mulini natanti quando c’era un tempo in cui la gente di pianura portava le granaglie a macinare navigando sul Po perché i mulini distavano dalla terra un braccio di fiume. In evidenza, anche la storia di un seme nobile con una particolare storia alle spalle: il grano “Senatore Cappelli” chiamato così in onore del senatore abruzzese Raffaele Cappelli, promotore nei primi del ‘900 della riforma agraria che ha portato alla distinzione tra grani duri e teneri. E’ un frumento duro, aristato, il più adatto per fare le pappardelle di una volta. Il pastaio Giovanni Fabbri, che ha ereditato dal bisnonno l’antica tradizione della pasta artigianale, con quel frumento, produce una tiratura limitata di pappardelle e stracci, preparate secondo le ricette antiche.
Come ogni mese A Tavola, la rivista per gli appassionati di territorio e gastronomia diretta da Mattea Guantieri, offre il proprio punto di vista per far scoprire al lettore luoghi e tradizione, convinta che qualità dei prodotti, biodiversità e forte radicamento territoriale siano le armi vincenti per combattere la sfida contro un omologante futuro.
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